Kamala Harris ha perso le elezioni, e ora?
All'inizio di questa campagna elettorale per la corsa alla Casa Bianca, gli stessi elettori democratici andarono a votare alla primarie repubblicane per Donald Trump, ritenendolo il candidato più debole rispetto a un Ron DeSantis. Una sua rielezione, infatti, era data per quasi impossibile. Avevano torto. Donald Trump è stato il45esimo e sarà il 47esimo presidente degli Stati Uniti d'America. Nemmeno stavolta sondaggisti e opinionisti lo avevano visto davvero arrivare. Moltissimi avevano, come nel 2016, sottovalutato la capacità di Trump di parlare ad un paese in crisi, e su più fronti. Esiste una crisi del popolo americano, che in tanti analisti stanno indagando, che ha a che fare con un'aspettativa di vita che diminuisce (succede qui e da nessun'altra parte in Occidente), con il terrore per le nuove ondate di migrazione e con quello di non essere più così influenti in politica estera, il tutto unito ad un rinato conservatorismo in materia di diritti civili che unisce gli Usa a Stati distanti geograficamente e non solo, penso all'Ungheria di Viktor Orban, tra i primissimi, stanotte, a scrivere su X un post di esultanza per i risultati dell'amico Donald. A pesare contro Harris c'è stata dal primo fino all’ultimo suffragio, la pesante insoddisfazione degli americani contro il presidente uscente Joe Biden, considerato responsabile dell’inflazione, dell’eccesso di immigrazione, della ridotta mobilità sociale, della frustrazione, fra giovani e no, che anima i populisti di Trump. Kamala Harris, che da vicepresidente è passata a candidata dem, ha provato a liberarsi forse troppo timidamente dell'ombra di Biden, e questa reticenza è venuta tutta fuori durante le ospitate nei talk show. Quando Sunny Hostin le ha domandato se avrebbe fatto qualcosa di diverso dal Presidente Biden negli ultimi quattro anni, Harris ha risposto: "Non mi viene in mente niente". La clip è diventata rapidamente virale, offuscando il resto della trasmissione. Se la campagna elettorale di Kamala, iniziata in corsa quest'estate, era partita con un tono positivo e energico, nelle ultime settimane la risalita di Trump nei sondaggi ha convinto l'avversaria a rievocare lo spettro del "fascismo", da scongiurare in ogni modo possibile con un voto compatto per i democratici. Si capisce allora la scelta dell'ambientazione per il suo "closing argument", in cui Trump è stato definito un "tiranno capriccioso". Non ha pagato nemmeno questa strategia, oggi che i risultati dell'election da parlano di distanza abissali tra i voti di Trump e quelli di Harris. Trump arrivati al 94% dello scrutinio ha un vantaggio destinato a crescere di più di 223mila voti su Harris, con un distacco del 3,4 per cento.
ANGELA WEISS
Una delle elaborazioni grafiche del Washington Post è stata, infatti, costruita evidenziando come è cambiato il voto per i due partiti fra il 2020 e oggi, contea per contea. Dove i repubblicani hanno preso più voti di allora la freccia è rossa, dove il miglioramento è stato dei democratici la freccia è blu (la lunghezza delle frecce indica le dimensioni dell’aumento): al momento la mappa, costruita tenendo conto delle contee dove lo scrutinio è arrivato almeno al 35 per cento, è piuttosto chiara e segna un aumento del sostegno per Donald Trump quasi ovunque. In ogni stato che ha già, alle 7 del mattino ora italiana, segnalato la maggior parte dei suoi voti, le stime prevedono che Trump migliorerà la sua performance del 2020. Florida, New York e New Jersey si sposteranno di nove o 10 punti in più verso i repubblicani. Donald Trump ha conquistato voti tra gli elettori under 30, tradizionale bacino dei democratici. Lo registrano gli exit poll della Nbcnews, sottolineando che l'ex presidente ha raccolto più voti tra questo blocco di elettori di qualsiasi candidato repubblicano dal 2008. Come era previsto, il tycoon conquista favori soprattutto tra i giovani maschi, il cosiddetto 'bro vote', ottenendo il 47%, con Kamala Harris lievemente in testa con il 49%. L'ex presidente ha anche guadagnato un po' di terreno tra le giovani donne, tra le quali comunque il vantaggio democratico rimane, ma vedremo di quanto solo con i risultati definitivi e con le analisi di voto. Certo, per 4 donne su 10 la questione centrale è stata la difesa del diritto d'aborto, importante solo per l'11% dei giovani maschi per i quali le questioni principali solo l'economia, il 37%, e lo stato della democrazia, il 36%.
Avevamo tutti dato per scontato che questa corsa presidenziale sarebbe stata estremamente serrata. Non è, invece, stata così combattuta. The Needle prevede che Trump potrebbe vincere il voto popolare con un piccolo margine e avere una solida vittoria nel Collegio Elettorale. I repubblicani hanno riconquistato il Senato, raggiungendo quello che era stato annunciato come l'obiettivo più plausibile per il partito nelle elezioni di quest'anno. Il risultato pone il partito in pole position nel processo di conferma degli alti funzionari nominati dalla nuova amministrazione entrante e dei potenziali nuovi giudici della Corte suprema degli Stati Uniti, qualora si dovessero liberare dei posti vacanti. Si prevede che almeno due giudici conservatori veterani, Clarence Thomas e Samuel Alit , andranno in pensione nei prossimi anni, mentre si vocifera della salute e delle intenzioni di un terzo, Sonia Sotomayor, uno dei tre giudici progressisti della corte. Trump ha già nominato un terzo della Corte Suprema.
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Trump vincendo la rielezione e con un Senato controllato dai Repubblicani, potrebbe teoricamente nominare la maggioranza della corte. "Ciò sarebbe disastroso per il paese, scrive sul New York Times l'editorialista Charles Blow, ma un adempimento della profezia per molti Evangelici". Sempre sul Times, l'opinionista Ross Doutath, autore di Grand New Party: How Republicans Can Win the Working Class and Save the American Dream, scrive, rispondendo al quesito su cosa avrebbe potuto fare in più Kamala: "Per cominciare, avrebbe dovuto — non sto scherzando! — andare allo show di Joe Rogan e in generale imitare la strategia di Trump di apparire in più show e podcast non politici che tendono a essere giovani e maschi (cosa che, però, aveva provato a fare nelle ultime settimane ma forse troppo tardi, nda). Forse questo avrebbe portato a dei disastri, ma così com'era non stava prendendo nessuna vera decisione. Penso anche che avrebbe dovuto scegliere un altro compagno di corsa: sì, Tim Walz ha buoni indici di gradimento; sì, è un ragazzo abbastanza simpatico, ma ha interpretato l'idea di un liberal di un padre illuminato degli stati repubblicani, non il tipo di avatar della mascolinità che i giovani uomini tendono a trovare attraente". Abbiamo parlato di un paese altamente polarizzato, di due Americhe, di una gara che sembrava essere un testa a testa. Ma ciò che colpisce è che Trump non solo potrebbe ottenere una valanga di voti nel collegio elettorale, ma sembra aver raccolto voti ovunque, compresi tutti i distretti di New York City. Quindi si dovrebbe, forse, smettere di pensare a un paese diviso a metà e iniziare a cercare di mettere a fuoco gli Usa come un paese come dominato dalla politica trumpiana. E in disamore con i democratici. Uno dei principi ispiratori, forse il principio ispiratore, del Partito Democratico da quando Trump è stato scelto come candidato era che egli fosse un intruso. Un illegittimo, un'aberrazione che non rappresentava il paese. Una clamorosa vittoria di Trump come questa, soprattutto la vittoria popolare, significa che quell'idea per i cittadini è certamente falsa. Come illusorio è il potere che avrebbe il supporto delle celebrities, che anche stavolta si sono schierate a favore della candidata dem, e anche stavolta non hanno portato nessun beneficio. Neppure Taylor Swift ovvero colei che aveva aumentato il PIL del paese, nulla ha potuto. E nemmeno Beyoncé, Julia Roberts e Billie Eilish, Robert De Niro e Bruce Springsteen, Barbra Streisand e Spike Lee, Jennifer Aniston, tutti supporter di Kamala Harris, si sono rivelati davvero influenti.
Molto più del partito repubblicano, il partito democratico tende a rispondere alla sconfitta cercando di affrontare le debolezze che lo hanno portato a perdere. Nel 2016, la debolezza erano stati gli elettori bianchi del Midwest che, secondo la storia, erano alienati dalla brusca svolta del Partito Democratico verso un multiculturalismo elitario. La risposta, allora, è stata Joe Biden: un politico dal temperamento moderato della Pennsylvania che è cresciuto in un Partito Democratico che sapeva come conquistare quegli elettori. Ma per molti votanti, viene da dire alla luce della vittoria di Trump, che si esprimono in una società democratica esiste solo un istinto utilitaristico quando sono chiamati alle urne: non amano il cattivo in quanto cattivo, ma perdonano molti difetti di carattere se un leader sembra possa portare crescita economica, o una risoluzioni di conflitti armati, o qualche altro bene apparentemente fondamentale. E nella misura in cui Trump ha conquistato nuovi elettori questa volta, questa potrebbe esserne la ragione principale. "Le persone, scrive sempre Doutath, ricordano con affetto l'economia o il panorama della politica estera del 2018 o del 2019 e accettano un deficit morale nella speranza di recuperare quegli stessi risultati".
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Per molti elettori, l'amoralità di Trump, o persino la sua immoralità, è intrinseca al suo fascino. Trump si descrive come il CEO freddo, il combattente implacabile. C'è una dimensione gangsteristica spesso menzionata nella sua persona, o meglio, nella sua personalità. Certo, ci sono persone che votano per lui nonostante il modo in cui si comporta, ma l'intensità del suo sostegno riflette molte, molte persone che votano per lui proprio per questo. Per alcuni Trump incarna semplicemente un tipo di spietatezza che rispettano. La sua forza, per loro, è intimamente connessa al suo carattere e alla sua chiara volontà di fare qualsiasi cosa, investire chiunque, infrangere qualsiasi regola o ostacolo che si frapponga al suo cammino. E un modo per capire ciò è osservare il comportamento dei politici repubblicani che seguono le orme di Trump, in particolare JD Vance. Non adottano solo la spacconeria o le dimostrazioni di forza di Trump; imitano anche la sua crudeltà, i suoi insulti, il suo disprezzo per gli avversari, il suo rifiuto della censura o delle norme di civiltà. Sanno che questi tratti sono al centro di ciò che rende Trump odiato dai suoi nemici, sì, ma amato dalla sua base.