Lazza è qui per restare. E diventare di tutti
Mettere in apertura a un disco hip hop la voce di Laura Pausini, come ha fatto Lazza all'inizio del nuovo Locura, tra gli album più attesi dell'anno, indica l'aver raggiunto un certo status. Si è affrettato a scrivere sui social che non è una mossa voluta dall'etichetta discografica, un modo per farsi pubblicità a vicenda e incrociare le proprie, rispettive fan base come succede in gran parte dei duetti che ascoltiamo, ma una canzone nata con l'intento sincero di collaborare. Viene da credergli, ma proprio per questo aggiungiamo che adesso, se ci dobbiamo fare due conti, un'operazione del genere conviene più a Pausini che a Lazza: lei, anche fisiologicamente, rappresenta quel pop che è stato messo in soffitta dal rap, mentre lui è sotto i riflettori e, giocoforza, tira la carretta della musica italiana. Di nuovo, non c'è nessuna malafede, il tema è un altro: averla a queste condizioni certifica l'ascesa del rap, è una sorta di riconoscimento, un passaggio di testimone. È Lazza, meglio, che siede al tavolo dei grandi. E lo fa alle sue condizioni.
Come Lazza è diventato "di tutti"Non è un mistero che da tempo covasse l'ambizione di diventare "di tutti". Con il precedente Sirio, tra il 2022 e il 2023, ha sfiorato il disco di diamante, segnando quello che a oggi è un classico della trap che sfocia nell'urban e nel rap duro e puro, ma gli ascoltatori erano ancora per lo più giovanissimi, con le radio che non lo passavano e una parte di paese reale che semplicemente lo ignorava. Ad aprigli le porte sono serviti la partecipazione a Sanremo nel 2023 e un pezzo, soprattutto, che ha cercato un minimo di compromesso con il mondo là fuori com'è Cenere, prodotto da Dardust. Un'operazione riuscita talmente tanto bene che lo scorso febbraio è tornato all'Ariston, stavolta come ospite d'onore, per lanciare il successivo 100 messaggi, un'altra hit che ci ha accompagnato finora, con un pianoforte che ha sostituito i rullantini della trap e le rime, comunque con la solita verve violenta, che raccontano di una storia d'amore finita (come del resto Cenere). È così che il meccanismo s'è innescato, la gente ha cominciato a parlarne, e al netto di qualche insofferenza ‒ lui dà l'impressione di masticare amaro per il fatto che alcuni fan storici gli dicono di essere diventato "troppo pop", ma è una minoranza ‒ ha fatto centro. Merito anche di un personaggio meno banale di quanto si possa credere: uno che abbraccia la madre in diretta tv, che è un musicista vero e studiato e si racconta come modello positivo per i ragazzi, un self made rapper. Perché, appunto, Lazza non dimentica di essere un rapper.
Il rischio di dischi come Locura ‒ che, appunto, nasce con queste aspettative e queste ambizioni ‒ è di annacquarsi, tradirsi. Succede più di frequente di quanto sembri, il costo di lasciarsi alle spalle il vecchio pubblico per il nuovo è quello, a volte, di diventare uno dei tanti. Lui ne esce alla grande, non solo con il solito gruppo di produzioni scure che il pop mainstream ha assimilato ‒ sono tutti dei potenziali singoli, le classifiche di streaming sono avvisate ‒ ma grazie soprattutto a un mix di brani più da battaglia (Hot, Fentanyl) e altri introspettivi, che raccontano gli aspetti oscuri della fama e del grande successo che l'ha investito nell'ultimo anno (Buio davanti). E tutto questo senza parlarsi addosso né dare l'idea della star annoiata, ma portando avanti il discorso in maniera coinvolgente: se basta scorrere la lista delle collaborazioni per rendersi conto di quanto questa sia una grande uscita per il rap italiano tutto (ci sono Lil Baby, Guè, Marracash, Ghali, Kid Yugi e l'onnipresente Sfera Ebbasta), il prodigio si compie soprattutto negli incastri metrici, in un flow asfissiante e che va sempre a crescere, con testi ispirati che, in pieno stile Lazza, non danno tregua, sono strettamente rap, ma si prestano anche all'orecchio più profano.
Un potenziale da scoprireOra: al di là dei proclami, compresi questi, per il grande pubblico tanti rapper continuano a essere degli animali strani, che giocano un campionato a sé. Lo stesso Sfera Ebbasta, per dire, nonostante numeri impressionanti e un'evoluzione notevole, specie da melodista, per alcuni resta un pericolo pubblico, un incompreso con fan comunque giovani; un figlio del suo tempo, più che un classico. Guè, passando invece a un'altra generazione, per la stretta vicinanza ai codici dell'hip hop a volte è difficile da comprendere fino in fondo per chi non è del giro. E un Geolier, che nell'ultimo anno ha seguito un percorso uguale a quello di Lazza, dal best seller di genere a Sanremo, vuoi per un sentimento anti-meridionale resta lo stesso in parte divisivo. Lazza ‒ di nuovo, al netto di qualche appassionato della prima ora che si è lasciato alle spalle ‒ ha il potenziale per arrivare davvero a tutti, come tra i suoi colleghi è riuscito, in senso assoluto, solo a Marracash, che ha aperto una via intima, personale e sociale al rap che Locura ripercorre solo in parte, e comunque a modo suo. Si tratta del primo tassello, ma gli sbocchi sono tanti: il racconto delle paranoie del protagonista, per dire, è molto più efficace e trasversale di quello che ha fatto Sfera Ebbasta nell'ultimo X2VR. Ed è per aspetti come questi che viene da pensare che Lazza abbia un potenziale enorme in termini di pubblico, che possa arrivare anche ai non appassionati di hip hop più degli altri senza sconfessarsi. Per ora, un duetto come questo qui con Laura Pausini dice già abbastanza: che il suo progetto è già una realtà; e che, al di là di tutto, resterà.