Morte Pantani, la famiglia: “Miradossa ha mentito, era a Rimini ...
Secondo i legali dei parenti del Pirata i tabulati telefonici dimostrano che il pusher non ha detto tutto: il cellulare era spento proprio negli orari del decesso. Mamma Tonina: “Voglio la verità su mio figlio”
Rimini, 2 ottobre 2024 – Dov’era veramente Fabio Miradossa, uno degli spacciatori di Marco Pantani, la mattina in cui morì il Pirata? Secondo gli avvocati della famiglia Pantani Miradossa, l’unico condannato insieme a Ciro Veneruso per la morte del campione di Cesenatico (per avergli dato la dose fatale di cocaina), non ha detto la verità. Né nei primi interrogatori, né nel corso delle nuove indagini sulla morte del Pirata. Miradossa è un personaggio chiave della vicenda. Fu lui a sostenere, in un’intervista a Le Iene e successivamente alla commissione antimafia, che Pantani “è stato ucciso”. Eppure Miradossa non ha mai fornito agli inquirenti di Rimini elementi utili per indagare a fondo su questa pista.
Caso Pantani, la famiglia pressa la Procura: "Vogliamo la verità sulla morte di Marco, quello spacciatore non ha detto la verità"
Nel febbraio scorso, a 20 anni dalla scomparsa del campione di Cesenatico, la Procura di Rimini, ha chiesto l’archiviazione del caso Pantani. Arrivando, anche in questa terza indagine, alle stesse conclusioni delle precedenti: Marco è morto per un mix di cocaina e farmaci antidepressivi, ed era solo nella stanza D5 dell’hotel Le Rose quando è avvenuto il decesso (tra le 11,15 e le 12,45). Gli avvocati della famiglia Pantani, Fiorenzo e Alberto Alessi, si sono opposti alla richiesta di archiviazione, mettendo nero su bianco tutti i dubbi sulle dichiarazioni di Miradossa. In particolare sulla ricostruzione dei suoi movimenti nel giorno della morte e in quelli precedenti.
“Il 9 febbraio 2004 mi sono recato a Napoli. Il 14 febbraio da Napoli sono ritornato a Rimini, non ricordo se arrivai al mattino o al pomeriggio…”, la versione di Miradossa. Ma per i legali della famiglia Pantani i tabulati telefonici “parlano chiaro. Miradossa era sicuramente a Rimini già l’11 febbraio, alle 21,45. È stato rilevato un ‘vuoto’ nel traffico del suo telefono, tra le 8,19 e le 14,15 del 14 febbraio. Il suo telefono era spento negli orari che ricomprendono il decesso”. Solo una coincidenza? La Procura, questa la convinzione dei legali della famiglia del Pirata, avrebbe dovuto indagare molto di più su Miradossa. Così come su Veneruso e altri personaggi incontrati dal campione di Cesenatico nei giorni e nelle settimane prima del decesso, incluso chi ha avuto a che fare con Pantani nei giorni in cui soggiornò all’hotel Touring, nel dicembre 2003, quando ebbe un malore causato proprio dalla cocaina.
Della tragedia del Pirata se ne sta occupando anche la Procura di Trento, che ha riaperto le indagini sui fatti di Madonna di Campiglio del 5 giugno 1999. Si vuole capire se davvero i campioni di sangue di Pantani sono stati alterati quel giorno, costandogli la squalifica dal Giro d’Italia che stava vincendo, e sul presunto giro di scommesse clandestine della camorra sul Giro. La direzione distrettuale antimafia ha sentito anche due poliziotti della scientifica, che eseguirono rilievi all’hotel Le Rose quando Pantani fu trovato morto. Maria Teresa Bisogni ha raccontato che quella sera altri entrarono prima di loro nella camera, e che il magistrato di turno e due poliziotti chiesero a lei e al collega di attendere per qualche minuto, prima dei rilievi. Per gli avvocati della famiglia Pantani “la Procura di Trento sta lavorando in modo molto diligente su tutti gli elementi acquisiti. Non è frequente che la parte offesa trovi spunti di collaborazione con gli inquirenti. Così non è stato con la Procura di Rimini”. Ma la famiglia di Pantani non si rassegna. “Mamma Tonina – conclude Fiorenzo Alessi – mi ha ripetuto anche ieri: Prima di morire voglio sapere cos’è successo a Madonna di Campiglio e a Rimini”.