Maxxi Bulgari Prize 2024-2025, tre artisti sognano la vittoria

2 ore ago
MAXXI

Con tre opere appositamente pensate e realizzate per questa occasione, Riccardo Benassi
(Cremona, 1982), Monia Ben Hamouda (Milano, 1991) e Binta Diaw (Milano, 1995) sono i protagonisti
della mostra della quarta edizione del MAXXI BVLGARI PRIZE, il progetto che unisce ormai da tempo
MAXXI e Bulgari, insieme per sostenere e promuovere i giovani artisti in Italia e nel mondo.
A cura di Giulia Ferracci e allestita nella sala Gian Ferrari del Museo, la mostra apre al pubblico il 25
ottobre per poi concludersi nel 2025 con l’annuncio del vincitore
e l’acquisizione della sua opera, che entra così a far parte della Collezione permanente del MAXXI.

Come nelle precedenti edizioni, anche questa volta sarà possibile per i visitatori esprimere una preferenza per l’opera da loro più apprezzata.

Annunciati lo scorso ottobre 2023 durante un evento speciale presso l’Ambasciata d’Italia a Parigi, i tre
finalisti sono stati scelti all’unanimità da una giuria internazionale composta da Francesco Stocchi,
Direttore artistico MAXXI; Nicolas Bourriaud, Direttore del collettivo curatoriale Radicants e Direttore
artistico della 15^ Biennale di Gwangju (Corea del Sud); Diana Campbell, Direttrice artistica della Samdani
Art Foundation (Dhaka, Bangladesh) e Chief Curator Dhaka Art Summit; Andrea Lissoni, Direttore artistico
della Haus der Kunst di Monaco di Baviera; Ute Meta Bauer, fondatrice e Direttrice del NTU Center for
Contemporary Art di Singapore e Direttrice artistica della Contemporary Art Biennale 2024 di Diriyah
(Arabia Saudita). I finalisti sono stati scelti dalla giuria tra una rosa di candidati individuati da figure di spicco del panorama dell’arte contemporanea in Italia: Antonia Alampi, Maria Alicata, Martina Angelotti,
Nicolas Ballario, Lucrezia Cippitelli, Valentino Catricalà, il duo Alfredo Cramerotti e Aurora Scalera,
Lorenzo Madaro, Francesco Urbano Ragazzi.

Grande novità di questa quarta edizione del Premio è il MAXXI BVLGARI PRIZE for Digital Art, che ha
assegnato la menzione speciale per il miglior progetto digitale a Roberto Fassone. Il 17 gennaio 2025,
data di annuncio del vincitore, l’artista presenterà nella hall del Museo il progetto And we thought (2021 –
ongoing), una produzione Sineglossa, con il quale esplora il rapporto tra autorialità e intelligenza artificiale, indagando i limiti dell’immaginazione e sfidando le logiche autoreferenziali del sistema artistico
contemporaneo.

Nato nel 2001 come Premio per la Giovane Arte, a partire dall’edizione 2018 è diventato MAXXI BVLGARI
PRIZE, rafforzandosi grazie al prezioso supporto di Bulgari. Il Premio costituisce il nucleo fondante della
collezione d’arte del MAXXI e negli anni è stato un importante trampolino di lancio per molti artisti,
valorizzandone le espressioni artistiche innovative e sperimentali. Tra i finalisti delle precedenti edizioni: Yuri Ancarani, Giorgio Andreotta Calò, Vanessa Beecroft, Rossella Biscotti, Lara Favaretto,
Marinella Senatore, Nico Vascellari, Francesco Vezzoli, Tomaso De Luca, Diego Marcon,
Alessandra Ferrini.

Come si svolge la mostra. Le opere
Una reading room allestita con disegni, immagini, video e documenti introduce il visitatore nell’universo dei tre protagonisti della mostra. Nella diversità estetica dei loro mezzi espressivi, gli artisti delineano le nuove frontiere di un’arte che immagina il futuro attraverso la loro personale lettura del passato e del presente.

Ad aprire il percorso espositivo è ASSENZAHAH ESSENZAHAH (2024) di Riccardo Benassi. All’interno
del montacarichi del MAXXI due cani robotici eseguono delle vere e proprie coreografie create dall’artista,
muovendosi nello spazio accompagnati da un componimento musicale e da un testo laser proiettato sulle pareti. L’installazione apre prospettive inedite sulle nostre esistenze e sull’impatto delle nuove tecnologie che investono i nostri spazi domestici, emozionali e corporei.

Al centro dello spazio l’opera di Binta Diaw, intrisa di memoria personale e collettiva: si intitola Juroom
ñaar (2024) ed è ispirata a un evento storico del 1819 commemorato dall’artista con sette colonne di
carbone. Sette sono infatti le donne del villaggio senegalese di Nder le quali morirono dandosi fuoco per
evitare la schiavitù a seguito dell’invasione dei Mori. Intorno alle sculture trecce di capelli, suoni e voci in
lingua Wolof accompagnano il visitatore in una riflessione sulle forme di resistenza agli abusi.

Con Theology of Collapse (The Myth of Past) I-X (2024) di Monia Ben Hamouda ci si confronta con un
linguaggio visivo colmo di simbologia culturale e rituale e si conclude il percorso della mostra.
L’opera è composta da dieci pannelli di ferro intagliati a laser con motivi ispirati alla calligrafia islamica e
alle moschee. Le lastre, dipinte con spezie tra cui la paprika, l’ibisco e la cannella, sono installate sulla
parete di fondo della galleria, creando un effetto di collasso che rievoca la fragilità delle identità
contemporanee.

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