Mentana molla La7 per Discovery? Fatti, segnali e ipotesi - Startmag

Mentana

Lo scazzo Gruber-Mentana. L'intervista sibillina del direttore del tg di La7 al quotidiano La Stampa. La campagna acquisti di Discovery. E non solo... Che cosa sta succedendo fra Enrico Mentana e Urbano Cairo?

Continuano i segnali di disincanto e di critica (diretta o indiretta) ai vertici de La7 da parte di Enrico Mentana, direttore del telegiornale della tv che fa capo a Urbano Cairo, mentre Discovery con Nove fa incetta di star e big.

L’ULTIMO SEGNALE DI ENRICO MENTANA A LA7

L’ultimo segnale lanciato da Mentana è inequivocabile: una reprimenda ai vertici della rete e, di fatto, anche verso l’editore. Ecco che cosa è successo e quali sono i precedenti di questo rapporto da poco tempo tormentato dopo anni di idillio.

LO SCAZZO FRA GRUBER E MENTANA SU LA7

“Dall’uno al nove per cento in mezz’ora. Questa è la curva degli ascolti – del tutto simile a quelle dei giorni precedenti – del Tgla7 di ieri sera, segnato da fatti importanti e in continuo aggiornamento. A quel Tg però ha imprevedibilmente fatto seguito un giudizio gravemente sprezzante nei miei confronti da parte di chi conduceva il programma successivo, che pure è ogni sera diretto beneficiario di quella curva ascendente”. È quello che ha scritto sui social il direttore del TgLa7, Enrico Mentana, rispondendo a Lilli Gruber che ieri aveva aperto Otto e mezzo lamentandosi del ritardo con cui avevo ricevuto la linea dal tg. “Benvenuti alle 20.46 e non alle otto e mezza – aveva detto la conduttrice – e neanche a Otto e mezzo. L’incontinenza è una brutta cosa”.

“Un giudizio – ha sottolineato oggi Mentana – da cui finora nessuno tra i vertici di La7 ha sentito il bisogno di prendere le distanze. Piccolo episodio, ma molto indicativo. A questo punto le distanze, come è doveroso, le prendo io, dai maleducati e dagli ignavi”. Nei maleducati, secondo un’interpretazione del post di Mentana, rientra di sicuro Gruber. E tra gli ignavi i vertici anche societari de La7?

L’INTERVISTA SIBILLINA DI MENTANA A LA STAMPA SUL SUO CONTRATTO CON LA7

Pochi giorni fa, Mentana ha rilasciato un’intervista al quotidiano La Stampa mentre Amadeus passava dalla Rai a Nove di Discovery. E il direttore del tg de La7, con nonchalance, ricorda che il suo contratto scade a fine anno… Ecco la parte iniziale dell’intervista:

L’ufficio di Enrico Mentana nella sede de La 7, a Roma, è pieno di scatoloni. “Ma non vado da nessuna parte”. Al mattino Fiorello ha parlato, tra il serio e il faceto, di un suo passaggio a Discovery insieme a Giovanni Floris. Il direttore del Tg La7 sorride, per un po’ tace, poi: «Non ho difficoltà a dire che il mio contratto scade il 31 dicembre del 2024. Quindici giorni dopo compio 70 anni, cosa mi metto a fare?».

Ne fa un problema di anagrafe?
«Per carità, solo i cattolici per il matrimonio dicono che non si cambia mai, ma ho fatto nascere il Tg5, rinascere il Tg de La 7 che Piroso aveva già avviato molto bene, ho condotto due telegiornali molto improntati su di me. Mi pare abbastanza».

Stanco?
«No, ma me ne sono andato sempre quando non c’erano le condizioni per lavorare bene. È successo alla Rai nel ’92 e a Mediaset nel 2009. Erano vigilie cruciali: la prima un anno prima di Tangentopoli, la seconda due anni prima della fine dell’era Berlusconi. Non è un caso: quando le cose in un’azienda filano sei libero, quando non filano più e ti accorgi che non puoi fare, te ne vai».

ENRICO MENTANA VA VIA DA LA7?

Se ne va dunque Mentana? Di certo la consonanza editoriale e giornalistica fra Cairo e Mentana sembra scemata. Anche perché – notano osservatori della tv – Mentana non apprezza troppo i talk della rete che in taluni casi hanno toni e accenti anti centrodestra e anti Meloni. E non a caso il giornale web fondato da Mentana ha un direttore ora che per storia professionale è più vicino al centrodestra che al centrosinistra, come Franco Bechis, già direttore del quotidiano Il Tempo e già ai vertici di Libero Quotidiano. Senza tralasciare i modi in cui Mentana si è defilato dalla battaglia giornalistica e televisiva imbastita da Massimo Giannini, editorialista di Repubblica.

MENTANA ATTENDE UNA PAROLA DI CAIRO

Ma non è finita. Mentana chiede un segnale a La7 dopo le parole “molto sgradevoli e offensive” pronunciate da Lilli Gruber nei confronti del direttore del telegiornale, ‘reo’ di aver sforato con i tempi ritardando l’inizio della puntata di Otto e mezzo andata in onda il 6 maggio. “Ieri sera siamo andati un po’ lunghi con il telegiornale, era una giornata cruciale, importantissima: la prospettiva di pace in Medioriente, la tragedia di Casteldaccia, vicino a Palermo. In più come ogni lunedì c’erano i nostri sondaggi e l’appuntamento con il Data Room di Milena Gabanelli. Come ogni lunedì siamo andati un po’ lunghi, me ne scuso con i telespettatori. Un po’ lunghi, come era prestabilito e concordato con chi dirige questa rete”, dice Mentana chiudendo il tg di oggi. “Chi ci ha seguito, Lilli Gruber, perché non mi piace di far finta di non sapere nomi e cognomi, ha avuto parole molto sgradevoli e offensive nei confronti del sottoscritto. Io mi siedo qui da 14 anni per fare questo tg, non ho mai offeso volontariamente nessuno e tantomeno i colleghi che lavorano su questa rete. Gradirei reciprocità a questo riguardo e gradirei da parte dell’azienda per cui lavoro che non ci fosse il mutismo che accompagna questa vicenda da 24 ore. Domani sera vedremo se c’è stato qualcosa, altrimenti trarrò conclusioni e dirette conseguenze”, conclude.

TENSIONI MENTANA-CAIRO?

Ma c’è stato in precedenza un episodio – segnalato proprio da Start Magazine – che è stato letto come un altro segnale di disincanto verso l’editore de La7. E nasce dal caso Giletti-Baiardo-Cairo.

Ecco un estratto dell’articolo di Start Magazine datato 4 aprile:

I giudici pizzicano un po’ Urbano Cairo e il giornale Open fondato da Enrico Mentana – volto di punta de La7 di Cairo – rilancia con dovizia di particolari la decisione della Cassazione. Ecco notizie, dettagli e curiosità.

LA DECISIONE DELLA CASSAZIONE SU BAIARDO

Ma cosa è successo oggi? Quali sono le novità? È stata confermata dai giudici della Cassazione la misura cautelare degli arresti domiciliari per Salvatore Baiardo, come aveva stabilito il tribunale del Riesame di Firenze, che aveva accolto il ricorso della procura fiorentina contro la decisione del gip di negare i domiciliari per l’ex gelataio di Omegna, chiamato a rispondere del reato di calunnia nei confronti del giornalista Massimo Giletti, di cui era stato più volte ospite nella trasmissione ‘Non è L’Arena’, per averlo accusato di aver reso false dichiarazioni al pubblico ministero riguardo all’esistenza di una foto che ritrarrebbe Silvio Berlusconi con il boss stragista Giuseppe Graviano.

IL CASO GILETTI-BAIARDO

Per la calunnia a Giletti, al centro delle indagini la presunta foto, risalente agli anni ’90, che ritrarrebbe Giuseppe Graviano, Silvio Berlusconi e l’ex generale Delfino di cui Baiardo avrebbe parlato a Giletti negando poi di possederla quanto era stato sentito al riguardo dai pm fiorentini. Tuttavia, alcune intercettazioni lo avrebbero smentito e da qui è scaturita l’accusa di calunnia. La procura aveva chiesto la misura cautelare per Baiardo non solo per la calunnia nei confronti di Giletti ma anche per favoreggiamento nei confronti di Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri, ma la richiesta era stata respinta dal gip. Il provvedimento era stato impugnato dal procuratore aggiunto di Firenze Luca Tescaroli e dal pm Lorenzo Gestri, titolari dell’inchiesta sulle stragi di mafia. Il riesame, nel settembre 2023, aveva accolto il ricorso limitatamente all’accusa di calunnia ai danni di Giletti e Ricca. Contro la decisione del riesame avevano fatto ricorso sia la procura sia Baiardo.

LA VICENDA RICOSTRUITA DA OPEN DI MENTANA

La vicenda – sottolinea il giornale Open fondato da Enrico Mentana – è quella della foto che ritrarrebbe Silvio Berlusconi, Giuseppe Graviano e il generale dei carabinieri Francesco Delfino. Che secondo Baiardo “non esiste” e che invece Massimo Giletti dice di aver visto proprio grazie a lui, rimarca il quotidiano web fondato dal direttore del tg de La7 di Cairo: “La difesa del gelataio di Omegna aveva contestato la decisione del Riesame arrivando fino al Palazzaccio. Ma i giudici gli hanno dato torto. “Sicuramente è stata fatta vedere – ha stabilito il tribunale – potrebbe essere un fotomontaggio o addirittura essere stata male osservata dal giornalista, per problemi di luce (l’ambiente in cui venne mostrata non era ben illuminato), od essersi egli sbagliato in ragione del breve tempo in cui gli venne mostrata, magari ingannato da tratti somatici simili a quelli delle persone che ha dichiarato di avere riconosciuto”. Ed è proprio la foto che potrebbe aver scatenato la chiusura di “Non è l’Arena” su La7, in quanto l’editore Urbano Cairo, in passato ha collaborato con Silvio Berlusconi. A giugno l’imprenditore era stato ascoltato dai pm. La sua audizione, coperta da segreto, è stata inserita nel fascicolo 16249 aperto a modello noti a fine 2022 da Tescaroli e Turco. Ovvero quello legato alle stragi del 1993 e sulla presunta responsabilità di Berlusconi e di Marcello Dell’Utri. In passato Cairo aveva spiegato che la chiusura del programma era dipesa esclusivamente da ragioni di audience. E che Giletti aveva sempre avuto con lui una piena libertà editoriale. Nel provvedimento però, citato da Repubblica Firenze, i giudici sottolineano altro”, si legge sempre su Open, diretto da Franco Bechis.

COSA SCRIVONO I GIUDICI

“Non sono emersi ragionevoli altri motivi per la chiusura della trasmissione – sottolineano i giudici – né le indagini hanno fatto emergere una audience bassa in relazione ai programmi similari ed alla fascia oraria di messa in onda. Si segnala anzi la repentinità della decisione, maturata proprio quando veniva sviluppata l’inchiesta sui contatti Graviano-Berlusconi dei primi anni Novanta”. “Tuttavia la decisione – spiega il provvedimento – certamente allarmante sul piano della libertà d’informazione e della tutela del giornalismo d’inchiesta, non avvalora di per sé la fondatezza di una vicenda tremenda per la storia della Repubblica Italiana, quanto il timore di mandare avanti un’inchiesta scomoda. Certamente resta la figura di un soggetto, il Baiardo, che allude, dice e non dice, afferma e poi nega, gioca con le parole, un soggetto che ha dimostrato di sapere molte cose e che nel contempo non è attendibile”.

LE VERSIONI FILO-CAIRO…

Una ricostruzione quella dei magistrati che cozza con la maggioranza delle interpretazioni giornalistiche secondo cui erano stati problemi di costi elevati, di scarse entrate pubblicitarie (rispetto ai costi) e all’audience non troppo alta – interpretazioni in cui si era distinto in particolare il Foglio sempre molto coccoloso per le gesta imprenditoriali e pure parapolitiche di Cairo – a indurre l’editore tv a decretare la sospensione della trasmissione di Giletti, nel frattempo andato in Rai.

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