È morta Michaela DePrince, la ballerina che ha dato voce ai ...

5 giorni ago
Michaela DePrince

diAgostino Gramigna 

Rimasta orfana durante la guerra civile in Sierra Leone, poi adottata negli Usa, era riuscita a imporsi nel difficile mondo del balletto. La collaborazione con Beyoncé e quella (mancata) con Madonna affascinata dalla sua biografia

La avevano detto che non era il suo mondo. Un mondo, avevano provato a spiegarle, che non era pronto ancora ad accogliere ballerine nere. Che non vedeva di buon occhio certe contaminazioni. Figurarsi una donna dall’anagrafe complessa, nata in Sierra Leone, abbandonata dai suoi genitori durante la guerra civile in quel Paese, vissuta per anni in un orfanotrofio per poi essere adottata in America da una coppia ebrea di Cherry Hill, in New Jersey. Nessuno però ha scalfito la sua volontà. O il suo sogno propiziato dalla foto di una pagina di giornale sbattuta un giorno dal vento sul cancello di un orfanotrofio: Michaela Mabinty DePrince è diventata una star della danza classica mondiale. Una celebre ballerina. Una stella del Boston Ballet. La stella che ieri ha finito di brillare. È morta a soli 29 anni. La causa del decesso non è stata indicata. L’annuncio invece è stato dato sulla sua pagina Instagram: «È con il cuore pesante che apprendiamo della morte della ballerina Michaela Mabinty DePrince, la cui arte ha toccato innumerevoli cuori e il cui spirito ha ispirato tanti altri, lasciando un segno indelebile nel mondo della danza classica e ben oltre». 

Michaela Mabinty DePrince non è stata solo una grande artista. Attivista e umanitaria ha difeso i bambini colpiti da conflitti e violenza. Da ambasciatrice per War Child Holland ha dato voce a chi di solito ne ha poca. Ha ispirato una generazione di ballerini neri, battagliando per la diversità nel balletto all’interno di quel mondo chiuso che pure aveva scelto di vivere. Una breve vita ma densa di storia. Nata da genitori musulmani si è convertita all’ebraismo. Quando era ancora ballerina al Dance Theatre of Harlem, durante una tournée in Israele è andata a pregare al Muro del Pianto. Non ha mai dimenticato le sue origini, la sua Africa, ma ha creduto al sogno americano, determinata, concentrata. Ha studiato con tenacia nella scuola Jacqueline Kennedy Onassis” dell’American Ballet Theatre, ha partecipato giovanissima in tv a “Ballando con le stelle” americano e ha iniziato la carriera professionista al Dance Theatre of Harlem. Dopo gli anni alla Junior Company del Dutch National Ballet (Amsterdam) è infine approdata da solista al Boston Ballet. Diventata celebre è stata scelta da Beyoncè per il suo video “Lemonade”. Dall’orfanotrofio al palcoscenico. A passi da gigante.

Ne aveva parlato nel suo libro di memorie (Taking Flight: From War Orphan to Star Ballerina) e in quello che aveva scritto per i bambini (Ballerina Dreams). DePrince soffriva di un disturbo della pigmentazione della pelle. Tutti nell’orfanotrofio la chiamavano “la figlia del diavolo”. «Lì (l’orfanotrofio) non sono stata trattata molto bene perché avevo la vitiligine — aveva detto in un’intervista del 2012. «Eravamo classificati come numeri. Il numero 27 era il meno favorito e quello era il mio. Per questo ho avuto la minor quantità di cibo, la minor quantità di vestiti, la minor quantità di tutto». Da giovane era stata protagonista di un documentario, “The Dance Competition” di Bess Kargman, uscito nel 2012. Nel marzo 2018, la star americana Madonna aveva annunciato la realizzazione di un lungometraggio basato sulla sua storia. Il film, che non ha mai visto la luce, avrebbe dovuto prendere le mosse proprio dalla sua autobiografia. 

Una sola volta ha parlato del momento in cui ha deciso di diventare una ballerina. O almeno così aveva creduto nel ricordo. Aveva visto una foto di una ballerina americana su una pagina di una rivista che era finita contro il cancello dell’orfanotrofio durante la guerra civile in Sierra Leone. «Tutto quello che ricordo è che sembrava davvero, davvero felice» — aveva detto all’AP —. Desideravo solo diventare esattamente questa persona». In quella foto c’era speranza. Per questo ha strappato la pagina e l’ha infilata nella sua biancheria intima perché non aveva un altro posto dove metterla. 

Per la sua famiglia «è stata un’ispirazione costante per i giovani ballerini neri. La sua passione ha dato forza ai loro sogni». Ha scritto Mia DePrince: «Che si trattasse di saltare sul palco o di salire su un aereo e volare nei paesi del terzo mondo per offrire lezioni di danza agli orfani e ai bambini, era determinata a conquistare tutti i suoi sogni nelle arti e nella danza». Michaela aveva cinque sorelle e due fratelli. La famiglia ha chiesto di fare donazioni a War Child, l’organizzazione con cui DePrince era coinvolto come ambasciatore. «Questo lavoro ha significato il mondo per lei, e le vostre donazioni aiuteranno direttamente altri bambini che sono cresciuti in un ambiente di conflitto armato».

14 settembre 2024

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