Michel Barnier, il grande negoziatore che non ha mai fretta

10 giorni ago

ServizioIl nuovo primo ministro francese

Il nuovo inquilino di palazzo Matignon ha seguito le trattative tra Ue e Brexit ma vanta un cursus honorum molto diversificato

di Riccardo Sorrentino

Michel Barnier - Figure 1
Foto Il Sole 24 ORE

5 settembre 2024Aggiornato il 5 settembre 2024 alle ore 19.15

Michel Barnier, nuovo primo ministro francese, in Spagna nel 2023

3' di lettura

È un uomo di destra, Michel Barnier. Consapevolmente, orgogliosamente componente di quella destra francese che non esiste altrove: repubblicana, e non semplicemente gollista, e fiera della sua origine, la Rivoluzione («Liberté, egalité, fraternité», per semplificare), con la quale i conservatori di altri paesi non hanno ancora fatto i conti fino in fondo (è piuttosto il ’68 la bestia nera degli attuali Républicains...).

Una lunga carriera

Dei gollisti non è rimasto molto oggi, anche se a livello locale sono ancora in grado di raccogliere, nella media nazionale, il 28% circa dei suffragi. Barnier si era candidato per ricompattarli ma i suoi risultati sono stati limitati: il terzo posto alle primarie per le presidenziali del 2022 è stato una delle poche, forse l’unica, sconfitta elettorale di una lunga serie di elezioni locali - proviene dalla Savoia - e nazionali. Non tutti gli perdonano un europeismo convinto (anche se Ursula von der Leyen sembra amarlo poco): è stato componente del Gruppo Amato, il Comitato d’azione per la democrazia europea, guidato da Giuliano Amato, delegato alla stesura del Trattato di Lisbona.

Un grande tessitore

Dotato di un non comune senso dell’ironia (come ha subito mostrato nel discorso del passaggio delle consegne), Barnier è un uomo considerato “difficile” - quando serve, almeno - da chi lo ha conosciuto (lui si definisce «un montanaro»), ma “nello stesso tempo” - espressione cara al presidente Emmanuel Macron - molto capace di tessere relazioni e di dialogare con tutti. Sulla carta, ha sostegni importanti non solo all’interno del suo partito, la Droite Républicaine, ma anche tra i macroniani (soprattutto, evidentemente, quelli di estrazione gollista) e il centro indipendente di Liot. Non mancano attestazioni di stima di una parte dei socialisti - l’opposizione interna, oggi più forte - degli ecologisti e persino dei seguaci di Eric Ciotti, gollista transfuga (ma ancora presidente del partito) verso i lepenisti. Persino il Rassemblement national ha preferito aspettare di conoscere il suo progetto politico, prima di esprimersi su un eventuale “non censura”.

Allargare il consenso

Anche la volontà di allargare il consenso è emerso subito. Nel discorso del passaggio delle consegna, ha parlato di «debito finanziario ed ecologico», insieme, come le priorità da affrontare. Ha poi evocato temi cari alla destra come «la sicurezza e il controllo dell’immigrazione», e temi su cui insiste molto, non da sola, la sinistra: «il lavoro e il tenore di vita dei francesi». Ha ammesso che la sua nomina porterà «cambiamenti e rotture» ma nello stesso tempo si è impegnato ad «ascolto e rispetto», del Parlamento, di tutte le forze politiche, delle parti sociali ed economiche e degli «eletti locali», che sono a contatto con l’estesa Francia delle campagne, della periferia, che si sente abbandonata dalle grandi città.

Il duro negoziatore della Brexit

«Non sono irrequieto» è la frase da lui più amata. È un durissimo negoziatore: ne sanno qualcosa i britannici, molto confusi sul da farsi, che lo hanno avuto come controparte durante le trattative per la Brexit. A 73 anni - è il più anziano primo ministro della V Repubblica, mentre Gabriel Attal era il più giovane - può vantare una carriera lunga e molto varia. Consigliere dipartimentale per la Savoia a 21 anni, a 27 anni diventa deputato. Negli anni ’90 viene eletto senatore come rappresentante del suo dipartimento e nel 2009 è deputato europeo. È stato più volte ministro: all’ambiente(1993-95), agli Affari europei (95-97, senza portafoglio), agli Esteri con Jacques Chirac presidente (2004-5), all’Agricoltura (2007-2009). È stato due volte commissario europeo: dal 99 al 2004 agli Affari regionali, con Romano Prodi, e dal 2010 al 2014 al Mercato interno, con José Barroso. Ha poi seguito dal 2016 al 2021 le trattative per la Brexit e l’implementazione dei trattati.

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