Finisce contro Karolina Muchova la cavalcata di Jasmine Paolini ...

15 giorni ago
Muchova

Finisce qui. La magnifica cavalcata di Jasmine Paolini si ferma agli ottavi dell’US Open davanti a Karolina Muchova, ragazza talentuosa perseguitata dagli infortuni. La ceca è rientrata sui court dopo dieci mesi di stop e un’operazione al polso che ne aveva messo in dubbio la carriera: oggi il tennis ha riacquistato una campionessa totale a ventiquattro carati. Lo score è indiscutibile, il doppio 6-3 racconta un match mai in discussione se non nei primi venti minuti. A parte la tensione di un avvio stentato in cui si è trovata sotto 1-3, Karolina ha camminato sul velluto appoggiandosi al servizio preciso e penetrante: la sua arma in più. Jasmine era comunque riuscita a brekkarla e pareva che sullo slancio potesse arrampicarsi sulla cima del set. Un’illusione.

Muchova ha disegnato il campo con colpi profondi e imperiosi, la rete presa attaccando controtempo, il serve and volley eseguito con il pilota automatico. Vana e priva di effettiva fiducia la resistenza dell’italiana, con il piccolo rammarico per quel vantaggio sciupato nel set iniziale. Ma è poca cosa alla luce di quel che si è visto sul Louis Armstrong stadium: scarica fisicamente e di testa, lenta e confusa, Paolini ha progressivamente ceduto senza accendersi. Nessuna scossa, l’energia latitante, il serbatoio vuoto. L’altra ha imperversato con un timing perfetto, lucida e consapevole di quel che dovesse fare per neutralizzare l’avversaria. Un piano tattico applicato alla perfezione.

Niente si può rimproverare alla ragazza di Bagni di Lucca, ci mancherebbe. Jasmine è la numero cinque del mondo, ma nella classifica virtuale ha superato l’americana Pegula insediandosi al quarto posto. Dov’è già, seduta fra due cuscini, nella graduatoria della race che a fine anno laurea le otto maestre per le Finals. Ascesa più che meritata, perché nessuna ha vinto più di lei a livello Major nel circus femminile 2024: 18 vittorie a referto, solo una in meno di Sinner e Alcaraz, ovvero la nuova generazione di fenomeni. L’azzurra è diventata in un lampo una delle più temute in circolazione. Fino al 2023 non era mai andata oltre il secondo turno negli Slam: d’improvviso la metamorfosi a 28 anni. Dopo il successo nel Wta 1000 di Dubai che le ha spalancato l’ingresso fra le top 20, ha giocato due finali al Roland-Garros tra singolo e doppio e poi la finale a Wimbledon. Oltre alla medaglia d’oro nel doppio con Errani alle Olimpiadi di Parigi. Terra rossa più erba, dunque. E sul cemento sa farsi rispettare, sebbene la superficie blu non sia la preferita. È insomma una campionessa completa come la ceca, sua coetanea, che incanta il pubblico: in campo sa fare tutto e bene, è un’artista della racchetta ed tornata a dimostrarlo.

La classifica da 52 del mondo per Muchova è un’eresia. Lo scorso anno è stata finalista al Roland Garros ed è arrivata fra le prime quattro a New York, toccando il best ranking numero otto. Finché l’infortunio l’ha bloccata. Pian piano però ha messo via i cattivi pensieri: rientrata a fine giugno, sta velocemente tornando ai livelli che le spettano. La sua presenza arricchisce un circuito monocorde perché Karolina somiglia alla chimera del mito, una stilista metà Roberta Vinci e metà Ons Jabeur. O se preferite un panda, specie protetta in via d’estinzione: la risposta all’invasione delle macchine sparapalle. A confronto di tanta bellezza, la Jasmine di oggi s’è fatta piccola piccola. Nel secondo set ha tamponato l’emorragia fino al 3-3, mai incisiva però in risposta e per di più orfana della prima palla di servizio. Così la partita è volata via senza spegnere comunque il sorriso di Jas, consapevole dei motivi dietro la sconfitta — la grande stanchezza — e orgogliosa del percorso da favola. L’applauso di Flushing Meadows è il giusto premio per Miss Smile.

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