Musetti combatte ma non basta, è fuori dagli US Open
Il californiano Nakashima vince con merito, l'azzurro recrimina per tre doppi falli che lo condannano alla sconfitta
Certe sconfitte sono molto complicate da spiegare. Ti ritrovi sotto la doccia e poi davanti allo specchio dello spogliatoio, avvilito, a cercare dei perché che non vedi: sei sicuro di aver giocato come volevi, convinto di aver dato tutto ciò che avevi dentro. Non è bastato ed è una verità dura da accettare. Ma se scorri alla moviola il film della partita, scoprirai in un dettaglio quel che t’è mancato per vincere. Musetti troverà la risposta in un dannato settimo game del quarto set, nel match giocato sul campo 17 — una premonizione malaugurante — contro l’americano Brandon Nakashima. Chiariamo subito: il californiano, 23 anni contro i 22 del rivale, ha meritato di proseguire il suo favoloso cammino negli US Open. Eppure è vero che Musetti non ha niente da rimproverarsi. Niente tranne un inspiegabile blackout, una momentanea e letale perdita di attenzione che gli è costata tre doppi falli consecutivi, e probabilmente il match.
C’erano le premesse per una lotta durissima e tale è stata. Musetti veniva da due turni sofferti allo spasimo. Il primo contro Reilly Opelka: sotto 5-3 e 40-0 nel quarto set, è riuscito comunque a battere il ritrovato bombardiere americano. Quindi la maratona di quattro ore e spiccioli vissuta con il serbo Kecmanovic, portata a casa dopo aver annullato due palle match. Nakashima è un osso duro e si sapeva. Si è trasformato sotto le cure del coach spezzino Davide Sanguinetti, che vent’anni fa era il 48 delle classifiche. A New York ha liquidato il danese Rune, testa di serie numero 15, e il francese Cazaux senza lasciare per strada neppure un set. Soprattutto senza aver mai perso il servizio. L’unico precedente fra i due era recentissimo: un braccio di ferro sull’erba del Queen’s a Londra, risolta in volata dal carrarino. Serviva una prestazione coi fiocchi, fatta di tanti tasselli da mettere insieme per formare il mosaico. L’avvio in salita, frutto esclusivo dell’aggressività dello statunitense, non ha scalfito le certezze del Muso: l’artista ha imparato il piacere dell’umiltà. Vale a dire correre da un angolo all’altro, farsi il mazzo per rimandare al di là della rete qualsiasi proiettile cadesse dalle sue parti, mettendo da parte lo stile e la perfezione.
Lorenzo Musetti (ANSA)Dimenticato il 2-6 iniziale, ha così preso a tessere la trama preferita fatta di continue variazioni. Mai una palla uguale all’altra, rovesci affettati alternati a quelli in top, il dritto che funzionava alla perfezione. Tutto accompagnato da qualche gioco di prestigio estratto qui e là dal repertorio delle meraviglie. Pareggiato il conto con un eloquente 6-3, pareva che l’inerzia fosse cambiata. Nakashima ha invece rifiutato il nuovo copione replicando colpo su colpo. Ne è venuto fuori un match ad alta intensità emotiva, oltreché di notevole qualità. Nel duello cappa e spada, il ragazzo di San Diego aveva dalla sua l’arma in più: la battuta, sentenza inappellabile che l’ha tirato fuori dai guai nei frangenti più critici. Il momento delle porte girevoli è arrivato puntuale nel settimo game del terzo set, per solito cruciale. Lorenzo non ha sfruttato due palle break, smarrendo il servizio subito dopo. Il 6-3 è stato la logica conseguenza del patatrac.
Il Musetti di sei-sette mesi fa avrebbe probabilmente mollato, perdendosi nei monologhi e nelle lamentazioni. Il giocatore che è diventato adesso — semifinale a Wimbledon, bronzo alle Olimpiadi— ha invece reagito scardinando i meccanismi dell’americano, che viaggiava con il pilota automatico. Neutralizzata l’artiglieria pesante è salito sul 4-0 tra l’entusiasmo del pubblico, ma il colpo di scena era in agguato. L’azzurro ha commesso l’errore di prendersi un attimo di respiro, pensando forse all’imminente quinto set: il diavolo non ha avuto pietà di lui, materializzandosi in qui tre sciagurati doppi falli di fila. L’anticamera del ko. Ciò nonostante si è ribellato al destino combattendo, schiumando, maledicendo la sfortuna (reale, non immaginaria). Con rabbia, talento e orgoglio si è issato al tiebreak, fingendo di ignorare che il treno era irrimediabilmente passato: Nakashima ha trasformato il primo match point, meritandosi gli applausi per il tennis maiuscolo messo in vetrina. Renderà la vita difficile anche a Zverev. Nella cattiva serata resta la buona notizia: Musetti c’è, anche questa sconfitta ne è la prova.