Corte internazionale. I giudici preliminari dell'Aja: «Arrestate ...

3 giorni ago

Anna Maria Brogi giovedì 21 novembre 2024

Respinta l'obiezione israeliana secondo la quale la Cpi non avrebbe competenza. Tra i crimini, l'utilizzo della fame come strumento di guerra. La replica: «Decisione antisemita, processo Dreyfus»

Netanyahu - Figure 1
Foto Avvenire.it

Il premier israeliano Netanyahu con l'ex ministro della Difesa Gallant - Reuters

Arrestare Netanyahu e il suo ex ministro Gallant. I giudici per le indagini preliminari della Corte penale internazionale dell'Aja (Cpi) hanno convalidato le richieste del procuratore Karim Ahmad Khan del 20 maggio scorso in relazione ai presunti crimini di guerra e contro l’umanità commessi il 7 ottobre 2023 nel sud di Israele e dal giorno successivo nella Striscia di Gaza. Con decisione unanime, hanno emesso mandati di arresto per il premier israeliano Benjamin Netanyahu e per l’ex ministro della Difesa Yoav Gallant. Mandato d’arresto anche per l’ex capo militare di Hamas, Mohammed Deif, che però sarebbe stato ucciso a luglio. Mandati avrebbero dovuto essere spiccati anche per i leader di Hamas Yahya Sinwar e Ismail Haniyeh, ma la loro uccisione è stata riconosciuta anche da Hamas. Respinta l’obiezione israeliana secondo la quale l’Aja non avrebbe competenza. La Corte sostiene che non è necessario che Israele ne riconosca la giurisdizione.

Tra i crimini di cui sono accusati Netanyahu e Gallant c’è l’uso della fame come arma di guerra. I giudici hanno «fondati motivi di ritenere che entrambi gli individui abbiano intenzionalmente e consapevolmente privato la popolazione civile di Gaza di beni indispensabili alla sopravvivenza, tra cui cibo, acqua, medicine e forniture mediche, nonché carburante ed elettricità, almeno dall’8 ottobre 2023 al 20 maggio 2024». Il mandato di cattura è immediatamente esecutivo, ma il processo non si potrà svolgere in contumacia. Netanyahu e Gallant potrebbero essere arrestati se si recheranno in uno dei 124 Paesi, compresa l’Italia, che aderiscono alla Cpi. Né Israele né gli Stati Uniti ne sono membri.

«La decisione è stata presa da un procuratore capo corrotto che cercava di salvarsi la pelle dalle gravi accuse contro di lui per molestie sessuali, e da giudici prevenuti, motivati dall’odio antisemita» ha attaccato Netanyahu. «La decisione antisemita – scrive il suo ufficio – equivale al moderno processo Dreyfus, e finirà così. Israele respinge con disgusto le azioni e le accuse assurde e false da parte della Corte penale internazionale, che è un organismo politico parziale e discriminatorio. Non c’è nulla di più giusto della guerra che Israele conduce a Gaza». Il presidente Isaac Herzog ha parlato di «giorno nero per la giustizia e per l’umanità». «Presa in malafede, la vergognosa decisione – ha detto – si fa beffe del sacrificio di coloro che hanno lottato per la giustizia, dalla vittoria alleata sui nazisti a oggi». La Corte, ha rincarato, «ha scelto la parte del terrore e del male rispetto alla democrazia e alla libertà». Per il ministro della Sicurezza, Itamar Ben-Gvir, «la risposta è applicare la sovranità a tutti i territori di Giudea e Samaria (la Cisgiordania, ndr)». Il ministro degli Esteri, Gideon Saar, ha telefonato alle diplomazie di tutto il mondo. Hamas ha invece accolto con favore la decisione della Cpi.

Sul piano militare, sarebbero un centinaio i palestinesi uccisi in due raid sul Nord della Striscia. Il più massiccio ha interessato, all’alba, un isolato di Beit Lahia vicino all’ospedale Kamal Adwan. Stando a fonti sanitarie sentite da al-Jazeera, i morti accertati sarebbero 66 e i feriti oltre cento. «Il nostro personale li ha soccorsi sul posto perché mancano le ambulanze», ha detto il direttore dell’ospedale Hussam Abu Safia. Sotto le macerie, sarebbero intrappolati tre disabili. Sempre al Nord, un raid su Gaza City ha distrutto un edificio a più piani nel quartiere di Sheikh Radwan. Per al-Jazeera, i morti accertati sarebbero 22.

Ed è salito il bilancio del raid di mercoledì su Palmira, in Siria, attribuito a Israele. Stando all’Osservatorio siriano per i diritti umani, espressione dell’opposizione al regime, i morti sarebbero 79 e una cinquantina i feriti: quasi tutti miliziani filoiraniani e combattenti legati a Hezbollah.

Sul fronte libanese, un civile israeliano è stato ucciso da un razzo a Nahariya. E un altro, Ze’ev Erlich, 71 anni, storico e ricercatore, è stato colpito a morte dopo essere entrato nel Libano meridionale con l’uniforme militare e armato, accompagnato da un sergente. Per la famiglia, era entrato per ricerche archeologiche «con l’approvazione e l’accompagnamento dell’esercito». Ucciso anche un soldato.

Sul piano diplomatico, Netanyahu ha ricevuto l’inviato americano Amos Hochstein per discutere la bozza di accordo per il cessate il fuoco in Libano sulla quale ci sarebbe la risposta sostanzialmente positiva di Beirut. «Se lo rifiuta ci troveremo davanti a scenari peggiori» ha avvertito il presidente del Parlamento libanese, Nabih Berri, considerato vicino a Hezbollah.

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