Cosa succede dopo il mandato di arresto contro Netanyahu e Gallant
Corte penale internazionale
La Cpi ha emesso mandati di arresto per il premier israeliano Benjamin Netanyahu, Yoav Gallant, ex ministro della Difesa, e Mohammed Deif, comandante militare di Hamas21 novembre 2024
4' di lettura
La Corte Penale Internazionale (Cpi) ha emesso mandati di arresto per Benjamin Netanyahu, Primo ministro di Israele, Yoav Gallant, ex ministro della Difesa, e Mohammed Deif, comandante militare di Hamas. Da quando è diventata operativa, il 1° luglio 2002, il tribunale con sede all’Aia non ha mai emesso un mandato di cattura contro un leader sostenuto dai Paesi occidentali. Fino a oggi.
Le accuse contro Netanyahu e Gallant
La Camera preliminare I della Cpi ha formulato accuse che riguardano presunte violazioni commesse tra l’8 ottobre 2023 e il 20 maggio 2024, periodo che include le operazioni militari israeliane nella Striscia di Gaza successive all’attacco di Hamas del 7 ottobre. La Corte ritiene che Netanyahu e Gallant abbiano orchestrato un attacco diffuso e sistematico contro la popolazione civile di Gaza. Tra le accuse principali:
Secondo i giudici, le volte in cui Israele ha aumentato gli aiuti umanitari sono state motivate da pressioni internazionali. Tali aiuti, poi, sarebbero stati insufficienti per evitare una crisi umanitaria.
Le accuse a Mohammed Deif
Nel mirino della Cpi anche Mohammed Deif, comandante delle Brigate al-Qassam. Le accuse sono di crimini contro l’umanità e crimini di guerra che includono:
Sebbene Israele abbia dichiarato di aver ucciso Deif in un bombardamento a luglio 2024, la Cpi ha deciso di procedere poiché non vi sono prove certe della sua morte.
La giurisdizione della Cpi
La Corte penale internazionale si basa sullo Statuto di Roma, il trattato istitutivo firmato da 124 Paesi stipulato nel 1998 ed entrato in vigore il 1° luglio 2022, ma non riconosciuto da Israele, Stati Uniti, Russia e Cina. La Corte ha respinto le obiezioni di Israele sulla propria giurisdizione, affermando che la Palestina è membro dal 2015 e che i crimini commessi sul suo territorio rientrano nella sua competenza. Inoltre, i giudici hanno chiarito che gli atti imputati ai leader israeliani non trovano giustificazione in necessità militari.
La Cpi è un’istituzione dotata di giurisdizione sovranazionale e può giudicare individui, e non Stati, responsabili di crimini gravi come genocidio, crimini di guerra, crimini contro l’umanità e crimini di aggressione. La sua competenza si applica quando tali reati sono stati commessi sul territorio di uno Stato che aderisce allo Statuto di Roma o da parte di cittadini di uno Stato parte. Interviene nei casi in cui gli Stati coinvolti non abbiano la capacità o la volontà di perseguire i responsabili attraverso il proprio sistema legale, in conformità con il diritto internazionale.
La giurisdizione della Cpi si estende anche ai crimini commessi da cittadini di Stati non parte sul territorio di uno Stato che ha ratificato lo Statuto di Roma. Tuttavia, va precisato che gli Stati che non aderiscono allo Statuto non sono obbligati a estradare i propri cittadini accusati dalla Cpi. E non esistono strumenti di coercizione internazionale per forzare la loro collaborazione.
Reazioni internazionali
La reazione israeliana è stata ferma e unanime nel condannare i mandati di arresto. Netanyahu ha definito le accuse “assurde e false”, dichiarando che la Cpi è un organismo politicamente tendenzioso e antisemita. Il presidente Isaac Herzog ha parlato di un “giorno buio per la giustizia”, accusando la Corte di schierarsi con “il terrore e il male” anziché con la democrazia. Il ministro della Sicurezza nazionale Itamar Ben-Gvir ha anche chiesto una risposta politica, invocando l’estensione della sovranità israeliana sulla Cisgiordania.
Entusiasmo da parte dei funzionari palestinesi. Husam Zomlot, ambasciatore palestinese nel Regno Unito, ha affermato che i mandati erano “non solo un passo verso la responsabilità e la giustizia in Palestina, ma anche un passo per ripristinare la credibilità dell’ordine internazionale basato sulle regole”.
Washington ha respinto categoricamente la decisione della Corte. Un portavoce del Consiglio per la Sicurezza Nazionale della Casa Bianca ha ribadito il sostegno incondizionato a Israele, criticando l’iniziativa della Corte come politicamente motivata. Lindsey Graham, senatore vicinissimo a Donald Trump, ha chiesto nuove sanzioni contro la Corte. Durante il suo primo mandato alla Casa Bianca, infatti, The Donald aveva già agito in tal senso. La successiva amministrazione Biden, poi, le aveva poi revocate.
I Paesi Bassi, sede della Corte, hanno confermato il loro impegno a eseguire i mandati di arresto nel caso in cui i soggetti accusati entrassero sul loro territorio. Allo stesso tempo, molti altri Paesi europei, stretti alleati di Israele, potrebbero scegliere di non collaborare per motivi politici.
Implicazioni per Netanyahu e Gallant
I mandati di arresto limitano significativamente la libertà di movimento dei due leader israeliani. In teoria, se Netanyahu o Gallant si recassero in uno dei 124 Paesi membri della Cpi, dovrebbero essere arrestati e trasferiti all’Aia. In pratica, però, la Corte non dispone di strumenti per far rispettare le proprie decisioni. I due precedenti illustri di Vladimir Putin e Omar al-Bashir dimostrano che i governi spesso ignorano questi mandati, soprattutto quando coinvolgono figure politiche di alto profilo. E il fatto che né Israele né gli Stati Uniti abbiano sottoscritto lo Statuto della Corte potrebbe rendere l’esecuzione dei mandati ancor più complessa.
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