L’arcivescovo di Parigi, Laurent Ulrich, bussa con il pastorale alla porta di Notre-Dame, all’inizio della celebrazioneper la riapertura - Ansa
Come occhi che si riaccendono per emozionare la Francia e il mondo. Nel buio, sull’Île de la Cité, i celebri rosoni policromi della Cattedrale di Notre-Dame sono apparsi a tutti così. Immortali più d’ogni faro nel buio. Ineguagliabili nello splendore ritrovato. Inalterabili fra le raffiche di vento. Dopo i cinque anni di durata del «cantiere del secolo», finalmente, l’attesa riapertura ufficiale. Con quegli occhi nella notte pronti a proseguire un dialogo lungo più di otto secoli. Per la folla in tripudio, tutt’attorno. Per i sintonizzati in diretta d’ogni continente. In prospettiva, per i 15 milioni di visitatori attesi nel 2025.
Alle 19 giunge il momento più atteso, quando monsignor Laurent Ulrich, arcivescovo di Parigi, alza il pastorale, bussando tre volte sulle porte, ripetendo poi ancora due volte il gesto fino all’invocazione finale: «Notre Dame, testimone della speranza, apri le tue porte perché brilli sulle nostre vite la luce della misericordia e che risplenda ai nostri occhi la vittoria della Risurrezione». Come risposta, le strofe del coro della Cattedrale, mentre il fiato di molti già si ferma. Perché lentamente, la luce della navata centrale s’allarga, come in un abbraccio alla capitale. Vicino all’arcivescovo, assistono il presidente Emmanuel Macron, la consorte Brigitte e Anne Hidalgo, sindaca di Parigi. Alla vigilia dell’inaugurazione liturgica vera e propria, prevista oggi per la Solennità dell’Immacolata, la cerimonia di riapertura di ieri sera ha accostato alla dimensione religiosa un «programma repubblicano», come l’hanno definito le autorità francesi. Davanti a un parterre de rois di capi di Stato e governo del mondo intero invitati da Parigi, pure le immagini rievocative del cantiere colossale, gli onori ai pompieri, applauditissimi, le strofe di violino e violoncello. Gesti, parole e note per voltare la pagina delle fiamme strazianti del 15 aprile 2019.
Puntando sui temi della «fratellanza», della «trasmissione», della «trascendenza» ispirate dagli eventi, Macron ha espresso «la gratitudine della nazione» a chi si è battuto per Notre-Dame, evocando «le campane che suonano di nuovo», come durante i momenti storici più gloriosi della Cattedrale che è una «metafora felice di ciò che è una nazione». Grazie al salvataggio, la Francia ha «riscoperto ciò che le grandi nazioni possono fare: raggiungere l’impossibile». Poi, per concludere, rivolto all’arcivescovo Ulrich: «Monsignore, le restituiamo Notre-Dame di Parigi».
Nella Cattedrale, per bocca di monsignor Celestino Migliore, nunzio in Francia, sono risuonate le parole inviate da papa Francesco: «Oggi, la tristezza e il lutto lasciano il posto alla gioia, alla festa e alle lodi». Prima d’esprimere la propria benedizione, il Papa ha formulato un auspicio per la Francia: «Possa dunque la rinascita di quest’ammirevole chiesa costituire un segno profetico del rinnovamento della Chiesa in Francia». Fra le personalità presenti, pure delle teste coronate europee, riecheggiando en passant un po’ persino certe cerimonie epocali accolte nella cattedrale lungo i secoli. Per l’Italia, sono giunti il presidente Sergio Mattarella, con la figlia Laura, e la premier Giorgia Meloni. Non lontano da loro, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, o ancora la chioma inconfondibile di Donald Trump, alla sua prima trasferta internazionale dopo la rielezione alla Casa Bianca. Fra gli esponenti della cerchia trumpista calamitati da Notre-Dame, a sorpresa, persino il magnate Elon Musk. Per Mattarella, pure una franca stretta di mano e una breve conversazione con Trump. «Sembra che il mondo stia un po’ impazzendo in questo momento e ora parleremo di questo», ha fra l’altro dichiarato in giornata il presidente Usa eletto. In proposito, l’Eliseo è divenuto nel pomeriggio l’epicentro di una serie d’incontri diplomatici, a cominciare proprio da quello trilaterale molto atteso Trump-Zelensky-Macron. Un incontro «proficuo e produttivo» con un Trump «determinato», per il presidente ucraino, applaudito al suo ingresso nella Cattedrale.
Fra volute d’incenso, la Cattedrale ha poi accolto il rito religioso di riapertura presieduto da monsignor Ulrich, simbolo del ritorno di «tutta una dimensione di preghiera e di relazione» fra le navate splendenti, le volte ogivali in gran parte ricostruite, le cappelle, i quadri, le statue, i nuovi mobili liturgici. Si sono così succeduti la processione attorno al battistero, il risveglio del grande organo storico restaurato, le preghiere per Parigi e la Francia, il Magnificat, il Padre Nostro, il Te Deum.
La Messa di consacrazione dell’altare, avvio attesissimo della nuova vita liturgica della Cattedrale, è invece prevista domenica mattina, prima della Messa domenicale dell’Avvento, nel pomeriggio. Attorno alla Cattedrale, nella notte, si è poi festeggiato pure con musicisti e cantanti di richiamo, nella scia del connubio storico fra la Cattedrale e il mondo degli artisti, come fu già per Victor Hugo, con il celebre romanzo Notre-Dame de Paris (1831). Intanto, anche la Francia non credente medita sui doni che la ricostruzione ha prodigato, fra cui la riscoperta entusiasmante di antichi saperi artigianali dati per scomparsi. Come se in realtà, anche a porte chiuse, Notre-Dame non avesse mai smesso d’irradiare uno sguardo protettivo.