Su cosa si basava la difesa di Matteo Salvini nel processo sul caso ...
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Come avviene in questi casi, i giudici del tribunale di Palermo che venerdì hanno assolto in primo grado Matteo Salvini nel processo sul caso Open Arms non hanno ancora depositato le motivazioni della sentenza. Salvini era accusato di sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio perché nel 2019, quando era ministro dell’Interno, impedì a una nave dell’ong spagnola Open Arms con a bordo 147 persone migranti di attraccare a Lampedusa.
È stato assolto con la formula «perché il fatto non sussiste», che implica che il reato di cui era stato accusato non è stato provato. Era proprio la formula richiesta dalla sua avvocata Giulia Bongiorno, che negli scorsi mesi aveva impostato gran parte della sua linea difensiva su un assunto molto chiaro: il processo Open Arms era un processo politico, e chiedendo di attraccare in Italia l’ong stava cercando deliberatamente di mettere in difficoltà Salvini, che al tempo era ministro dell’Interno e vicepresidente del Consiglio.
Dato che non ci sono ancora le motivazioni della sentenza non sappiamo su quali basi i giudici abbiano deciso di assolvere Salvini. Sul Corriere il giornalista Giovanni Bianconi fa riferimento a due possibilità, che per ora restano ipotesi: i giudici potrebbero aver giudicato corretta l’interpretazione data da Bongiorno, quella relativa al processo politico, oppure potrebbero aver appurato che, sul piano giuridico, non è possibile ritenere Salvini responsabile dei reati a lui contestati.
Bongiorno tenne la sua arringa, ossia la dichiarazione finale della difesa al termine di un dibattimento, lo scorso 18 ottobre. Disse chiaramente che la nave della Open Arms aveva avuto «innumerevoli possibilità di fare sbarcare i migranti soccorsi» in porti non italiani, ma le aveva sempre rifiutate e «ha scelto di bighellonare in mare». Bongiorno sosteneva insomma che la nave volesse far sbarcare i migranti solo in Italia in base a una scelta politica contro Salvini, che in quegli anni insisteva molto sulla necessità di ridurre l’immigrazione e di fermare gli sbarchi.
Secondo il diritto internazionale gli sbarchi devono avvenire nel primo “porto sicuro”, sia per prossimità geografica a dove è avvenuto il salvataggio sia dal punto di vista del rispetto dei diritti umani. Per i soccorsi che avvengono nel Mediterraneo centrale, quel “porto sicuro” è quasi sempre Lampedusa, vista la sua posizione. Nell’agosto del 2019 la nave della Open Arms aveva fatto tre soccorsi al largo della Libia, e fin da subito aveva chiesto alle autorità italiane di poter attraccare in un porto del paese.
Malta aveva dato disponibilità per far sbarcare solo 39 migranti, opzione scartata dalla ong perché avrebbe potuto creare disordini tra le altre persone a bordo. Anche la Spagna, cioè il paese di bandiera della nave, aveva dato disponibilità, nonostante la bandiera non definisca in alcun modo le responsabilità sui migranti: i porti proposti erano comunque stati considerati troppo lontani.
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La procura – che in un processo penale rappresenta l’accusa – aveva chiesto sei anni di carcere per Salvini, sostenendo che il ministro si fosse rifiutato di compiere degli atti amministrativi dovuti, e che quindi le sue decisioni avessero violato il diritto internazionale e le leggi italiane. Nella requisitoria la procuratrice aggiunta Marzia Sabella aveva sostenuto, tra le altre cose, che la ong Open Arms avesse operato «nel rispetto delle regole».
Le motivazioni della sentenza di assoluzione dovrebbero essere depositate entro tre mesi. Il fondatore di Open Arms, Oscar Camps, ha detto che l’ong ne aspetterà la pubblicazione per decidere se fare ricorso.
Nell’agosto del 2019 la Open Arms rimase in mare per 20 giorni. Salvini aveva bloccato l’ingresso della nave in Italia in base al “decreto sicurezza bis”, ma una sentenza del TAR del Lazio gli aveva dato torto. La Open Arms era quindi potuta entrare in acque territoriali italiane, ma lo sbarco non era avvenuto a causa delle pressioni di Salvini sulla Guardia costiera e sulla Capitaneria di porto di Lampedusa. A decidere lo sbarco dei migranti era infine stato il procuratore di Agrigento Luigi Patronaggio, dopo aver visitato la nave e incontrato la Capitaneria di porto.
Al momento dello sbarco solo 83 persone si trovavano ancora a bordo. Nel frattempo alcune si erano buttate in mare, altre avevano raggiunto la terraferma con piccole imbarcazioni, o erano state autorizzate a scendere perché minorenni (a quest’ultima misura Salvini si era inizialmente opposto). Per giorni la situazione sulla nave fu molto tesa, le persone soccorse erano esauste della situazione di stallo ed estremamente provate dai giorni passati in mare.
Sabato Salvini ha partecipato a un evento a Roma. «È una sentenza giusta che mi aspettavo. Devo dire che ieri in tribunale a Palermo ho visto una corretta, giusta e sana separazione di chi giudica rispetto a chi indaga. Ma non sempre è così», ha detto commentando la sentenza.