Oppenheimer è lo specchio di Nolan, nel bene e nel male

24 Ago 2023
Oppenheimer

La mattina del 16 luglio 1945, prima che il sole sorgesse sul deserto di Jornada Del Muerto in Nuovo Messico, apparve una luce nuova, accecante, infernale, che squarciò il tessuto dell'universo fisico conosciuto. Il test nucleare Trinity, supervisionato dal fisico teorico J. Robert Oppenheimer, aveva riempito di fuoco il cielo dell'alba, annunciando la fattibilità della prima vera arma nucleare e l'inizio dell'era atomica. Secondo Frank Oppenheimer, fratello del "padre della bomba", la reazione di Robert al successo del test fu semplice, persino un po' brusca: "Credo che abbia funzionato". Con il tempo, si creò una leggenda che si addiceva all'occasione: lo stesso scienziato avrebbe in seguito testimoniato che l'esplosione gli fece venire in mente un verso della Bhagavadgītā, l'antica scrittura indù: "Se la luce di mille soli divampasse nel cielo, sarebbe come lo splendore dell'Onnipotente". Più tardi, verso la fine della sua vita, Oppenheimer citò un altro passo dalla Gita: "Adesso sono diventato Morte, il distruttore di mondi".

Oppenheimer, l'epico biopic di Christopher Nolan, immortala la leggenda. Mentre il protagonista osserva il cielo nero in fiamme, nella testa sente la sua voce pronunciare la frase, che compare anche all'inizio del film quando un giovane “Oppie” corteggia la sensuale comunista Jean Tatlock., interpretata da Florence Pugh. Lei prende una copia della Bhagavadgītā dalla libreria del suo amante, lui le dice che sta imparando a leggere il sanscrito e così lei lo sfida a tradurre un passo a caso. Il fatto che la frase arrivi durante un'estasi postcoitale – uno stato di beatitudine che i francesi chiamano la petite mort, ovvero "la piccola morte" – e nel bel mezzo di una conversazione più ampia sulla scienza della psicoanalisi freudiana, è il momento più vicino all'ironia che si concede la pellicola.

Cillian Murhpy in una scena in bianco e nero di Oppenheimer di Christopher NolanUniversal Pictures

Così Nolan, che ha firmato anche la sceneggiatura, racconta la conoscenza sommaria di Oppenheimer del sanscrito e della tradizione religiosa indù come un'altra delle sue tante eccentricità. Dopo tutto, parliamo di un uomo che per il nome di un test nucleare, Trinity, si è ispirato a una poesia di John Donne; che si vantava di aver letto tutti e tre i volumi de Il Capitale di Marx in tedesco e – secondo la biografia scritta da Kai Bird e Martin J. Sherwin, Oppenheimer (in originale American Prometheus) – ha imparato da solo l'olandese per impressionare una ragazza. Tuttavia, il suo interesse per il sanscrito e la Gita non era solo un altro hobby o un argomento di conversazione alle feste. Nel loro libro, citato come testo di riferimento per Oppenheimer, Bird e Sherwin ritraggono il fisico come un serio studioso di questo antico testo e dell'universo morale che evoca. Gli autori sviluppano un quadro significativo, ampiamente ignorato nel film di Nolan. Anche se nella pellicola la citazione è inclusa, manca gran parte del significato che le sta dietro e illustra la concezione di Oppenheimer dell'universo, del suo posto all'interno di esso e della sua etica.

Composto nel primo millennio, la Bhagavadgītā (o "Canto di Dio") si presenta come un dialogo poetico tra un principe guerriero di nome Arjuna e il suo cocchiere, la divinità indù Krishna sotto spoglie umane. In procinto di iniziare una battaglia epocale, Arjuna rifiuta di combattere, inorridito al pensiero di "massacrare i parenti in guerra". Nel corso di un lungo botta e risposta che sviluppa in circa settecento strofe, Krishna cerca di alleviare il dilemma morale del principe, mettendolo in sintonia con il disegno più ampio dell'universo, in cui tutte le creature viventi sono costrette a obbedire al dharma, concetto tradotto approssimativamente come "virtù". Il dharma di Arjuna in guerra, secondo Krishna, è quello di servire e di combattere, così come il dharma del sole è quello di splendere e il dharma dell'acqua è quello di placare gli assetati.

Melinda Sue Gordon/Universal Pictures

Il quello che sembra essere il momento culminante del poema, Krishna si rivela come Vishnu, la divinità suprema dell'Induismo dalle molte braccia (e dai molti occhi e dalle molte bocche). Arjuna, in un istante, intuisce la vera natura di Vishnu e dell'universo: un'immensa sconfinata, senza inizio né fine, in un costante processo di distruzione e rinascita. In un universo così strabiliante e dalle molte facce (un "multiverso", nel linguaggio contemporaneo dei blockbuster), l'etica di un individuo non ha quasi importanza, poiché il grande disegno si ripete seguendo il proprio dharma cosmico. Umiliato e convinto, Arjuna raccoglie il suo arco per andare a combattere. Come raccontato in American Prometheus, la storia ebbe un impatto significativo su Oppenheimer. Il fisico la definì "il più bel canto filosofico in qualsiasi lingua conosciuta" e ribattezzò addirittura la sua Chrysler Garuda, come la divinità-uccello indù che trasporta Vishnu (il fatto che Oppenheimer sembrasse identificarsi non con Arjuna e i suoi dilemmi morali ma con lo stesso Vishnu ci dice forse qualcosa sul suo ego).

"La Gita – scrivono Bird e Sherwin – sembrava essere la giusta fonte filosofica": la valorizzazione del dharma e il dovere come forma di virtù fornivano alla mente angosciata di Oppenheimer la calma che agognava. Con la sua nozione di creazione e distruzione come atti divini, la Gita offrì allo scienziato una modo per dare un senso alle proprie azioni (e, in seguito, per giustificarle). È una motivazione chiave nella vita del grande scienziato e teorico, ed è proprio il tipo di concetto che trova poco spazio nei film di Nolan. Le opere del regista – dal thriller Memento alla trilogia diBatman, dal fantascientifico Interstellar al kolossal sui viaggi nel tempoTenet – sono strutturati intorno a enigmi e alla capacità di trovare soluzioni ai problemi. Nolan definisce un dilemma, fornisce le "regole" e poi si impegna a risolverlo. Il suo approccio fantascientifica lascia poco spazio alle questioni di fede o di credo. Il cosmo di Nolan è più simile a un complicato puzzle. Il regista ha reso popolare una sorta di sapio-cinema che fa dell'intelligenza una virtù senza essere a sua volta particolarmente intellettuale.

Melinda Sue Gordon/Universal Pictures

Al loro apice, i film di Nolan sono davvero intelligenti nella concezione e nella costruzione. Gli illusionisti di The Prestige, che impazziscono nel tentativo di superarsi l'un l'altro, sono figure decisamente nolaniane. La struttura tripartita di Dunkirk, che intreccia linee di trama che si svolgono in periodi di tempo distinti, è altrettanto ispirata. Nel peggiore dei casi, le sue opere di diventano troppo pensose e pretenziose. Le meccaniche di distorsione della realtà di Inception, Interstellar e Tenet, a malapena scrutabili, sanno di bufala. Oppenheimer sembra allo stesso modo ossessionato dalla risoluzione dei problemi. Per prima cosa, Nolan si pone delle sfide. Ad esempio: come rappresentare una reazione di fissione subatomica in Imax? Come rendere un biopic su un fisico teorico un blockbuster estivo di grande intrattenimento? Poi si mette al lavoro. Oppenheimer non fallisce nello mantenere alta l'attenzione del pubblico e riesce a far sì che le polverose conversazioni da lezioni in classe e le verbose deposizioni a porte chiuse sembrino il materiale di un thriller teso e avvincente. Ma a Nolan sfugge la metafisica più profonda alla base del dramma.

OPPENHEIMER, written and directed by Christopher NolanMelinda Sue Gordon/Universal Pictures

Il film ritrae l'Oppenheimer interpretato da Cillian Murphy più come uno scienziato metodico. Lui, invece, era un pensatore profondo e radicale la cui mente era fondata sul mistico, il metafisico e l'esoterico. Un film come Tree of Life di Terrence Malick dimostra che è possibile rappresentare questo tipo di idee più elevate in un grande kolossal, ma è quasi come se Nolan non ci pensasse. Si potrebbe affermare che la struttura a salti temporali del suo film rifletta la nozione di tempo stesso della Gita come non lineare. Tuttavia, il rimescolamento della cronologia della storia da parte di Nolan sembra più nato dall'istinto di un uomo di spettacolo di conservare il “grande botto” per il climax. Quando la bomba esplode, e i suoi torrenti di fuoco riempiono il gigantesco schermo Imax, non c'è la sensazione che il Signore Vishnu, il potente, si stia rivelando in quello "splendore di mille soli". È solo un'immensa esplosione. Il regista è in definitiva un tecnico del mestiere, e proietta questa personalità su Oppenheimer. Reagendo agli orribili e militarmente ingiustificabili bombardamenti di Nagasaki e Hiroshima (che non vengono mai rappresentati sullo schermo), l'Oppenheimer di Murphy li definisce "tecnicamente riusciti".

Giudicato rispetto alla vita del suo soggetto, Oppenheimer può apparire deludente. Non riesce a comprendere la visione del mondo, più ampia e sostanziale, che ha animato l'esistenza, il lavoro e il tormento morale del suo protagonista. Se confrontato con le ambizioni più puramente pratiche dello stesso Nolan, forse il meglio che si può dire del biopic è che - parafrasando i commenti realmente riportati del fisico, pronunciati nel momento della sua ascesa allo status di dio distruttore del mondo - funziona. Con successo, anche se solo tecnicamente.

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