L'agghiacciante Coccodrillo di Ornella Vanoni

30 Gen 2024

Il primo a citare un coccodrillo in una canzone di successo era stato nel 1956 il primo leggendario rocker statunitense Bill Haley: “See you later, alligator. After ‘while, crocodile” una strofa subito eletta a saluto di tendenza tra i ragazzi americani, botta-e-risposta: “Ci vediamo dopo, alligatore! A più tardi, coccodrillo!”.

Ornella Vanoni - Figure 1
Foto L'HuffPost

Il secondo coccodrillo musicale fu affidato nel 1963 dai discografici Ricordi a Ornella Vanoni. Si trattava in origine di un altro successo d’oltreoceano interpretato dalla regina del rockabilly Wanda Jackson: il brano s’intitolava “Whirlpool” (idromassaggio), ma Mogol in un impeto di fantasia animalista l’aveva tradotto appunto “Il coccodrillo”.

“Il più brutto disco del mio repertorio” ha più volte ricordato Ornella Vanoni che nell’incisione di quel 45 giri era accompagnata nientemeno che da un gruppo corista chiamato Gli Alligatori. Nel lato B un’altra terribile canzone: altra cover americana, sempre adattata in italiano da Mogol con il titolo “Mario”.  “Imbarazzante – racconta Ornella – Era prima che Mogol incontrasse Battisti”.

Il concerto-evento di Milano

La storia di quel microsolco ripudiato tornerà alla ribalta in “Senza Fine” il concerto-evento in cartellone il 28 aprile al teatro Arcimboldi di Milano per celebrare la lunga carriera dell’artista.  “Il coccodrillo” non è stato mai catturato in video, ovvero mai eseguito da Ornella davanti a una telecamera, pertanto giammai riproposto nei vari Techetechete’. Esiste di contro un documento che la cantante forse definirebbe compromettente per la sua reputazione: un filmato a colori del 1963 – con tanto di nulla osta ministeriale alla proiezione in pubblico - in cui lei canta quel brano diretta da Vito Molinari, storico regista della Rai: una pellicola destinata non alla tv di Stato bensì al Cinebox, il juke-box con lo schermo inventato in Italia, progenitore del videoclip, un apparecchio che ebbe vita breve, dal 1959 al 1967.

Festival di Sanremo in mostra a Torino

Uno di quei rarissimi apparecchi Cinebox sarà esposto a Torino dal 31 gennaio nella mostra allestita alle Gallerie d’Italia curata dal critico televisivo Aldo Grasso intitolata “Non ha l’età. Il Festival di Sanremo in bianco e nero 1951-1976”.

Bobby Solo al Festival di Sanremo nel 1964 accanto al Cinebox. Questo apparecchio appartiene alla collezione di Roberto Marai e sarà in mostra a “Non ha l’età. Il Festival di Sanremo in bianco e nero 1951-1976” dal 31 gennaio alle Gallerie d’Italia di Torino

Va detto che il trasferimento del coccodrillo nella musica pop se non piacque a Ornella Vanoni fece invece la fortuna di molti altri che recuperarono l’idea di Mogol. 

Con la differenza del target: il coccodrillo di Mogol simboleggiava l’improperio di una donna lanciato contro un amante crudele. Quelli successivi furono protagonisti dello Zecchino d’oro o comunque soprattutto diretti al consumo canterino dei minori e delle scuole materne: “Cocco e Drilli” del 1974 testo di Walter Valdi per l’interpretazione dei piccoli Claudia Pignatti, Maria Federica Gabucci , Sabrina Mantovani, Alessandro Strano; “Il coccodrillo come fa?” del 1993, testo di Oscar Avogadro per l’interpretazione di Carlo Andrea Masciadri e Gabriele Patriarca.

Due coccodrilli in tribunale

Ai quali vanno aggiunti “Rockcoccodrillo” di Edoardo Bennato (1980), “Coccodrilli” di Samuele Bersani (1997) e specialmente “I due coccodrilli” (ci son due coccodrilli e un orango tango…) oggetto di una vertenza giudiziaria durata sette anni. Il pezzo era la sigla di testa del programma di Rete 4 “Mama non m’ama” firmata da Marcello Dell’Abate, fratello della conduttrice Ramona nel 1984. Quei due rettili finirono in tribunale per plagio del brano “I due liocorni” portato al successo nel 1978 dal gruppo Zafra capeggiato dalla cantante Marina Valmaggi autrice del testo della canzone.

I giudici dettero ragione ai liocorni così Dell’Abate fu costretto a rinunciare alla paternità autoriale dei suoi coccodrilli e a risarcire Marina Valmaggi che pure a sua volta sembra essersi ispirata a una filastrocca francese incisa nel 1968 da Les Compagnons de la Chanson: “La licorne” che trattava proprio di liocorni, oranghi e coccodrilli.

Un giardino zoologico musicale del quale Ornella Vanoni avrebbe volentieri evitato di far parte.

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