Pietrangeli, Panatta, Sinner: tre storie, tre stili, tre campioni

28 Gen 2024

Nicola Pietrangeli, Adriano Panatta, Jannik Sinner. Tre storie, tre personalità, tre epoche, tre stili di gioco diversi, e un dato in comune: sono gli unici tennisti italiani che hanno vinto uno Slam. ’Nick’ a Parigi nel ’59 e nel ’60, prima dell’era Open, Adriano sempre in Francia nel 1976, Jan questa mattina dall’altra parte del mondo, in Australia.

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Foto La Stampa
Nel bar di Sinner a San Candido: "Qui viene e guardiamo le sue partite insieme. Ma non questa volta"

Nicola nato a Tunisi, figlio di una nobile russa scappata dalla rivoluzione del 1917, e di un imprenditore italiano, approdato in Italia all’inizio degli anni ’50, nell’Italia della ricostruzione. Il suo primo club in Italia è stato il Parioli, dove il custode era Ascenzio Panatta: il papà di Adriano. Ovvero ragazzino baciato dal talento che vent’anni più tardi lo avrebbe battuto in due famose finali dei campionati Assoluti, nel 1970 a Bologna e nel ’71 a Firenze. Nicola calciatore mancato - scelse definitivamente il tennis quando la Lazio lo cedette alla Viterbese - nemico degli allenamenti ma possessore di un rovescio meraviglioso, che giocava con un movimento unico sia incrociato sia in lungolinea, sia tentando la smorzata. «Se ci rinchiudessero per tre mesi senza poterci allenare - diceva di lui Ken Rosewall - Alla ripresa Nicola ci batterebbe tutti».Adriano ancora più bello da vedere, ciuffo sulla fronte e ‘Manifesto’ in tasca per fare arrabbiare il suo amatissimo mèntore Mario Belardinelli, ex insegnante di Mussolini. Un attaccante classico da terra battuta, servizio potente, diritto solido da seguire a rete inventandosi acrobazie efficacissime. La ‘Veronica’, la volée alta di rovescio, le spettacolari conclusioni in tuffo, le chiusure secche ed eleganti come uno champagne. E Poi lui, Jannik, che dei suoi suoi avi sembra, anzi è, lontano un’era. Il suo è un tennis 3.0, percussivo da fondo, perennemente accelerato, che per diventare vincente a tutti i livelli ha avuto bisogno di un ‘software’ nuovo al servizio, di qualche aggiornamento in back al rovescio e di un ‘hardware’ irrobustito.Immaginarli l’uno contro l’altro in un triello, uno 'stallo messicano' alla Sergio Leone è impossibile - le epoche, i materiali, gli attrezzi gli allenamenti e persino le superfici sono diverse - ma divertente.Nicola proverebbe a mandare in bomba Jan variandogli altezza, rotazione e peso della palla; prendendogli la rete, sfidandolo sulla diagonale del rovescio - che è anche il miglior colpo del Rosso - con accuratissimi tagli.

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Foto La Stampa
Australian Open, Sinner ringrazia i tifosi australiani e chiede il loro sostegno per la finale

Sinner risponderebbe alzando la frequenza e la profondità delle sue botte da fondo, destra-sinistra-destra, un ritmo infernale, risposte laceranti, passanti che ti levano la racchetta di mano.

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Adriano, contro entrambi, si butterebbe a rete. Serve & Volley, o discese controtempo dietro un drive di diritto dei suoi, scoccato con la vecchia impugnatura ‘continental’. Restare a fondo per lui contro entrambi sarebbe troppo pericoloso, sullo scambio lungo il suo rovescio perderebbe efficacia e precisione. Meglio allora buttarsi avanti, confondere le carte, variare con lo ‘slice’ attaccando il diritto di Jan, che soffre le traiettorie angolate e sfuggenti, evitando l’infallibile passante di rovescio di Pietrangeli. Per poi coprire la rete con la sapienza di un geometra e la destrezza di ginnasta. Il vincitore, decidetelo voi.

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