La parabola di Niccolò Pisilli: il “bambino” di Mourinho e De Rossi ...
Quel complimento ha rischiato di essere più pesante di una clamorosa stroncatura. Perché ha dilatato aspettative, accorciato tempi, destato curiosità. Tutto inizia nel pomeriggio dello scorso 19 gennaio. Tre giorni prima Daniele De Rossi ha sostituito José Mourinho sulla panchina di una Roma straziata e straziante, un’entità considerata ormai senza grinta, senza gioco, senza possibilità di redenzione. L’ex Capitan Futuro ha fatto in tempo a dirigere appena qualche allenamento, ma deve già rispondere alle domande dei giornalisti nella conferenza stampa che precede la sfida contro l’Hellas Verona. Qualcuno lo incalza. “È rimasto particolarmente impressionato da qualche calciatore della rosa?”, domanda. “Ammetto che non conoscevo bene Pisilli, è un giocatore tanto forte e non pensavo avesse tutta questa qualità – dice serio De Rossi – Poi è un bambino, un ragazzo ancora, e vederlo dal vivo mi ha impressionato”.
Sembra una boutade, invece è qualcosa di molto vicino alla certezza più granitica. D’altra parte appena un mese prima Niccolò Pisilli era riuscito a far parlare di sé una città intera. A dicembre Mourinho lo aveva fatto esordire in Europa League. I giallorossi erano avanti due a zero contro lo Sheriff, una meteora che qualche anno prima aveva battuto il Real Madrid in Champions League. E per di più al Santiago Bernabeu. Così l’uomo che dice di venire subito dopo Dio aveva richiamato in panchina Andrea Belotti e aveva spedito in campo Pisilli da Casal Palocco. Sembrava una mossa buona per inserire un nome nuovo negli almanacchi, a regalare una gioia effimera. Invece quando il tabellone segnava il minuto numero 93 il ragazzo aveva chiuso un triangolo con Lukaku e aveva sparato in porta un pallone che aveva quasi accarezzato il palo. Una gioia a cui Pisilli non era preparato. E che aveva celebrato senza neanche sapere bene cosa fare. Così si era portato le mani alla testa mentre le lacrime gocciolavano giù dai suoi occhi. “Nella mia carriera ho fatto esordire tanti ragazzi – aveva detto Mourinho a fine partita – Pisilli segna, va sotto la curva e piange, torna in spogliatoio e piange… Me ne devo andare perché altrimenti piango anch’io“.
Tre giorni più tardi era arrivata un’altra passerella. Nove minuti al posto di Pellegrini nella fragorosa disfatta in casa del Bologna. Sembrava l’inizio di un’avventura tutta nuova, di una frequentazione più assidua. Pisilli aveva varcato una soglia immaginaria. Non è più il ragazzino che con la maglia della Primavera segnava quanto un attaccante, lo specialista negli inserimenti che si era meritato il soprannome di “nuovo Frattesi“. Ora era a tutti gli effetti un giocatore della prima squadra. Eppure la sua esperienza si era arenata lì. Nessun’altra presenza. Né con Mourinho, né tantomeno con De Rossi. In estate il mercato romanista era stato febbrile e incoerente. Eppure su una cosa l’allenatore era stato chiaro: bisognava promuovere Pisilli. Anche a costo di sacrificare Bove. Il motivo si è compreso lo scorso primo settembre.
Una Roma ferita e con appena un punto in classifica fa visita alla Juventus. È una partita rischiosa. Per la classifica. Ma anche per l’autostima. De Rossi sorprende tutti. Accanto a Pellegrini e Cristante gioca Pisilli. La risposta del centrocampista è clamorosa. Tanto per intensità quanto per scelte. Alla fine il ragazzino con il 61 sulle spalle è uno dei migliori in campo. Stavolta però la mezzala che sogna di fare il giornalista non torna a sedersi. Parte titolare contro il Genoa e nella prima con Juric in panchina contro l’Udinese. Due allenatori diversissimi che convergono sulla sua centralità nell’impianto di questa nuova Roma. Pisilli dimostra di essere già maturo a sufficienza per ritagliarsi un ruolo importante. Gioca come un classico otto, uno capace di giostrare sia in mediana che qualche metro più avanti. Alimenta la manovra, crea quasi un’occasione a partita (0.8 secondo whoscored), cerca di reggere i contrasti. La sua parabola racconta di una crescita costante e fulminea.
Contro il Venezia il suo ingresso in campo stravolge la partita. Pisilli porta adrenalina, ma anche lucidità. La Roma pareggia con Cristante e poi vince proprio grazie a un colpo di testa del suo centrocampista. A fine partita Di Francesco lancia un appello alla sua vecchia tifoseria: “Aiutatelo a crescere“. Dopo l’infelice prova di Monza arriva però uno zuccherino. Spalletti lo chiama in Nazionale. “Pisilli a vederlo mi sembra proprio un bel centrocampista – dice il ct- sa fare entrambe le fasi ed è uno che arriva. Mi diceva De Rossi che nelle partitine è uno che fa sempre gol, arriva sempre. Ha frequenza, ha energia, sa fare un po’ tutto, può far parte della nostra nuova storia”. Così ora contro Belgio e Israele il ragazzino partito da Casal Palocco può scrivere un’altra pagina di un romanzo che già non sembra più di formazione. “Essendo un tifoso romanista mi piacerebbe restare per sempre alla Roma – ha detto dal ritiro azzurro – ma è ancora presto per dire se potrò fare una intera carriera in giallorosso”. Un pensiero molto meno banale di quanto si possa pensare. Soprattutto in una città che ha dimostrato di cannibalizzare tutti i suoi figli prediletti.
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