Race for glory recensione film con Riccardo Scamarcio

13 Mar 2024
Riccardo Scamarcio
Race for glory, recensione del film sulla leggendario campionato mondiale di rally del 1983 quando la Lancia di Cesare Fiorio riuscì a battere l'Audi

Dopo Enzo Ferrari, al cinema arriva** Race for glory**, un nuovo film su un uomo che ha legato la sua vita ai motori: Cesare Fiorio. I due non condividono soltanto la traiettoria professionale - entrambi nacquero come piloti prima di diventare dei leader in borghese - ma anche la stessa identica sete di vittoria. Dalla Formula 1 al Rally cambia tutto ma non cambia niente: c'è la medesima gara da vincere, lo stesso tempo da battere, lo stesso traguardo da tagliare per rendere reali i sogni di gloria.

Tra i titoli più attesi di marzo, il film - diretto da Stefano Mordini e prodotto e interpretato da protagonista da Riccardo Scamarcio - arriva al cinema giovedì 14 marzo per portarci nel WRC (World Rally Championship) del 1983, quando si accese un serratissimo duello per la vittoria tra la sfavorita Lancia e la temibile Audi. Quello scontro diventò leggendario.

Race for glory, la trama

Nato nel 1972, il WRC nel 1983 diventò il più grande sport motoristico del mondo. BMW, Lotus, Porsche, Nissan, Citroen, Opel, Peugeot e Toyota non avevano praticamente alcuna possibilità contro i due giganti dell'epoca, l'italiana Lancia e soprattutto la tedesca Audi. La seconda - capeggiata da Roland Gumpert (Daniel Brühl, che sarà Karl Lagerfeld nella serie Disney+) era nettamente favorita, grazie ad un macchina, la A1, che l'anno precedente dominò in lungo e in largo sfruttando il meglio della tecnologia e della meccanica (poteva contare su un sistema di trazione integrale). Il team Lancia però - guidato dal carismatico Cesare Fiorio (Riccardo Scamarcio) - vuole cambiare un destino già scritto presentandosi ai nastri di partenza con un modello, la 037, decisamente affilata, leggera, con due sole ruote motrici ma la capacità di volare sull'asfalto.

Astuto e animato da una voglia di vincere incontenibile, Fiorio convince il campione Walter Röhrl (Volker Bruch) a guidare la Lancia (solo nelle gare che gli piacciono) per sfidare il pilota avversario Audi, il finlandese Hannu Mikkola (Gianmaria Martini). Utilizzando tutti i trucchi a sua disposizione e piegando le regole dentro e fuori la pista, la Lancia riuscì a imporsi gara dopo gara, arrivando ad aggiudicarsi il titolo costruttori (ultima trazione posteriore a trionfare nel Mondiale costruttori nella competizione) mentre conquistò quello piloti a bordo dell’Audi.

Daniel Brühl e Riccardo Scamarcio

MATTEO LEONETTI CUMBOGRAFO.ITRace for Glory recensione: vincere non è importante, è l'unica cosa che conta

Davide vs Golia, ovvero la parabola del debole che con l’astuzia batte il più forte. Questa è la chiave di Race for glory (con il sottotitolo Audi vs Lancia) e soprattutto l'ossessione di Cesare Fiorio. Il team manager della Lancia scruta Torino dall'alto, con ambizioni di dominio e una voglia di rivalsa con cui vuole forse riscattare il suo passato da pilota, quando scaricava l'adrenalina sul volante e il piede dell'acceleratore. Lo vediamo su un ascensore con l'Avvocato Gianni Agnelli (che nel film è curiosamente interpretato dal nipote, Lapo Elkann!) che gli dice: “Vuole sapere un fatto curioso, dottor Fiorio? Sa cosa mi ha chiesto mia nipote per il suo compleanno? Un’Audi Quattro. Sono forti ’sti tedeschi. Buon lavoro. E buona fortuna”.

Margherita Mirabella

Ma la fortuna, si sa, bisogna andarsela a prendere, perché aiuta solo gli audaci. E Fiorio, che con il comparto tecnico della Lancia mette a punto una macchina competitiva, la 037 (presentata nel 1982, in occasione della 59esima edizione del Salone dell’automobile di Torino), sa benissimo che solo osando e spingendosi oltre i propri limiti si può fare la storia. Così, in un campionato di scaltrezza e ingegnosità parallelo alle gare, imbrogliò la FIA sul numero di 037 omologate prodotte per la strada, comprò 3 tonnellate di sale che fece spargere la notte prima del rally di Monte Carlo per togliere il vantaggio all'Audi (la A1 era imbattibile su neve e ghiaccio) e ritardò la partenza della gara in Grecia per far depositare la polvere di ghiaia (fingendo una cintura di sicurezza rotta). Nel rally, tutto sembra essere permesso. E la corsa (qualunque essa sia) vale la gloria, come recita il titolo e un motto juventino di bonipertiana memoria: “Vincere non è importante, è l'unica cosa che conta”.

Margherita Mirabella

A confermarlo è stato lo stesso interprete - nonché co-sceneggiatore e autore del soggetto del film - Riccardo Scamarcio all'intervista a SkyTG 24 (che andrà in onda mercoledì 13 marzo): "Cesare Fiorio cerca di vincere una sfida impossibile. Un italiano però. Quindi con la nostra attitudine, creatività, fantasia, coraggio e un pizzico di follia”. La vittoria - che significava premi in denaro e soprattutto moltiplicazione delle successive vendite di auto "regolari" - era la sua unica possibilità. Per questo, oltre a motivare i suoi piloti, sfruttò ogni lacuna del regolamento ufficiale, lavorò di furbizia e strategia (decidendo pure di non partecipare ad alcune gare, come quella in Svezia) arrivando alla storia data del 7 ottobre 1983: tra immense nuvole di polvere, al termine di una gara emozionante, la Lancia vinse con due turni di anticipo il titolo mondiale costruttori nella tappa di Sanremo.

Rimandando a pellicole come Rush (2013, di Ron Howard, sulla sfida tra piloti James Hunt e Niki Lauda, quest'ultimo interpretato proprio da Daniel Brühl) o Le Mans '66 - La grande sfida (sullo scontro tra Ford e Ferrari), il film di Mordini pur con qualche lacuna - la leggendaria e tenace pilota Audi Michèle Mouton (interpretata da Esther Garrel, sorella di Louis) nel film è a malapena visibile - ha il pregio di portare sul grande schermo per la prima volta il mondo del rally, uno sport epico e democratico, al quale si accede senza pagare il biglietto, in cui le auto sfrecciano dentro centri abitati, passano a pochi centimetri dagli spettatori. E persino il pubblico - al pari dei piloti - si assume rischi non trascurabili e diventa parte di un rutilante spettacolo.

MATTEO LEONETTI CUMBOGRAFO.IT

Oltre alla presenza di Haley Bennett (nei panni della giornalista che intervista Cesare Fiorio), il lato femminile del film è incarnato dalla sola Jane McCoy (Katie Clarkson-Hill), medico di squadra e nutrizionista figlia di un pilota morto in Corsica, che cerca di elaborare un lutto senza fine avvicinandosi a uno sport estremo, in cui per rincorrere la vittoria si può anche perdere la vita. Ed è su questo aspetto che Mordini e Scamarcio - alla quarta collaborazione dopo Pericle, il Nero (2016), Il testimone invisibile (2018) e La scuola cattolica (2021) - puntano, la voglia di vincere quando la partita sembra impossibile.

Il film parte in quarta, poi rallenta, ma arriva comunque al traguardo, esprimendo tutta la forza, la determinazione e la potenza del team Lancia, conditio sine qua non dell’impresa messa in atto: l’artigianato italiano, fatto di braccia e cuore contro la sofisticata tecnologia tedesca, un’impresa sulla quale nessuno avrebbe scommesso. Quegli uomini hanno voluto inspiegabilmente rischiare tutto per niente. Anche se per loro, quel niente, era tutto. E per questo hanno vinto.

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