Robert Kennedy Jr correrà per la Casa Bianca da indipendente ...
di Massimo Gaggi
Il figlio complottista di Bob (e nipote di Jfk) si sfila dai democratici e si candida da solo. Con il 14% dei consensi potrebbe rubare elettori agli altri sfidanti
La minaccia del terzo incomodo tra Biden e Trump per la conquista della Casa Bianca si è materializzata ieri col cambio di casacca di Robert Kennedy Jr. Il nipote di John e figlio di Robert — un presidente e un candidato alla presidenza assassinati nel 1963 e nel ’68 — ha convocato i suoi fan davanti al National Constitution Center di Filadelfia per annunciare che non sfiderà più Joe Biden nelle primarie alla ricerca della nomination democratica (nei sondaggi ha un distacco enorme dal presidente), ma correrà nelle elezioni del novembre 2024 come indipendente.
Nemmeno questa nuova veste aumenta le possibilità di Rfk di diventare presidente ma il 14 per cento di consensi attribuitogli dai sondaggi può decidere l’esito del duello Biden-Trump. Ambientalista e filo sindacati, ma contrario a limitare la diffusione di armi micidiali (secondo lui le stragi nelle scuole dipendono dall’abuso di antidepressivi tra i giovani), no-vax sostenitore di teorie cospirative più o meno fantasiose (il Covid ingegnerizzato in modo da colpire la razza bianca), pronto ad abbandonare l’Ucraina al suo destino e ondivago sull’aborto (favorevole al divieto dopo le prime 15 settimane, ma poi il suo portavoce ha fatto marcia indietro), Rfk è apprezzato dai suprematisti bianchi più che da quello che è stato fino a ieri il suo partito.
Sostenitore di idee strampalate e con un passato di dipendenza dalla cocaina, l’ultimo Kennedy a scendere in politica può, comunque, diventare l’ago della bilancia negli Stati in bilico tra Biden e Trump: porta in dote il nome più amato della politica americana e molti, tanto a destra quanto a sinistra, sono tentati di puntare su di lui, disgustati dalla ripetizione del duello di 4 anni fa tra un leader molto invecchiato e un altro assai controverso e in odore di condanne penali.
I più spaventati sono i democratici: c’è già l’accademico nero Cornel West che, candidandosi coi verdi, rischia di provocare un’emorragia di voti afroamericani. Ora Rfk può aprire un’altra falla nell’elettorato del presidente.
Ma c’è anche chi sostiene il contrario, visto che nei sondaggi Kennedy è apprezzato dagli ultraconservatori assai più che dai democratici. Ed è stato a lungo corteggiato dal clan di Trump che vedeva in lui un personaggio capace di frantumare il partito democratico. Non a caso la maggior parte dei finanziamenti fin qui ricevuti dalla campagna di Robert Kennedy sono venuti da miliardari conservatori e anche trumpiani. Ma Rfk è stato aiutato anche da libertari e liberal della sinistra: molti esponenti della Silicon Valley, attori di Hollywood, artisti come Eric Clapton. Al momento gli unici sondaggi su un’ipotetica corsa a tre dicono: Trump 40%, Biden 38, Kennedy 14. Ma quasi nessuno crede che il «terzo incomodo» possa arrivare così in alto.
Basta, però, molto meno per spostare l’ago della bilancia in qualche Stato-chiave: molti non credono che nel 1992 Bush padre fu sconfitto da Clinton per via del 18,9% di voti presi dall’imprenditore Ross Perot (Clinton vinse con ampio margine e Perot piaceva anche ai democratici), ma è certo che nel 2000 Al Gore fu battuto da Bush figlio a causa di Ralph Nader che in Florida prese solo l’1,6%: più che sufficiente per decretare la sconfitta del candidato democratico che perse la Florida, lo Stato decisivo, per appena 537 voti. I sondaggi fatti con molto anticipo e generici, a livello nazionale, valgono poco o nulla. Gli analisti più attenti guardano ad altro. Lo stratega democratico David Axelrod avverte che se fosse vera la voce di un Elon Musk schierato con Kennedy coi suoi miliardi e la sua influenza (160 milioni di follower su X, ex-Twitter), il fattore Rfk diventerebbe una vera mina vagante.
10 ottobre 2023 (modifica il 10 ottobre 2023 | 17:34)
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