Il cerchio nero di Roberto Vannacci ex Forza Nuova e filo-Putin

3 ore ago

Una piazza romana, quadrante nord, uno dei tanti scenari dove il movimento di Roberto Vannacci cresce, incamera successi, consensi. Domenica di sole, le famiglie tra pastarelle e spesa per il pranzo. Il passaggio al bar di quartiere è quasi obbligato. Un caffè, lo sfoglio del giornale, gli incontri, le chiacchiere. Dietro il bancone, tra gli amari e i liquori d’anice, c’è una sorta di piccolo altare laico. Un’icona, più che altro. Il mondo al contrario, rigorosamente la prima edizione autopubblicata dal generale - sospeso - diventato eurodeputato e pronto a riallacciare ponti e alleanze tra la Lega di Matteo Salvini e l’antico mondo della destra nostalgica, revanscista.

Roberto Vannacci - Figure 1
Foto La Stampa

Non è in vendita il libro esposto, è una sorta di manifesto di un certo sentimento di pancia, che nella cintura della capitale diventa spesso intolleranza. In questa stessa periferia nel 2017 fa scorrazzavano i mastini di Forza nuova, organizzando sit-in spesso maneschi per bloccare la consegna delle case popolari agli stranieri (aggiudicatari legittimi, da anni in graduatoria, con una vita passata nel nostro paese). Ha avuto facile presa quel libro da queste parti. Nel bar romano mai un saggio era stato esposto tra le bottiglie di liquori; ancor meno come simbolo.

Molto è stato raccontato sui legami stretti e diretti tra l’associazione supporter di Roberto Vannacci - “Il mondo al contrario”, che si sta trasformando in movimento politico - con l’area della destra estrema. Il segretario è l’ex Folgore Bruno Spatara, un passato in CasaPound, Forza Nuova e Azione identitaria; Andrea Romiti, il vice presidente, è cresciuto politicamente in Fratelli d’Italia e poi nella Lega; tra i dirigenti del nordest c’è anche Angelo Lippi, già candidato nel 1992 nella “Lega delle leghe” di Stefano delle Chiaie, l’oscura lista che riuniva pezzi della destra radicale italiana.

L’elenco potrebbe proseguire scendendo ancor di più nei territori. Per la Lega di Matteo Salvini non è la prima esperienza di organizzazioni ponte con il mondo erede del neofascismo. Dieci anni prima di Roberto Vannacci fu l’esponente storico dell’autonomismo padano Mario Borghezio a svolgere il ruolo di pontiere. Nel 2014 si arrivò ad un patto con CasaPound; l’anno successivo venne varato il progetto Lega nazionale, che in una convention a Roma riunì diversi esponenti di punta antesignani del “mondo al contrario” di Vannacci: da Aleksandr Dugin, l’ideologo vicino a Putin, esponente del mondo nero moscovita, a Fabio Sabbatani Schiuma, esponente della destra romana, passando per antichi militanti del mondo missino, pronti al saluto romano.

Roberto Vannacci - Figure 2
Foto La Stampa

Quella alleanza - parte fondamentale del progetto di Salvini, eletto segretario un anno prima - fu il punto di partenza per arrivare, tre anno dopo, a risultati elettorali a doppia cifra e al patto di governo con il M5S.

Tocca partire da qui per immergersi nel mondo Vannacci. Militare, anzi, di più, incursore, ovvero l’élite guerriera che spesso si ritiene erede della Decima Mas. Cresciuto all’interno della dottrina ultra atlantista, soprattutto quando questo voleva dire essere fieramente anti “rossi”. Del passato militare di Vannacci rimangono in rete le sue parole durante i briefing sull’azione delle forze alleate in Iraq, quando, nel 2018, spiegava ai cronisti statunitensi il programma di contrasto dell’Isis. Gli chiedevano dell’Iran, i giornalisti: «Non ho nessuna informazione su questo punto», ribatteva, con freddezza. Un vero professionista. Poi è arrivato Il mondo al contrario. Partiamo da qui.

Il mondo si è rovesciato per Vannacci e i suoi uomini un po’ di tempo fa. Il mondo militare dove sono cresciuti operativamente e ideologicamente era figlio della guerra fredda. Dopo la fine della seconda guerra mondiale la Nato e gli alleati erano di fatto pronti ad affrontare il nuovo nemico, il patto di Varsavia. Ma c’era un fronte interno, mai dichiarato, ma altrettanto reale, il partito comunista italiano di Berlinguer e il mondo progressista più in generale, includendo anche quella parte del mondo cattolico legato alla dottrina sociale della Chiesa.

La dottrina atlantica creò, dunque, organizzazioni segrete, come Gladio, in tutta Europa; in Italia, però, ci fu un passaggio ulteriore, una sorta di alleanza ancora oggi in buona parte sconosciuta con gli anticomunisti per eccellenza, le organizzazioni della destra eversiva. Lo ha raccontato, ad esempio, Vittorio Emanuele Borsi di Parma, generale della terza armata nei primi Anni 70 all’allora giudice istruttore di Venezia Carlo Mastelloni: «Noi sapevamo - siamo dal novembre 1961 al settembre 1965 - dal Sifar dell’esistenza di un’organizzazione paramilitare di estrema destra probabilmente chiamata Ordine nuovo sorretta dai servizi di sicurezza della Nato che aveva compiti di Guerriglia e di Informazione».

Dopo il 1989 l’intera dottrina atlantica muta radicalmente. E - decenni dopo, con l’ascesa di Putin - cambia anche l’antico nemico, la Russia, diventando lo stato nazionalista e radicalmente antidemocratico che oggi conosciamo. Il terreno fertile per l’espansione del pensiero originario di Ordine nuovo, ovvero il culto della Tradizione, nel senso evoliano. Nel 2022 l’ex ufficiale incursore Fabio Filomeni, oggi presidente dell’associazione che sostiene Vannacci, decide di restituire una decorazione Nato ricevuta nel 1997. «La Nato ha cambiato pelle», sostenne. Un segnale chiaro, una scelta di campo. Guardare ad est oggi per gli eredi spirituali della X Mas e della dottrina visceralmente anti comunista del mondo diviso a blocchi è il nuovo fronte.

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