Roma, la scuola aperta fino a mezzanotte nel nome della ...
All’Istituto comprensivo Daniele Manin di Roma, la visione della scuola «non finisce con la didattica, ma le assegna un ruolo di spazio pubblico, come democraticamente dovrebbe essere». A parlare è Valentina Costa, copresidente dell’associazione Genitori Di Donato. L’istituto comprende la scuola dell’infanzia Via Bixio, la primaria Di Donato e la secondaria di primo grado Daniele Manin.
Costa, come nasce l’associazione Genitori Di Donato?
Nel 2003, su iniziativa di un gruppo di genitori della scuola affiancati dal preside di allora Bruno Cacco: scrissero un progetto insieme per utilizzare dei locali in disuso dell’istituto e farne un luogo di accoglienza per le famiglie del territorio, aperto anche oltre l’orario scolastico. L’associazione ha stilato una convenzione in cui si fa carico di tenere aperta la scuola per favorire un processo di partecipazione alle attività, in parallelo alla didattica, che coinvolgono tutte le famiglie che compongono la comunità scolastica, e non solo: qui arrivano bambini e adulti non solo del quartiere Esquilino, ma di tutta la città. Sanno di trovare un luogo che li accoglie e li stimola.
Perché è nata la vostra associazione?
È nata da una serie di riflessioni che iniziarono a fare i genitori di allora sulla scuola, sul fatto che fosse oltre che un luogo di didattica anche uno spazio educante. E che a contribuire al processo di formazione e di educazione come cittadini dovessero contribuire tutti i soggetti che ruotano intorno alla comunità scolastica: non solo i docenti ma anche i genitori, che dovevano mettere in campo il proprio tempo, le proprie disponibilità, conoscenze e aspirazioni per restituirle a titolo totalmente volontario a tutte le famiglie che ne avessero bisogno. Il primo passo è stata la ludoteca gratuita, aperta tutti i pomeriggi e gestita da genitori volontari che proponevano attività ludiche, culturali e di intrattenimento. Poi sono nate altre iniziative.
Ad esempio?
L’associazione Di Donato ha aperto una ventina di anni fa il primo polo interculturale di Roma, Intermundia, dove tutte le culture della Capitale trovavano un luogo e delle attività che l’aiutassero a integrarsi e a trovare un proprio ruolo e una propria identità. Da lì è nata la prima scuola di arabo e di italiano che si tiene tuttora tutti i sabati, a cura della comunità araba e marocchina, che propone ad adulti e bambini corsi di arabo e di italiano per famiglie di diverse provenienze culturali. L’associazione tutti i pomeriggi propone numerose attività: sportive, ludiche, di intrattenimento, culturali. Alcune attività sportive, come quelle di basket, di calcio o di kung fu, hanno permesso la nascita di associazioni autonome, che le gestiscono.
L’obiettivo comune è di mettere tutti i bambini e tutte le famiglie nella stessa identica condizione
I corsi sono tutti convenzionati, a prezzi calmierati, in virtù di una carta dei valori che abbiamo scritto tutti insieme; sono previsti gratuità e sconti per famiglie con particolari fragilità. La ludoteca è gratuita per tutti, il venerdì c’è l’aiuto compiti per tutti i bambini e ragazzi. I corsi di teatro, lingua inglese, arte, lettura hanno dei prezzi molto bassi, che consentono alle famiglie di poterli far seguire ai figli, e i bambini sono liberi di frequentare i corsi e di farne più di uno, secondo le proprie propensioni, senza particolari oneri per la famiglia.
Nella vostra scuola, quanti sono i bambini e ragazzi con background migratorio?
Le famiglie provenienti da altre aree culturali sono circa il 50%. C’è un passaparola tra le varie comunità, che vengono anche da zone molto lontane da Roma perché sanno che trovano un luogo quasi unico.
Perché questo è un luogo quasi unico?
La nostra scuola è una piazza pubblica, c’è uno scambio continuo. Ci sono programmi di lingua di italiano L2. Il lavoro che fa con programmi di accoglienza e di gestione delle criticità di alcune famiglie viene supportato anche dall’associazione Genitori Di Donato, portiamo avanti insieme dei progetti. Le attività dell’associazione e la convenzione con la scuola sono inserite nel Pof, Piano dell’offerta formativa, come offerta integrativa al piano didattico ordinario. L’obiettivo comune è di mettere tutti i bambini e tutte le famiglie nella stessa identica condizione. La scuola è aperta fino a mezzanotte con attività per ragazzi e per adulti.
La nostra scuola è una piazza pubblica, c’è uno scambio continuo. Ci sono programmi di lingua di italiano L2. Il lavoro che fa con programmi di accoglienza e di gestione delle criticità di alcune famiglie viene supportato anche dall’associazione dei genitori. La scuola è aperta fino a mezzanotte con attività per ragazzi e per adulti
Che cosa si fa, fino a mezzanotte?
Nei cortili, aperti fino a tarda sera, i ragazzi del territorio e gli ex studenti della scuola vengono a giocare a basket, a chiacchierare, a ritrovarsi. È una visione della scuola che non finisce con la didattica ma le assegna un ruolo di spazio pubblico, come democraticamente dovrebbe essere.
Cosa pensa dello Ius Scholae?
Sono più che favorevole. Tantissimi dei nostri bambini sono nati e cresciuti a Roma, non sono cittadini italiani e non godono degli stessi diritti degli altri. Questo è un po’ bizzarro. Penso, in particolare, che abbiamo più di 100 bambini che provengono dallo Spin Time, lo stabile occupato di via Santa Croce in Gerusalemme: grazie alle nostre attività didattiche ed extra didattiche, la dispersione scolastica di questi bambini è stata azzerata. Sono tutti bambini che vengono molto volentieri a scuola e che non se ne vanno da qui perché è il loro posto, è la loro casa. Per me l’accettazione dei diritti di cittadinanza, in funzione della frequenza ad una scuola, è più che ovvia.
È una visione della scuola che non finisce con la didattica ma le assegna un ruolo di spazio pubblico, come democraticamente dovrebbe essere
Da dove provengono le famiglie dei bambini e ragazzi che frequentano la scuola Di Donato?
Da tutto il mondo. Forse ci manca l’Islanda? (ride, ndr). Ci sono bambini provenienti dalle aree più fragili, come Sud America, molti dal Bangladesh, est europeo. Ma anche dai Paesi non fragili e non disagiati: il quartiere Esquilino è terra di frontiera. C’è un continuo e meraviglioso viavai, è la caratteristica di questo luogo, che accoglie da ovunque si provenga.
Una giornata-tipo da presidente dell’associazione Genitori Di Donato?
Sono attivamente nell’associazione da circa quattro anni. Ho quasi piantato le tende nella scuola, io e l’altra presidente siamo sempre presenti. La vita nel nostro istituto è molto frenetica, il pomeriggio succedono tantissime cose. Noi dell’associazione ci incontriamo, ci scambiamo idee. Ad esempio, abbiamo da poco organizzato una “pedalata antifascista” insieme all’associazione Esquilino Football club, in giro per il rione, nei luoghi della memoria antifascista. Domenica 29 settembre organizziamo il “Mercatino del Bentornati a scuola”, il momento in cui accogliamo le nuove famiglie, presentiamo la nuova programmazione, si fanno lezioni aperte dei vari corsi e si presentano le attività. Nel banco del cibo raccogliamo i fondi che doneremo alla scuola per le gite di fine ciclo (quinta classe della primaria, terza della secondaria di primo grado), a sostegno di chi non può permettersi le quote di partecipazione. Da ottobre iniziano ufficialmente tutte le attività, che sono tantissime, come teatro, due corsi di inglese (per infanzia e materna), club del libro dalla primaria alle secondarie di secondo grado. Poi c’è il coro, capoeira, pallavolo, motoria e dance ability per l’infanzia, zumba per bambini…
Le criticità sono quelle che riguardano le vite con cui abbiamo a che fare, che spesso fanno fatica a trovare un inserimento dignitoso nella società che li dovrebbe accogliere e invece il più delle volte ha processi così complessi che finisce per respingerli
Il Terzo settore è molto coinvolto?
Noi siamo un ente del Terzo settore, facciamo rete con altre realtà, che appartengono al rione e non solo. È difficile all’inizio far comprendere quello che accade qui ad associazioni di altri territori, ma una volta che ci conosciamo e entriamo in sinergia, non ci lasciamo più. Dal “modello Di Donato” è nata la Rete romana delle Scuole aperte e partecipate, che ha festeggiato i 10 anni e che raggruppa tutte le scuole aperte del territorio romano e, ultimamente, anche del territorio nazionale. Porta avanti questo processo di apertura e di trasformazione della scuola da luogo didattico a luogo educante.
Ci sono delle criticità?
Con una compagine così varia, certo che ci sono. Riguardano i nuclei familiari, abbiamo uno sportello di ascolto a supporto delle famiglie più fragili, un aiuto che può riguardare sia le difficoltà dei bambini nei processi di apprendimento e di inserimento, sia le difficoltà familiari nella gestione anche di questioni pratiche. Le criticità sono quelle che riguardano le vite con cui abbiamo a che fare, che spesso fanno fatica a trovare un inserimento dignitoso nella società che li dovrebbe accogliere, invece il più delle volte ha dei processi così complessi che finisce per respingerli. Ad esempio, problematiche legate al lavoro dei genitori, di gestione della socialità da parte dei bambini. Ma alcuni problemi sono dovuti alla comunicazione quotidiana tra la scuola e le famiglie, la nostra associazione si offre da mediatore, abbiamo al nostro interno dei mediatori culturali che intervengono. È uno stare in ascolto continuo, che condividiamo sia con il corpo docente che tra tutti noi.
Nella vostra scuola la costruzione dell’identità, dell’appartenenza, della cittadinanza è un processo continuo e quotidiano.
Lavoriamo molto sul modello di riferimento, mettiamo in campo ogni giorno quello che, secondo noi, è il modello di cittadinanza ideale.
Gli ex studenti dicono che “la Di Donato ti resta nel sangue, è il luogo che dà la sostanza, la forma”. Ed è la forma del cittadino. Sono ragazzi che non si tirano indietro, che partecipano attivamente al dibattito sociale e politico. È il seme della cittadinanza che germoglia
E qual è, secondo voi, il modello di cittadinanza ideale?
Quello attivo, partecipativo, in ascolto a tutto e a tutti. I ragazzi che crescono all’interno di questo mondo (che spesso ci rendiamo conto che è un po’ una “bolla”) è quello che li rende cittadini a tutti gli effetti. Negli ultimi tempi, i nostri ex studenti arrivati al liceo hanno esportato il “modello Di Donato” nei loro istituti superiori: hanno creato delle associazioni che hanno reso scuole aperte anche i licei. I nostri ragazzi tornano alla Di Donato per raccontare la loro esperienza di giovani adulti e mettersi a disposizione come operatori, volontari, proponenti nuovi corsi. È un circolo virtuoso, è un meccanismo che non ti lascia più. I nostri giovani adulti lo dicono: «La Di Donato ti resta nel sangue, è il luogo che dà la sostanza, la forma». Ed è la forma del cittadino. Sono tutti ragazzi che non si tirano indietro, che partecipano attivamente al dibattito sociale e politico. È il seme della cittadinanza che germoglia continuamente. È un processo germinativo che viene innescato.
Questo articolo fa parte della serie “Scuole di cittadinanza”. Leggi anche:
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Foto associazione Genitori Di Donato
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