Ron Howard, A beautiful mind è un'eterna dedica alla moglie Cheryl
Nei nostri cuori Ron Howard è entrato giovanissimo. Era lui il mitico Richie Cunningham nella famosa sitcom Happy Days: capelli rossi e cuore buono, impossibile non amarlo. Eppure - pur recitando in film cult come American Graffiti (1973) di George Lucas e Il pistolero (1976) di Don Siegel - questo ragazzo nato in Oklahoma che oggi (1 marzo 2024) compie 70 anni, ha messo la sua firma nella storia del cinema più da regista. Era il 1977 quando - mentre era ancora una delle star di Happy Days - girò (e recitò in) Attenti a quella pazza Rolls Royce, il suo primo film, una action comedy a basso costo.
Quello fu il primo passo nella sua vera comfort zone, ovvero dietro la macchina da presa. E la sua carriera ci dice che Howard ha saputo spostarsi abilmente tra i generi: dalla rom com Splash - Una sirena a Manhattan (1984) allo spaziale Apollo 13 (1995), dal musical Il Grinch (2000) alla trilogia de Il Codice da Vinci (2006), senza dimenticare Frost/Nixon - Il duello (2008), l'epico Heart of the Sea - Le origini di Moby Dick (2015) e il più recente Tredici vite (2022). Ma la sua vetta artistica l'ha raggiunta grazie a A beautiful mind (2001): fu un successo di pubblicò (costò 58 milioni di dollari, ne incassò oltre 313) ma soprattutto vinse 4 Oscar (su un totale di 8 nomination) come Miglior Film, Miglior Regista, Migliore Sceneggiatura Non Originale e Migliore Attrice Non Protagonista a Jennifer Connelly. Agli Academy Awards del 2002, Ron Howard visse davvero un momento di gloria.
Ron Howard mostra i 2 Oscar vinti per il Miglior Film e la Miglior Regia di “A Beautiful Mind”
Frank Micelotta ArchiveA beautiful mind, la storia di John NashDa sempre interessato alle biografie, Ron Howard con A beautiful mind ha voluto portare sul grande schermo la vita di John Nash, uno dei matematici più brillanti e originali del Novecento, scomparso il 23 maggio del 2015. Divenuto famoso al grande pubblico anche per aver sofferto per lungo tempo di una grave forma di schizofrenia, Nash rivoluzionò l'economia con i suoi studi di matematica applicata alla Teoria dei Giochi, vincendo il Premio Nobel per l'economia nel 1994. In lui genio e follia si intrecciano in modo sconvolgente. Nash aveva infatti un'abilità fuori dal comune nell'affrontare i problemi da un'ottica nuova e la sua mente era talmente brillante da trovare sempre soluzioni elementari a problemi complessi: dall'immersione delle varietà algebriche, alle equazioni differenziali paraboliche alle derivate parziali, fino alla meccanica quantistica.
A prestargli il volto è stato un Russel Crowe in stato di grazia. Si presentò sul set solo tre giorni aver ritirato il premio Oscar da Protagonista per Il Gladiatore, accettando un ruolo totalmente diverso, che richiedeva di esprimere anche una profonda fragilità umana. Russel Crowe nei panni del Professor Nash si superò, in quella che si può tranquillamente definire l'interpretazione più grande della sua vita d'attore. Non ri-vinse l'Oscar, ma si portò a casa almeno un Golden Globe.
A BEAUTIFUL MIND, Russell Crowe, 2001, (c) Universal/courtesy Everett Collection©Universal/Courtesy Everett Collection
Ma a rendere davvero perfetta la sua prova fu Ron Howard: il suo passato da interprete lo ha sempre avvicinato agli attori e alle attrici che si è trovato a dirigere sul set. Oltre alle consuete indicazioni tecniche, tutte le star che hanno lavorato con lui hanno sempre sottolineato la sua grande capacità di dare consigli su come recitare una sequenza.
Russell Crowe rivede indicazioni da Ron Howard sul set di “A beautiful mind”
©Universal/Courtesy Everett CollectionA beautiful mind, la tramaLa seconda Guerra Mondiale si è da poco conclusa e John Nash (Russell Crowe), giovane e talentuoso matematico poco affine alla vita sociale, entra a Princeton. Sostenuto dall’unico amico Charles Herman (Paul Bettany) riesce a superare Adam Smith con l’applicazione delle sue teorie matematiche. Corteggiato dal MIT, che lo vuole tra i suoi ricercatori, John può finalmente esprimere il suo genio matematico. Mentre è costretto a tenere alcune lezioni nell’istituto, il giovane Nash diventa l’asso nella manica del Pentagono, per cui inizia a decriptare alcuni importanti messaggi segreti dei russi. È allora che William Parcher (Ed Harris) gli affida una missione top secret, ovvero scovare le coordinate di una valigetta contenente una bomba atomica, che i russi intendono far esplodere in America.
Parallelamente alla sua professione, John trova anche l’amore con la fisica salvadoregna-americana Alicia Lardé Lopez-Harrison (Jennifer Connelly). La scena in cui lui le mostra le stelle, toccandole con le dita, è pura poesia.
Russell Crowe e Jennifer Connelly
©Universal/Courtesy Everett CollectionAlicia e John si sposano ma la donna intuisce che suo marito è profondamente malato. In soccorso di Nash arriva il Dottor Rosen (Cristopher Plummer), che scopre che il matematico soffre di schizofrenia paranoide. La malattia gli ha fatto immaginare di vivere una realtà inesistente, costellata da persone inesistenti, già dai tempi di Princeton. È proprio in questo aspetto che il film di Howard si fa capolavoro, nel rivederlo una seconda volta, con occhi totalmente diversi.
Nash, sconvolto, si renderà conto di aver immaginato gran parte della sua vita ma trova sostegno nell’amore di Alicia. In segreto, tuttavia, John decide di rifiutare gli psicofarmaci, dal momento che l’azione delle medicine gli impedisce di mostrare il suo affetto alla famiglia. Nonostante sia improbabile che un paziente con tali disturbi possa tenere a bada le psicosi solo con la sua forza di volontà, John Nash sceglierà la strada più impervia e dimostrerà al mondo intero che la sua genialità non è svanita. Memorabile e commovente la scena delle penne che i colleghi gli porgono sulla scrivania: un gesto di riconoscimento della sua grandezza.
©Universal/Courtesy Everett Collection
Il libro da cui è tratto il filmRon Howard decise di girare A beutiful mind dopo aver letto l'omonima biografia (non autorizzata) del matematico John Forbes Nash Jr. (questo il suo nome intero) che la professoressa di giornalismo Sylvia Nasar - che aveva un master in economia ed è stata corrispondente economica per il New York Times - pubblicata nel 1998. Il libro si rivelò immediatamente un grande successo: entrò nella lista dei bestseller del New York Times, vinse il National Book Critics Circle Award e fu uno dei tre candidati finali per il Premio Pulitzer.
Solo con l'uscita in Italia del film, nel 2002, uscì anche la versione italiana, tradotta con il titolo** Il genio dei numeri - Storia di John Nash Jr., matematico e folle**. A trasformare la biografia in sceneggiatura fu Akiva Goldsman, che vinse l'Oscar. Forse anche grazie a degli accorgimenti: il film salta infatti tutta l'infanzia di Nash e inizia invece con i suoi giorni da studente laureato alla Princeton University.
Il genio dei numeri. Storia di John Forbes Nash jr, matematico e folle
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Il vero John Nash dichiarò di non aver più fatto uso di farmaci per curare la schizofrenia: dopo lunghi travagli, imparò a gestire i sintomi, ottenendo la loro totale remissione e quindi la sostanziale guarigione all'inizio degli anni Novanta. Il simbolo di questa rinascita fu, nel 1994, il conferimento del premio Nobel per l'economia. Nella cerimonia arriva il momento più alto del film e dell'intera cinematografia di Ron Howard, con il discorso che Nash fa alla sua Alicia, seduta in platea:
"Ho sempre creduto nei numeri. Nelle equazioni e nella logica che conduce al ragionamento. Dopo una vita vissuta in questi studi, io mi chiedo: cos'è veramente la logica? Chi decide la ragione? La mia ricerca mi ha spinto attraverso la fisica, la metafisica, mi ha illuso e mi ha riportato indietro. Ed ho fatto la più importante scoperta della mia carriera. La più importante scoperta della mia vita. È soltanto nelle misteriose equazioni dell'amore che si può trovare ogni ragione logica. Io sono qui grazie a te. Tu sei la ragione per cui io esisto. Tu sei tutte le mie ragioni".
Per Ron Howard quel discorso delle Equazioni dell'amore sembra essere, ogni anno che passa, una dichiarazione a sua moglie Cheryl Alley, conosciuta ai tempi del liceo e sposata nel 1975, dalla quale ha avuto tre figlie, Bryce e le gemelle Paige e Jocelyn, e un figlio, Reed Cross. I due si sono conosciuti la prima volta da adolescenti alla John Burroughs High School di Burbank, in California e non si sono lasciati più: “L'ho incontrata e non c'è mai stato nessun altro” ha dichiarato Ron Howard a People nel 2019.
A un anno dalle nozze d'oro (nel 2025 saranno ben 50 anni di matrimonio!) è bello ripercorre quanto Ron Howard ha ricordato sulla sua storia d'amore. Nel 2013 in un'intervista con HuffPost parlando di Cheryl disse: “Mi sono sentito davvero fortunato quando ci siamo incontrati. È pazzesco: eravamo adolescenti, non avrebbe dovuto funzionare. Ci siamo sposati giovani, anche questo non avrebbe dovuto funzionare, eppure è andata davvero così”. La coppia ebbe il primo appuntamento il 1 novembre 1970, come ricordò Ron in un post su Instagram 50 anni dopo. “Siamo andati a vedere una riedizione di It's a Mad Mad Mad World di Stanley Kramer e poi abbiamo preso una pizza nell'ormai defunto Barnone's a Toluca Lake. Un bel inizio, vero?" ha scritto l'attore e regista.
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Dopo essersi frequentati per cinque anni, Ron e Cheryl si sono sposati il 7 giugno 1975. Howard negli ultimi anni ha parlato sempre più apertamente del suo amore per sua moglie, condividendo il segreto del loro matrimonio duraturo. "La gente dice: 'Come hai fatto?' Non c'è tecnica. Non esiste altra tattica se non la comunicazione, che è davvero importante - ha dichiarato a People nel 2019 - Devi imparare a comunicare e ad avere conversazioni difficili in modi costruttivi. Oltre a ciò, c’è un elemento di fortuna perché le persone o crescono insieme oppure no, e non penso che tu possa forzarlo”.
Cheryl è stata estremamente favorevole alla carriera di suo marito, cosa che Ron non dimentica mai: “Lei è incredibilmente solidale e lo è sempre stata. La nostra compatibilità è sopravvissuta a tutti i tipi di esperienze”. Anche Ron Howard, come John Nash con Alicia, ha la sua stella polare, quell'equazione dell'amore che dà una logica al caos del mondo e una ragione a ogni gesto.
Steve Granitz
Cheryl e Ron Howard nel 2015 in occasione della seconda stella dedicata all'attore e regista sulla Walk of Fame di Hollywood
Michael Tran