Nuovo “caso Salis” in chiave tedesca. Maja, persona non binaria, è ...

2 giorni ago
Salis

Un “caso Salis” in chiave tedesca agita la Germania e scatena le polemiche della sinistra. La storia riguarda Maja T., 23 anni, antifascista, imputata come Ilaria Salis in Ungheria per aggressioni contro militanti neonazi durante le celebrazioni dell’Honor Day, la vergognosa commemorazione delle SS (non autorizzata dal governo ungherese, ma da anni tollerata) che ogni anno a febbraio richiama a Budapest molti gruppi estremisti europei. Le vengono contestate due episodi di violenza: rischia 24 anni di carcere, esattamente come Ilaria Salis.

L’estradizione nella notte

Maja T. è stata estradata in Ungheria a seguito del pronunciamento della Corte d’appello tedesca che giovedì scorso ha dichiarato ammissibile il mandato d’arresto europeo spiccato dalla magistratura ungherese, nonostante le condizioni detentive nel Paese di Orbán non garantiscano i diritti dei carcerati e il sistema giudiziario magiaro sia ritenuto non garantista dagli osservatori internazionali.

Nell’arco di poche ore Maja T. è stata prelevata nel cuore della notte dal carcere di Dresda, dove si trovava dal dicembre scorso, e consegnata ad agenti di polizia viennesi che l’hanno immediatamente accompagnata al confine ungherese. L’avvocato di Maja T. ha fatto ricorso contro l’estradizione, ma quando è stato accolto, sospendendo in via temporanea la procedura, la sua assistita era già nelle mani delle autorità di Budapest.

L’incidente diplomatico

Già così la storia, ricostruita e pubblicata dal Manifesto, crea un problema diplomatico tra Germania e Ungheria, visto che la prima sezione della Corte federale costituzionale di Karlsruhe, alla quale l’avvocato dell’antifascista si è appellato, ha vietato la consegna di Maja fino alla decisione sul ricorso costituzionale. “La Procura di Berlino è incaricata di adottare le misure opportune per evitare che il ricorrente venga consegnato alle autorità ungheresi e per ottenere il suo ritorno nella Repubblica federale di Germania”, scrive l’organo di giustizia costituzionale. Ma, come detto, quando è uscita la sospensiva Maja T. era già in territorio ungherese da una cinquantina di minuti.

A complicare ulteriormente la situazione è il fatto che Maja T. è una persona non binaria: non si identifica nel genere maschile riportato sui suoi documenti e sarà con tutta probabilità rinchiusa in un carcere per uomini, esposta a rischi per la propria incolumità. Gli ungheresi hanno dichiarato che all’imputata sarà garantita una detenzione adeguata, ma l’assicurazione non basta a tranquillizzare gli animi della sinistra tedesca.

La denuncia di Ilaria Salis

“Questa estradizione è uno scandalo. È un regalo della coalizione Spd-Verdi e liberali al regime di Orbán in cambio dell’assunzione della presidenza del Consiglio europeo?”, si chiede Martin Schirdewan, eurodeputato della Linke. E anche Ilaria Salis, a Strasburgo con il partito Avs di Fratoianni e Bonelli, denuncia su Instagram la vicenda: “Maja è una persona non binaria e l’incarcerazione in Ungheria, dove gli attacchi contro la comunità LGBTQI+ sono frequenti e diffusi, rischia di esporla a grave pericolo di violenza fisica e psicologica”, scrive la neo-eurodeputata. “Nessuna dovrebbe essere costretta a vivere questa esperienza e subire queste ingiustizie: le estradizioni devono essere subito fermate per tutte!”. La Corte di Appello di Milano, mesi fa, ha negato l’estradizione per Gabriele Marchesi, imputato nello stesso processo di Ilaria Salis, proprio per via delle condizioni detentive che avrebbe subito e per la sproporzione della pena richiesta.

I dieci antifascisti latitanti

In Germania ci sono altri dieci antifascisti accusati dalla magistratura ungherese per le aggressioni ai neonazi durante l’Honor Day di Budapest. Su di essi pende il mandato d’arresto europeo e risultano tuttora latitanti. Tramite i genitori, si sono detti disposti a presentarsi alle autorità tedesche per rispondere delle accuse ma solo a patto di non essere consegnati all’Ungheria. Cosa che, però, i giudici tedeschi non hanno garantito.

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