Santo Stefano, il martire che ha accettato il “rischio di amare”
Martire, come sappiamo, significa testimone. Ogni anno la liturgia del Natale è seguita dalla festa di Santo Stefano, diacono e primo martire, che viene presentato come colui in cui si è pienamente realizzata la missione di ognuno di noi, di essere testimone di Cristo, ognuno secondo la sua chiamata, seguendo fedelmente i disegni di Dio. Essere testimone, infatti, è la chiamata per ogni cristiano.
La testimonianza del cristiano non ha però nulla di eroico, non è riservata a pochi coraggiosi, a soldati scelti: è quella della madre che dedica la sua vita per educare e allevare i figli, del padre che con fatica, costanza e onestà sostiene la sua famiglia con il proprio lavoro, del figlio o della figlia che accudisce la propria madre anziana…è quella di tutti coloro che nel nome di Cristo accettano la volontà di Dio e così permettono a Cristo di agire nella loro vita.
È testimone quell’uomo che ha messo Cristo al primo posto, per cercare in Lui la vita, cercare la sua Santa volontà nella vita concreta, nei fatti di tutti i giorni, dal lavoro alle preoccupazioni, dagli affetti ai soldi. Seguire Cristo è scoprire che possiamo vivere una vita realizzata, una vita in cui, affidandoci a Lui, diventiamo capaci di donarci: alla famiglia, agli amici, alle difficoltà, al lavoro.
Così essere testimone non è altro che aver imparato da Cristo ad amare; perché la più grande schiavitù, la tentazione che abbiamo è proprio quella della “paura al rischio dell’amore”: quando incontriamo Cristo e quando decidiamo di seguirlo sul serio, mettendolo al primo posto, riceviamo una gioia immensa, la Gioia di chi sa donare, di chi sa amare.
La stessa gioia di ogni testimone, di ogni martire, come Santo Stefano, che “accetta il rischio di amare”.