Sarri verso la Roma, il tradimento come Zeman? Pioli nella notte ha ...

20 ore ago

I laziali ancora se lo piangono (perché poi non si capisce). Lui freme per tornare in panchina. Allegri aspetta che Fonseca si schianti

Sarri - Figure 1
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Roma 26/09/2021 - campionato di calcio serie A / Lazio-Roma / foto Image Sport nella foto: Maurizio Sarri

Sarri come Zeman, dopo la Lazio la Roma: Pioli ha detto no ai Friedkin

Un Comandante nella capitale. All’orizzonte giallorosso si staglia nitida la figura di Maurizio Sarri. L’uomo che una nutrita fetta di laziali ancora si piangono con i lacrimoni (mistero insondabile), è pronto a dire di sì ai Friedkin e a succedere a Daniele De Rossi sulla panchina della Magica.

Sarri non era il primo nome dei Friedkin sul taccuino. Il primo era Pioli che però nella notte ha detto no: è in partenza per l’Arabia Saudita. Altri soldi. Allegri con ogni probabilità sta aspettando che il Milan di Fonseca faccia il suo corso. E quindi, volendo evitare Paulo Sousa e altri nomi così come il ritorno di Garcia, ecco che per la Roma non c’è altra scelta che votarsi al sarrismo 5.0.

Il Comandante sarà la nuova stella cometa del pianeta Roma. Nelle prossime ore si attende la notizia. Al momento non c’è nulla di ufficiale. I Friedkin sono al lavoro.

Sarri: «Sono ammirato da Conte, ha questa capacità di far investire i suoi club. Chiedo scusa a Maggio»

Maurizio Sarri intervistato dalla Gazzetta dello Sport. Dice che spera di tornare in panchina prima di gennaio.

«Dipenderà dalle situazioni, dalle offerte che riceverò, dalle motivazioni. Dalla telefonata che mi trasmetterà più adrenalina». 

«Purtroppo, anche senza pallone, fumo ancora tanto, troppo.

Tra i tifosi del Milan, c’è anche chi spera di vedere lei sulla panchina rossonera… «Mi sembra brutto parlarne in questo momento, serve rispetto. Paulo Fonseca è un buon allenatore e un uomo di livello, l’ho conosciuto di persona: è all’inizio di un percorso ed è giusto che stia sereno. Non voglio entrare in questi discorsi».

Il suo centravanti ideale è stato Higuain: ci racconta un aneddoto sul Pipita? «Quando arrivai a Napoli, lui voleva andare via. Lo convinsi in 5 minuti: gli dissi che con il calcio che avrei voluto proporre, avrebbe segnato valanghe di gol. Da quella volta, quando ci discutevo gli dicevo sempre: Gonzalo dammi ragione ora, tanto poi me la dai fra tre giorni. Higuain è il mio centravanti ideale, ma lo sarebbe per qualsiasi allenatore. Top assoluto».

Giuntoli, dopo la rivoluzione estiva, riporterà la Juventus a vincere lo scudetto? «Ci riuscirà sicuramente, non so in che tempi. Ma vincerà anche con la Juve. È un direttore che capisce velocemente idee e caratteristiche dei giocatori ideali per il suo allenatore. E poi ha un coraggio immenso, che trasmette a squadra e staff. Per la stima che ho di Cristiano, sono certo che avrà avuto le sue ragioni per dare una svolta così secca».

Piu stupito da un De Laurentiis così silenzioso negli ultimi tempi o dagli oltre cento milioni che ha speso sul mercato quest’estate? «Sono ammirato da Conte. Antonio, oltre ad essere un grandissimo allenatore, ha questa capacità di far investire i suoi club. Il Napoli ha costruito una squadra forte e Antonio realizzerà un ciclo importante. Non so se vincerà subito, ma la storia di Conte è quella. Aurelio è impulsivo caratterialmente, ma sotto la sua gestione il Napoli è cresciuto e gli sarò sempre grato per avermi fatto allenare la squadra del cuore. I suoi silenzi sorprendono, ma spero sia l’inizio di qualcosa di positivo».

Corsi, De Laurentiis, Abramovich, Agnelli, Lotito: chi è più competente di pallone? «Tatticamente, Fabrizio Corsi».

Il più divertente a cena? «Al di là delle divergenze, sono bei personaggi. Lotito a cena è uno spasso, poi ci puoi litigare discutendo di calcio. Il più brillante? De Laurentiis passa per non essere generoso, ma a Natale faceva sempre regali importanti».

Se si guarda indietro, deve chiedere scusa a qualcuno nel calcio? «A Christian Maggio. Mi sono scusato personalmente quando ci siamo rivisti qualche mese fa a Coverciano. La mia ultima partita a Napoli coincideva con il suo addio agli azzurri: preso dalla voglia di chiudere a 91 punti, non l’ho fatto entrare. Ho sbagliato».

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