Schumacher dieci anni dopo: cosa resta dell'eredità di ...

27 Dic 2023
Schumacher

Eguagliato e in qualche caso superato in termini di statistica, il campione tedesco non ha ancota trovato un erede... dalle parti di Maranello

Dieci anni dopo l'incidente sugli sci a Meribel, qual è l'eredità di Michael Schumacher? E soprattutto, cosa ne è stato e cosa casomai ne rimane? Qualcuno ne ha preso possesso, in qualche modo e in qualche forma? Bisogna partire dall'unicità della stessa, dalla irripetibilità di una carriera luminosa, solo in parte "sporcata" da un rientro dimenticabile (ma forse no, come leggete più avanti) con la Mercedes. Bisogna partire da qui ma poi ad un certo punto fermarsi, arrendersi all'evidenza che non è questione di prendere il testimone da Schumacher e portarlo in corsa fino al prossimo... frazionista, quanto forse di trarre (ancora) semplicemente ispirazione da una vicenda umana e sportiva unica nel suo genere, il cui senso ultimo ha a che fare con la presa di coscienza difficile da gestire (ma ne se ne può fare a meno). Un re del mondo che precipita nell'abisso ma poi torna ad esserlo: non più per milioni di fans, ma per la ristretta cerchia della sua famiglia.

Nel giro di un decennio (anzi meno, sette anni) Lewis Hamilton ha completato la sua collezione di titoli iridati (iniziata nel 2008, l'anno prima del rientro di Schumacher con la Mercedes), facendo pari con Michael a quota sette, prima di essere fermato da Max Verstappen. Sembrano ormai molto limitate le chances di sorpasso da parte di sir Lewis. Potrebbe farcela proprio il suo erede olandese sul trono del Mondiale, sempre che SuperMax (non ci stupirebbe) non si stanchi di un "carrozzone" che sembra fin da ora stargli stretto. Come allo stesso Lewis, peraltro, ancora agganciato alla Formula Uno più a causa del miraggio ottavo titolo che per... tutto il resto. Sarà Verstappen (che ne ha già migliorato diversi record - in qualche caso già ritoccati da Hamilton) a toccare quota otto titoli? Non sarà così "facile" come in questo 2023 ma l'olandese ha ovviamente le carte (e la macchina) in regola per provarci.

Non è il caso di Mick Schumacher, parlando di legami di sangue. Indubbiamente spinto in pochi anni (sette) dai kart alla Formula Uno, il ventiquattrenne secondogenito di Michael e Corinna (testimone diretto dell'incidente di Meribel) ha corso nel Mondiale con il team Haas nel 2021 e nel 2022, senza però riuscire a fare la differenza prima con il discusso (e inconsistente, a livello di risultati) Nikita Mazepin e poi con il "cavallo di ritorno" danese Kevin Magnussen. Certo, Mick è tuttora terzo pilota Mercedes (dopo esserlo stato della Ferrari, che lo aveva fatto crescere nella sua Driver Academy), e non è difficile immaginare di vederlo di nuovo al via di un Gran Premio... magari solo una tantum. Meglio intanto tenersi in forma con Alpine nel Mondiale WEC. Meglio un ruolo da titolare in un team ufficiale che il rimpianto per una missione che era proibitiva fin dall'inizio.

Possiamo considerare un'eredità schumacheriana da scrivere alla dedizione assoluta alla propria missione in Formula Uno? Forse sì ma propendiamo più per il "ni". Michael ci sembra piuttosto aver raccolto e portato ad un livello ancora più alto quella portata in Formula Uno da Ayrton Senna, del quale - non a caso - il tedesco ha letteralmente raccolto in pista il testimone. Questione di accoppiare il talento al metodo e di estendere quest'ultimo anche alla gestione della propria carriera e a quella della propria quotidianità, facendo ordine tra gli impegni professionali e la giusta aspirazione ad un'esistenza "piena", anche lontano dalle piste. 

Da questo punto di vista (quello del metodo, intendiamo) c'è da ritenere che l'approccio di Schumacher sia stato funzionale (e molto prezioso) per la Mercedes che Michael ha guidato dal 2010 al 2012. L'era ibrida era alle porte e il contributo del sette volte iridato (il cui posto sarebbe stato preso nel 2013 proprio da Hamilton) ha sicuramente aiutato la Casa di Stoccarda a crescere e a dare il via ad settennato iridato nel quale anche Nico Rosberg (campione del mondo 2016) ha saputo ritagliarsi il proprio anno di gloria, forse anche grazie agli insegnamenti assorbiti da Schumacher tra il 2010 e il 2012: viene da pensarlo, prendendo atto del salto di qualità compiuto da Nico tra i suoi primi anni con la Williams e la sfida - spesso ad armi pari - con Hamilton tra il 2013 e il 2016 stesso.

Per certo, a dover essere ancora raccolta e rinnovata è l'eredità di Michael in termini di Ferrari: cinque titoli consecutivi al volante della Rossa tra il 2000 e il 2004, dopo aver sfiorato la missione i due anni precedenti a vantaggio di Mika Hakkinen. Al di là del lampo (iridato) di Kimi Raikkonen nel 2007 (l'anno della spy story) la Scuderia di Maranello insegue da ormai quasi vent'anni l'avvio di un nuovo ciclo vincente vero e proprio.

A provarci sono stati in questo lasso di tempo Felipe Massa (alla Rossa insieme a Michael nell'ultima stagione rossa di quest'ultimo), Sebastian Vettel, Fernando Alonso e - in tempi recentissimi, che si spingono fino al presente - Carlos Sainz e Charles Leclerc. La missione attuale è affidata principalmente a quest'ultimo, Verstappen permettendo, ma per il monegasco il tempo stringe. Per Schumacher invece il tempo si è come fermato dieci anni fa, trasformandosi in una quotidianità grave e preziosa per la sua famiglia e per pochi amici ammessi alla sua presenza.

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