Squid Game - La sfida è un reality molto squallido
Se fossimo chiamati a selezionare una valida prova del fatto che l’umanità meriti di estinguersi, Squid Game - La sfida sarebbe il candidato ideale. Il reality show angloamericano ispirato all’avvincente e brutale serie thriller anticapitalista Squid Game, dal 22 novembre su Netflix, è un’oscenità sul fronte della (a)moralità, del voyeurismo e dell'opportunismo, ma è soprattutto un programma noioso, sgradevole e fondamentalmente squallido. Il programma trae ispirazione dall’opera del regista e sceneggiatore coreano Hwang Dong-hyuk, spietato critico della società del suo paese. Nel pluripremiato k-drama del 2021, 456 giocatori, costretti dalla povertà e da un contesto disumanizzante, si sfidavano fino alla morte per aggiudicarsi una cifra pazzesca. Erano il pretesto spettacolare e avvincente per raccontare la crisi dei valori contemporanea. Due anni dopo, Netflix ricava una figura poco lusinghiera attingendo sfrontatamente alla creatività e agli obiettivi di un'opera come Squid Game che mirava ad attaccare e denigrare i capitalisti sfruttatori. Il tentativo di cavare ulteriori profitti dal già travolgente e inaspettato successo che aveva garantito al colosso di streaming incassi stellari (a fronte di un investimento minimo) è grottesco e genera un orrore da incubo orwelliano.
Squid Game: The Challenge. Season 1 of Squid Game: The Challenge. Cr. Courtesy of Netflix © 2023COURTESY OF NETFLIX
Lo show replica scrupolosamente l’iconografia riconoscibilissima di Squid Game per ricrearne gli ambienti labirinticamente kafkiani e piazzare al loro interno quello che viene presentato come un coacervo di “concorrenti da tutto il mondo” (in realtà la stragrande maggioranza è costituita da americani o madrelingua anglofoni). Molti dei giochi sono la ricostruzione pedissequa degli originali, altri sono nuovi e altrettanto ispirati dai giochi infantili. L’aggiunta più significativa risiede nella possibilità offerta ai concorrenti di eliminarsi a vicenda, scegliendo tra i partecipanti più pericolosi o semplicemente assecondando antipatie personali. I 456 concorrenti riproducono in tutto e per tutto una microsocietà. Una piccola percentuale ha il privilegio di ottenere più visibilità attraverso interviste private e la mdp che li segue incessantemente. I più dichiarano di aver conosciuto la povertà e spera di vincere per salvare la famiglia dalle ristrettezze economiche. In questa seleziona sono privilegiati i concorrenti che incarnano un campionario di personalità tossiche: il bullo, il solipsista, il jock, la queen bee, il redneck, la white trash, il traditore, il manipolatore. Ognuno viene spinto da calcolati espedienti della produzione a esasperare la propria natura e le proprie reazioni.
Squid Game: The Challenge. Season 1 of Squid Game: The Challenge. Cr. Courtesy of Netflix © 2023COURTESY OF NETFLIX
Sembra di assistere a un esperimento sociale (ricordate quello in cui veniva ai soggetti chiesto di dare la scossa ad altri?) con la differenza sconsolante che i soggetti del reality sanno di essere ripresi mentre si vantano della loro meschinità. Si formano fazioni, squadre e alleanze e ognuno manifesta la sicurezza di poter vincere in virtù di un intelletto acuto, di superiori capacità di logica e osservazione, di abilità da manipolatori e della prestanza fisica. La maggior parte delle vittorie e delle eliminazioni, tuttavia, non è determinata dal merito bensì dalla (s)fortuna, dal caso e… dall'invidia. I concorrenti seguono una direttiva che mira a enfatizzare il fattore emotivo: ogni notizia, anche la più banale, viene accolta con ostentato stupore. In molti frangenti la dignità umana muore mentre assistiamo a partecipanti che piangono, vomitano, si strappano i capelli, si rotolano per terra o si uniscono a cori da stadio a ogni minima circostanza. Ogni volta che nuove mazzette di dollari vengono calate nel jackpot milionario, i partecipanti si trasformano in una massa di iene ululanti. I limiti del ridicolo si superano quando i concorrenti che perdono una sfida si accasciano per terra fingendo di essere stati abbattuti a fucilate. Niente di nuovo, tuttavia, rispetto a molti reality analoghi solerti nel ricordarci come, in quanto, specie, siamo piccoli e patetici.
Squid Game: The Challenge. Season 1 of Squid Game: The Challenge. Cr. Courtesy of Netflix © 2023COURTESY OF NETFLIX
Più profondamente problematica è la moralità dello show. Altro che presunta influenza negativa di cartoni e videogiochi, Squid Game: La sfida è un reality perverso. Non siamo qui a “fare i pesanti”: è tragico e svilente e ai limite del crudele nell’approccio pornografico e voyeuristico nei confronti di individui disagiati e scarsamente dotati a livello morale e intellettuale. La regia indugia su di loro attraverso primi piani petulanti, ralenti e musiche adatti a gesta epiche e non a gente che fa la ststuina a Un due tre stella. Nel primo episodio scomodano addirittura il Requiem mozartiano mentre i perdenti vengono “uccisi” e si accasciano drammaticamente al suolo. In confronto tra la regia del reality e quella di Hwang è impietoso. Il primo è penalizzato dalla mancanza di una sceneggiatura ponderata che aiuti lo spettatore a investire in personaggi e relazioni, inoltre la tensione è naturalmente ammortizzata dal fatto che in La sfida nessuno muore durante i giochi come nella serie. Questi limiti non vengono aggirati in alcun modo, e durante la maggior parte dei giochi si muore di noia, mentre nei momenti “sociali” non c'è nessuno di abbastanza interessante a cui affezionarsi o per cui tifare. Concludendo, Squid Game: La sfida è un circo che sfrutta senza ritegno idee e persone, un reality sornione e compiaciuto della bancarotta morale in cui versa, fatto della materia del più raccapricciante racconto di fantascienza distopica. La realtà supera la fantasia, ma il peggio deve ancora arrivare: Squid Game - La sfida sarà un successo.