Stray Kids, luci e lasagne, a Milano trionfa il pop coreano davanti a ...

12 Lug 2024
Stray Kids

diMarta Blumi Tripodi

Pubblico in delirio agli I-Days per il gruppo k-pop nell'unica data europea da headliner

Tendiamo a considerare il K-Pop come un fenomeno di nicchia, ma il futuro è già qui: lo dimostrano le 67.000 persone arrivate a Milano da tutto il mondo (il 22% è straniero) per il concerto degli Stray Kids, che chiude gli I-Days.

Il gruppo sudcoreano, formato da otto artisti tra vocalist, rapper e produttori, si è formato nel 2017 tramite un reality show, è noto per sonorità più rock e cattive rispetto alla media del genere ed è uno dei più apprezzati in assoluto, non solo in patria ma anche sul fronte occidentale, in particolare dal fashion system: sono ambassador di Versace, Fendi, Vuitton e Tommy Hilfiger, e sono stati il primo gruppo K-Pop ad essere stato invitato al MET Gala.

Resta però un mondo a sé, con le sue regole e le sue convenzioni: il breve incontro con la stampa è organizzato in maniera quasi militaresca, senza lasciare nulla all’improvvisazione. Impossibile salutare il gruppo a meno che non salutino loro per primi; a porre le domande pre-approvate è una giornalista italiana esperta di K-Pop, e vengono tradotte prima in inglese e poi in coreano da un’interprete.

Le risposte sono educate e cordiali, ma poco approfondite: Hyun-Jin si sente onorato all’idea di esibirsi davanti a un pubblico così imponente (è il live più grande che abbiano mai fatto finora), Felix non vede l’ora di mangiare le lasagne e provare i ristoranti migliori in città, Seungmin è entusiasta del calore dei fan, Bang Chan accenna qualche nota di Fra Martino sostituendo il testo ufficiale con le parole «Ciao buongiorno buonasera», una sorta di scherzo condiviso con i fan italiani.

Difficile dire se si tratti di naturale riservatezza nei confronti di giornalisti o di trance agonistica pre-partita: «Prima di salire sul palco facciamo stretching e ci riscaldiamo insieme, per prepararci alla performance» svela Bang Chan. Il che rende bene l’idea di quanto sia rigoroso il training per diventare un idol (così si chiamano le star del pop orientale) e quanto sia monastica la vita degli Stray Kids e dei loro colleghi: la loro è un’esistenza dedita all’allenamento e al lavoro, in cui non c’è spazio per molto altro.
Il vero spettacolo, però, è il pubblico, che arriva ore prima abbigliato di peluche, latex e zatteroni coloratissimi, resiste stoico al monsone che si abbatte sull’Ippodromo e, quando finalmente i loro beniamini salgono sul palco, canta ogni brano a memoria – anche quando sono in coreano – agitando i tradizionali light stick, ovvero i bastoni-gadget luminosi che si accendono e spengono a tempo di musica, bramati da tutti i fan.

In scena tutto è sovradimensionato: il sipario d’apertura è una gigantesca bandiera rossa con il logo degli Stray Kids, i fuochi d’artificio finali sono incendiari, e anche la loro capacità di non perdere un colpo è sovraumana, tanto che viene da chiedersi se siano per caso degli automi. Sia come sia, chi pensava a una moda passeggera è destinato a rassegnarsi: evidentemente il K-Pop è arrivato per restare. Prepariamoci a molti altri concerti del genere, in futuro.

12 luglio 2024

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