Summer Game Fest 2024, a Los Angeles va in scena il futuro dei ...

16 giorni ago
Summer Game Fest 2024

C’era una volta l’Electronic Entertainment Expo, per gli amici E3, la fiera che dal 1995 è stata la vetrina del futuro dei videogiochi. Ogni anno, in quel di Los Angeles, i principali attori di questa industria facevano a gara per presentare le loro novità, con annunci di nuovi videogiochi ma anche nuove, mirabolanti, console. E in qualche modo la storia dell’E3, ormai ufficialmente deceduto, è anche quella del settore e di come questo si racconta al resto del mondo. A decretare la fine dell’E3 è stata la pandemia, certo, insieme però alla consapevolezza che Sony, Microsoft, Nintendo e tutti gli altri colossi non avevano più bisogno di partecipare a un costoso evento durante il quale dividersi l’attenzione con la concorrenza. Potendo invece, spendendo molto meno e con risultati garantiti, comunicare direttamente con gli utenti attraverso annunci fatti in conferenze streaming, dal vivo o pre-registrate, dai costi praticamente irrisori. 

Oggi al posto dell’E3, che in fondo era una sorta di messa laica del videogioco, c’è un evento che segue proprio questo nuovo spirito. Ovvero la Summer Game Fest, un grande spettacolo (ormai alla quarta edizione) che va in scena fisicamente a Los Angeles ma trasmesso in diretta via web in tutto il mondo. Uno show, letteralmente, fatto di annunci e colpi di scena, ospiti d’eccellenza e ovviamente trailer, che agli editori costano comunque circa 250mila dollari al minuto. A cui segue, nel corso di più giorni, una folta serie di micro-eventi, sparsi in diversi luoghi della città, che raccolgono e mettono in vetrina i titoli indipendenti, quelli più coraggiosi e fuori dal mainstream, disposti ad osare ed in cerca di un nuovo pubblico.

Il tutto in un momento nero, anzi, nerissimo per l’industria e per la sua immagine: nella prima metà del 2024 i licenziamenti sono stati già oltre 10mila, numero che nel 2023 si era raggiunto nell’arco di 12 mesi. Una bolla che ha iniziato a scoppiettare già nel 2022, come effetto di massicci investimenti nel periodo pandemico, con personale in eccesso che studi grandi e piccoli hanno poi gettato in mare come una zavorra. Ma non è tutto qui. L’intera industria, che si credeva inaffondabile come il Titanic, ha iniziato a imbarcare acqua per via dei suoi processi produttivi insostenibili: sviluppare un videogioco di alto profilo oggi richiede anni di lavoro e investimenti colossali. E se all’uscita il titolo fa flop si rischia la bancarotta. Motivo per cui sono sempre meno i videogiochi legati a storie e personaggi inediti, preferendo la produzione di sequel dal successo più o meno garantiti, come l’ennesimo sparatutto o simulatore sportivo.

Chissà se nel corso dello show Geoff Keighley, giornalista di settore tramutatosi in presentatore, dedicherà la giusta attenzione anche a questo elefante nella stanza, che non è solo una vicenda di natura economica. Se i videogiochi sono destinati a durare come prodotto culturale, dovranno diventare prima di tutto sostenibili, per chi li crea e chi li gioca. Altrimenti il rischio è di ripetere, sotto altre forme, il crollo del 1983. Arrivando, stavolta, al game over definitivo.

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