Gianmarco Tamberi, la stella cadente sullo Stade de France

11 Ago 2024

Di Gisella Fava e Benedetto Giardina

8 min|

Foto di 2024 Getty Images

Ha perso la fede, Gianmarco Tamberi. L'ha persa sulla Senna, ma non l'ha mai persa in se stesso.

Tamberi - Figure 1
Foto Olympics

Il suo stato di salute, però, non poteva permettergli altro. Anzi, ha cercato addirittura di andare oltre, di superare un limite che solo lui conosce, per far sì che l'ossessione del secondo oro Olimpico a Parigi 2024 diventasse realtà.

Non è stato così, non poteva essere così. La notte di San Lorenzo è quella delle stelle cadenti e il 10 agosto, la stella dell'atletica italiana, è caduta su un materasso scuro.

Perché Gimbo non è caduto da solo: è caduta con lui l'asticella posta a 2,27m, per la terza volta di fila. L'ultimo salto a Parigi, forse l'ultimo salto ai Giochi Olimpici.

Si è campioni Olimpici per sempre e lui lo è, per l'oro che ha condiviso con Mutaz Essa Barshim in un'epica finale a Tokyo 2020. È proprio Barshim il primo a consolarlo, così com'era stato Tamberi il primo a sincerarsi delle sue condizioni in qualifica, quando l'amico venne colpito da un crampo.

La più bella bromance dell'atletica mondiale continua, anche nella giornata più dura da digerire, per l'azzurro. Barshim alla fine ha preso un bronzo, l'Italia ha sgranato gli occhi dinanzi al personal best di Stefano Sottile, valso però il quarto posto.

"Avevo tutt'altra idea di questa gara", racconta Gimbo a Olympics.com dopo la finale. "L'avevo preparata in una maniera maniacale, stavo in una condizione supersonica quest'anno. L'avevo dimostrato a Roma, a tutti e a me stesso in primis. La prima gara dell'anno a 2,37m, non avevo mai aperto una stagione così e non era nemmeno la gara che avevo preparato per performare. Avevo fatto di tutto per queste Olimpiadi, tutto, non è giusto che sia finita così".

Tamberi abdica e lascia il trono al neozelandese Hamish Kerr, vincitore al jump off sullo statunitense Shelby McEwen.

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Dire che Gianmarco Tamberi sognasse Parigi 2024 equivarrebbe a sminuire la sua continua ricerca della storia, nella capitale francese.

Non era un sogno, era un obiettivo che lui stesso ha posto molto in alto, dopo la vittoria agli Europei di Roma col miglior risultato stagionale al mondo, quel 2,37m che valeva come biglietto da visita prima di partire per la Francia.

Il resto, è cronaca dei giorni nostri. L'edema al bicipite femorale a luglio, il primo campanello d'allarme. Poi, rientrando in Italia dopo la Cerimonia d'apertura dei Giochi (in cui è stato portabandiera), la febbre e i calcoli renali, fino all'epilogo dello Stade de France, in cui ha ceduto lo scettro a cinque cerchi.

Aveva rinviato il volo per arrivare al meglio delle condizioni. Aveva preso parte ad un turno di qualifica palesemente sottotono, ma con la speranza di poter recuperare tutte le energie per il sabato della finale.

Alle 5 del mattino di quel sabato, però, il segnale definitivo di un destino già beffardo, in passato.

Rio 2016, l'infortunio a pochi giorni dai Giochi, quel gesso portato a Tokyo come stimolo per vincere. Storia dello sport italiano, ormai: quella del 1° agosto 2021, di quei pochi minuti a separare il suo trionfo da quello di Marcell Jacobs, in una delle giornate più esaltanti di sempre.

La cronaca, invece, è quella di una corsa contro il tempo per essere in grado di competere. Alle 10, il dolore prosegue. È lancinante, non è pensabile che possa farcela. Ma lui non molla. Nemmeno dopo aver vomitato sangue per due volte.

Va in ospedale, sui social aggiorna tutti nel giorno che doveva essere una festa, invece si trasforma in un incubo.

Raccoglie l'appoggio e il sostegno di chiunque, dal mondo dello sport e non solo, ma non riesce a trarre energia da tutto questo, adesso: "In questo momento è impossibile, sto cercando in tutti i modi di stare tranquillo e di non pensarci, perché se ci penso mi devasta".

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La sua foto in ambulanza, con la flebo al braccio, a tre ore dalla finale, suona tanto di game over. Quel trono lì, però, Gianmarco Tamberi non lo vuole mollare senza lottare.

Si sottopone ad accertamenti per capire se può gareggiare e la sua volontà è chiara: allo Stade de France vuole esserci. In pista, a scanso di equivoci. L'annuncio lo dà lui stesso: "I will be there", sono quasi le 17.

"Dal momento che ho lasciato l'ospedale verso le 16:30 e mi hanno detto che avrei potuto provare a gareggiare, perché non rischiavo nulla di grave, ho sentito dentro un'adrenalina, una voglia di provarci, di rivalsa enorme. Sono sceso in pedana dicendo a me stesso di dimenticare questi giorni, di vivere questa gara come l'ho sempre vissuta, con la stessa convinzione, con la stessa voglia di farcela e di riuscirci, con la consapevolezza di tutto quello che hai fatto".

Arriva, allo stadio parigino. È accolto da un'ovazione, trova i tifosi italiani, ci sono bandiere tricolori con su scritto "Forza Gimbo". Applausi scroscianti, li chiede e li ottiene, anche per il riscaldamento. Il primo salto va. Il secondo no. Gli altri, alcuni sì e alcuni no, alzando la misura.

Prova il suo salto più di tutti gli altri contendenti all'oro Olimpico. Vuole certezze, cerca qualcosa che sa di non avere.

Lo speaker chiama il suo nome e lui, in felpa e cappuccio, scopre il volto. Non c'è la mezza barba delle grandi occasioni, non può esserci, non può nemmeno aver pensato a prendere la lametta in una giornata del genere.

Si carica. Due pugni al petto, un urlo e le braccia aperte a chiamare l'energia di tutto uno stadio che freme per capire quale Gianmarco Tamberi vedere, in questa finale.

Lui, che negli appuntamenti importanti non ha mai fallito, ha bisogno di tre salti per superare la prima misura, posta a 2,22m.

In qualificazione, già alle prese con i calcoli renali, si era fermato a 2,27m. Stavolta non ci arriva nemmeno. Tre tentativi, tre aste colpite. All'ultima, mette le mani al volto e dà sfogo alle lacrime: un lungo abbraccio con gli amici e con il suo team, poi la decisione di restare lì, a dare consigli a Stefano Sottile. Sognerà di prendere lui, quel posto, ma il 2,34m di primato personale lo porterà ad uno splendido quarto posto.

Una decisione "di rispetto nei confronti degli avversari", quella di restare lì, ma soprattutto "da grande amico e capitano di Stefano [Sottile]", che stava gareggiando per il suo, di sogno. "L'ultimo posto dove sarei voluto stare in quel momento era lì, ovvio, ma tutti i miei avversari mi hanno dato un abbraccio e parole di consolazione. Non so se lo sanno, ma lo immaginano cosa significhi".

Non può festeggiare la medaglia del compagno di squadra, mentre l'amico Barshim prende il bronzo, alle spalle di Kerr e McEwen, che giunti in perfetta parità a 2,36m vanno ai salti di spareggio, col primo che avrà la meglio.

E lui, Tamberi, che ha inseguito Parigi per anni e ha riempito la casa di Torri Eiffel, vede il proprio sogno svanire così. Lui che ha dato tutto per questo giorno qui, per questo 10 agosto che doveva renderlo la stella più lucente di sempre dell'atletica azzurra.

Ma il 10 agosto resta la sera delle stelle cadenti e lui, che sperava di cadere da solo, su quel materasso, è caduto con un'asticella.

Per tre volte di fila, col suo sogno di diventare il primo a vincere due ori Olimpici consecutivi.

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