Trump in terra ignota dopo la condanna

31 Mag 2024
Trump

E adesso? La condanna di Trump per tutti i 34 reati fiscali di cui era imputato a New York crea non solo una situazione senza precedenti nella storia americana ma complica ulteriormente le previsioni sulle elezioni presidenziali del prossimo 5 novembre.

Primo: Trump, in quanto condannato, può votare? Può essere candidato? La risposta è sì: è stato condannato a New York dove la legge non prevede la perdita del diritto di voto in caso di condanne penali (tuttavia Trump è residente in Florida, dove le regole sono diverse, ndr). Può essere candidato, come lo fu Eugene Debs, lo storico leader socialista che era addirittura in cella dopo una condanna per la sua opposizione alla partecipazione degli Stati Uniti nella Prima guerra mondiale quando corse per la presidenza nel 1920.

Secondo: finirà davvero in galera? Difficile dirlo. Tutto sta nelle mani del giudice Juan Merchan, che ha fissato il giorno della sentenza per l’11 luglio. In teoria potrebbe condannare l’ex presidente a parecchi anni di galera (negli Stati Uniti le frodi fiscali e finanziarie sono prese sul serio), in pratica è difficile che si assuma una tale responsabilità. Una soluzione potrebbe essere una condanna agli arresti domiciliari, che costringerebbe Trump a gestire la sua intera campagna elettorale senza poter uscire dalla villa di Mar-a-lago in Florida, una limitazione molto pesante delle sue possibilità di azione politica.

Terzo: le sue possibilità di vittoria diminuiscono? Non è detto. Trump ha un seguito inscalfibile tra gli elettori repubblicani e l’intero partito lo sostiene, perfino Nikki Haley, la sua concorrente nelle primarie fino a poche settimane fa. Questa base di consenso lo ha mantenuto alla pari con Biden nei sondaggi fino ad oggi e addirittura in vantaggio nei cosiddetti Swing States, cioè negli Stati in cui il risultato si gioca sul filo di poche migliaia di voti.

La bizzarria del sistema elettorale americano, come noto, è che consente di vincere le elezioni a chi ha avuto meno voti su scala nazionale ma ne ha avuti di più nel collegio elettorale (i delegati che effettivamente eleggono il presidente). È esattamente ciò che successe nel 2016, quando Hillary Clinton raccolse quasi tre milioni di voti più di Trump ma non riuscì ad ottenere una maggioranza nel collegio elettorale perché il suo avversario prevalse in Michigan, Wisconsin e Minnesota raccogliendo esattamente 77.744 voti in più, su oltre13 milioni di voti validi nei tre stati.

Negli stessi tre stati, più la Georgia, Biden vinse per un soffio nel 2020: per esempio, in Georgia raccolse appena 11.000 voti in più di Trump, che cercò di rovesciare il risultato manipolando i dirigenti repubblicani di questo Stato (la cosa è oggetto di un altro dei vari processi dell’ex presidente fellone). Su scala nazionale Biden raccolse circa sette milioni di voti più di Trump.

Questa incertezza da un lato impedisce di fare previsioni fondate perché mancano ancora quattro mesi alle elezioni e in questo periodo può succedere di tutto (Trump in cella? Biden inabile a causa dell’età?). Dall’altro, i piccoli margini tra democratici e repubblicani negli stati-chiave fanno pensare che anche un numero limitato di elettori indipendenti scandalizzati per la condanna di Trump potrebbero cambiare le loro decisioni e astenersi o votare per Biden.

In questo caso l’esito del processo di New York davvero potrebbe essere determinante per le elezioni e portare alla riconferma di Biden alla presidenza.

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