Trump, una condanna che squalifica i giudici - ItaliaOggi.it

La volontà di sbarrare la via a Trump (anche da parte del suo stesso partito) è stata chiara e forte già otto anni fa ed è divenuta quasi selvaggia e feroce in questa seconda occasione, fino a rasentare i tratti di una guerra di religione. Così la previsione era facile: nessuno avrebbe accettato la validità del verdetto su Donald Trump, a New York: i colpevolisti se fosse stato assolto, gli innocentisti se fosse stato condannato. Ne abbiamo la prova fattuale.

La condanna penale non ha scalfito le possibilità di vittoria di Trump e a poche ore dalla decisione della giuria, Trump ha raccolto 53 milioni di dollari in donazioni per la sua campagna elettorale e la sua difesa. Trump stesso parla di una raccolta record, realizzata soprattutto dai piccoli donatori: proprio coloro che poi andranno alle urne. Una catastrofe per il sistema giudiziario.

Così si dimostra vero un detto di Friedrich Nietzsche: Il miglior modo di danneggiare una tesi è difenderla con cattivi argomenti. Trump è un personaggio discutibile, ed è su questo che bisognava insistere: può essere un Presidente adatto alla carica un uomo come lui, con le sue sparate, le sue contraddizioni, il suo cinismo, la sua demagogia? Invece volerlo azzoppare con una condanna penale è stato da ingenui. Soprattutto se la condanna è inflitta in uno Stato profondamente anti-Trump come New York, rimanendo i giurati poco tempo nell'aula di consiglio, votando all'unanimità e indistintamente per tutti e 34 i capi d'imputazione. Sembra uno sfogo di rabbia repressa.

Le decisioni dell'amministrazione della giustizia, per essere credibili, devono avere l'aria di essere tecniche. Se invece sembrano politiche, o comunque influenzate dalle opinioni personali dei decidenti, il risultato è che ne risultano squalificati i giudici. Ecco perché bisogna tenere molto lontani, nel tempo, le campagne elettorali e i processi contro i candidati.