Vasco Rossi dedica 'Asilo Republic' a Giorgia Meloni: «Ora è lei che ...
Asilo “Republic” è una delle canzoni anni ’80 che Vasco Rossi ha inserito nella scaletta dei concerti di quest’anno. È la seconda nella set list, subito dopo Blasco Rossi. Ed è dedicata a Giorgia Meloni, visto che oggi è lei che chiede l’ordine e la disciplina citati nella canzone.
Lo ha detto ieri in un incontro al Corriere, dialogando col giornalista Andrea Laffranchi. «L’ho scritta 40 anni fa, ma oggi è molto attuale. Adesso è il momento di Giorgia che dice che ci vuole più ordine e disciplina, quindi la cito dal palco. La canzone era un’allegoria degli anni ’70, ma contiene concetti calzanti adesso che c’è questa direzione verso un certo tipo di autoritarismo e le libertà vengono derise. Il problema è questa derisione continua, tipica di quella che c’era negli anni ’20. Io vedo delle somiglianze notevoli».
Vasco ha anche parlato di droghe: «Non ho mai usato l’eroina, l’ho sempre detto. Conoscevo il pericolo. Le sostanze che ho usato le ho prese per fare di più quel che volevo fare, cioè scrivere canzoni e stare sveglio. Negli anni ’80 con le anfetamine ho preso il volo, ma ero sempre cosciente. Ho sempre usato le sostanze e non mi sono mai fatto usare da loro». In quel periodo «ero stato preso a capro espiatorio di tutti i problemi, ma non si può dire che tutta la droga è uguale. Mettere tutte le sostanze nello stesso calderone è da criminali».
In quanto alla «social setlist» dei concerti che terrà a Milano e Bari, ha spiegato che «significa sociale, non legata ai social. Farò una scaletta strong, che parli del momento drammatico che viviamo. Se a 20 anni mi avessero detto che saremmo arrivati a un mondo come questo, non ci avrei creduto, stiamo tornando indietro, è la situazione più distopica che si potesse creare».
A proposito del momento storico, «vedo dappertutto il trionfo di questo populismo, di questo raccontare balle continuamente, dove contano solo le fake news. Ci stanno rimbambendo e già prima lo eravamo un bel po’, ma adesso con i social la gente si è incattivita. La pandemia ha fatto esplodere questo delirio totale collettivo e io sono allibito».
Rossi è stato al centro di una di queste polemiche quando due mesi e mezzo fa ha detto al Corriere che si rifiutava di schierarsi «come se fosse una partita di calcio, Israele contro Palestina. Gli ebrei, dopo quello che hanno sofferto, hanno diritto a uno Stato. “Free Palestine” è un bello slogan, da anime belle: ma se implica la distruzione dello Stato di Israele, allora sarebbe più onesto dirlo. E alla distruzione di Israele io mi ribello» e che «questo ovviamente non mi impedisce di piangere le vittimi civili di Gaza e di criticare i bombardamenti di Netanyahu, che è una specie di fascista».
Ieri ha ribadito che «Netanyahu è un capo di governo criminale, non lo è tutta la popolazione, ma lui sta facendo cose non accettabili dal punto di vista umano. Ma al tempo stesso, non puoi dirmi che non posso ricordare l’Olocausto, perché non c’entra nulla». Quello che sta accadendo in Palestina «non è accettabile, ma secondo me la guerra dovrebbe diventare un tabù. Quando uno dichiara guerra, andrebbe messo subito in manicomio».
Vasco ha ricevuto anche la Pergamena di Milano dal sindaco Sala: «Io venivo da Modena, la prima volta che sono venuto mi sembrava di essere a New York. Ho vissuto questa città in tutti i sensi, pienamente. Ho anche trovato la mia anima gemella a Milano».