Doppio misto, Errani-Vavassori in finale agli US Open fanno la storia

11 giorni ago
Vavassori

Una specialità negletta e fascinosa per i due italiani. Errani ha vinto l'oro olimpico femminile con Paolini

C’era una volta il doppio misto. E improvvisamente, nella stagione d’oro del tennis tricolore, scopriamo non solo che esiste ancora ma che lotta assieme a noi. Perché stanotte Sara Errani e Andrea Vavassori hanno raggiunto la finale dell’US Open superando 6-3 7-5 il duo statunitense Tyra Grant-Aleksandar Kovacevic, entrati in tabellone da wild card. Nell’ultimo atto del torneo sfideranno domani gli altri americani Taylor Townsend e Donald Young e sarà la prima volta per un tandem tutto italiano in un torneo Slam.

A suo modo è un’impresa storica. Riuscita in passato a tre vecchie glorie nostrane, assistite però da partner di una diversa nazionalità: il barone triestino Uberto de Morpurgo a Wimbledon 1925 con la californiana Elizabeth Montague Ryan, nove titoli Slam nella specialità; Nicola Pietrangeli vincitore nel 1958 al Roland Garros assieme alla britannica Shirley Bloomer-Brasher; la faentina Raffaella Reggi — oggi brillante voce tecnica per Sky — che con lo spagnolo Sergio Casal conquistò gli US Open del 1986.

Erano i tempi dei fascinosi gesti bianchi, quando il doppio misto contava eccome. Tanto per dire: de Morpurgo e la pluridecorata compagna persero in finale contro i francesi Suzanne Lenglen e Jean Borotra, ovvero la Divina e uno dei leggendari Quattro Moschettieri. Scorrere l’albo d’oro degli Slam è aprire l’album in bianco e nero dei ricordi, ritrovando i campionissimi del cuore: alcuni continuiamo a vederli seduti in tribuna nei tornei major, testimoni dell’antica grandezza e numi tutelari di uno sport che onora i suoi miti anziché metterli in soffitta.

L’elenco è ricchissimo, dilata il piacere della memoria. Billy Tilden che firmava autografi solo con il cognome come la Garbo, il laburista Fred Perry, Maureen Connely prima donna a realizzare il Grande Slam nel ’53, Rod Laver il più grande di sempre, Ken Rosewall eterno secondo sull’erba di Church Road, la bellissima brasiliana Maria Bueno, la dominatrice australiana Margaret Smith Court, i gemelli diversi Tony Roche e John Newcombe, l’immortale Martina Navratilova e l’amica-rivale Chris Evert, che nel ’74 vinse a New York a fianco del fidanzato Jimmy Connors: per tutti erano la Golden Couple, finché il sodalizio si frantumò nella vita e sul campo. Giù giù passando da Ilie Nastase e John McEnroe per arrivare a Serena Williams: una sedicenne con le perline di plastica infilate nelle treccine, che sigillò il secolo breve in coppia con il formidabile doppista bielorusso Max Mirnyi.

La storia racconta le racchette di legno e gli attrezzi in metallo, un attimo prima che la fibra in carbonio rendesse supersonico il gioco del Duemila. In quel passaggio cruciale sta il confine tra il prima e il dopo, sottolineatura che non sminuisce affatto il viaggio comune di Errani e Vavassori. “Per me — dice la veterana Sara — è stato un anno pazzesco, già solo l’oro olimpico a Parigi con Jasmine (Paolini) è un successo incredibile. Sono contentissima di questa finale a New York”. Andrea le fa da spalla: “Merita di essere la portabandiera a Los Angeles. Se siamo arrivati fin qui è perché ci siamo trovati subito bene: in allenamento facciamo a gara con le volée, il servizio incrociato, la risposta. Lavoriamo con gioia. Sara possiede una conoscenza tattica superiore e ha la vitalità di una ragazzina”.

È per questo che i due si sono intesi: lottano insieme sostenendosi a vicenda. Il concetto vale per entrambi. Vavassori rivela: “È importantissimo avere accanto una compagna su cui puoi contare sempre, capace di darti energia quando attraversi un vuoto mentale. Penso di fare lo stesso per lei”. Errani ribadisce: “Vederlo come si muove a rete, la posizione che assume, i suoi tempi. Da lui ho imparato tanto”.

In un panorama sociale di coppie in crisi, fatto di troppi doppi mesti, il doppio misto offre  divertimento assicurato. Non è poco, anzi.

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