Venom: The Last Dance

3 ore ago

Quella che Kelly Marcel, co-sceneggiatrice di tutti e tre i Venom e ora anche regista al debutto dietro la macchina da presa con The Last Dance, dal 24 ottobre in sala con Sony Pictures, sembra aver messo in piedi è una commedia romantica. O una tragicommedia romantica, per dirla più precisamente. Peccato che il risultato lasci molto a desiderare.

Venom: The Last Dance - Figure 1
Foto cinematografo.it

Se parti da uno strumento non accordato, il suono non potrà ripulirsi all’ultima esibizione. Se inizi da uno spartito che mette insieme in malo modo le note, non riuscirai a non stonare all’ultima sinfonia. Se cominci da movimenti scoordinati, non ti salverà un’ultima coreografia rattoppata e riadattata troppe volte. Che è ciò che è successo alla terza (ed ultima) pellicola con protagonista Tom Hardy nei panni di Eddie Brock. Funzionale a chiudere non solo la trilogia con protagonista il simbionte fatto diventare (anti)eroe nella trasposizione da fumetto a schermo, ma anche tutto l’universo Marvel/Sony dei villain di Spider-Man senza Spider-Man, insieme a Kraven il Cacciatore in uscita a fine anno.

“2 gust is megl che uan” diceva un vecchio celebre slogan pubblicitario ma non è sempre vero che in due si sta meglio; a volte fa bene separarsi, che sia solamente per un periodo o per sempre. Kelly Marcel tratta a tutti gli effetti quest’ultimo passo a due come una romcom. C’è quindi la separazione, il ritrovamento, la lotta contro il tempo, il sacrificio. Non solo a livello di scrittura, alla quale manca una trama forte e uno sviluppo coerente e realistico pur se stiamo parlando di un alieno parassita, ma anche a livello di messa in scena. A questo si affianca una regia che riprende il botta e risposta tipico del genere e che prova a destrutturare e ricostruire a propria immagine e somiglianza i suoi archetipi, mal riuscendoci, e che nelle sequenze action manca di freschezza.

Venom: The Last Dance

Anche la colonna sonora sembra andare in quella direzione e sceglie una playlist invidiabile se fossimo stati nell’ultimo baluardo del genere romcom, in lenta risalita e riscoperta negli ultimi anni. Peccato che invece ci troviamo all’interno di un film sci-fi. Una sequenza musicale e danzante è particolarmente fuori fuoco in una pellicola che sembra procedere sempre col pilota automatico, testimoniando una mano poco convinta alla guida.

Il tema del doppio, predominante nei primi due capitoli, diventa a tutti gli effetti un matrimonio in crisi da salvare, prima di prendere consapevolezza della sua inevitabile fine. Per non parlare del villain (o pseudo tale) scelto per la pellicola, presentato con un lungo spiegone iniziale che sarà seguito da altre sequenze simili lungo il film. Si è preferito raccontare pigramente con un narratore fuoricampo poco coinvolgente, piuttosto che mostrare per immagini cercando di tenere alta l’attenzione dello spettatore, o almeno provarci.

Coi primi due capitoli almeno si (sor)rideva, qui neanche quello. Non si tratta nemmeno più di far diventare uno dei cattivi più orribili e sanguinolenti della Marvel Comics un (anti)eroe per famiglie che oramai di “anti” ha veramente poco – salva animali in gabbia, famiglie intere, non uccide i cavalli e adora ballare e cantare, oltre alla cioccolata. Qui si tratta proprio di andare oltre, verso il proverbiale salto dello squalo. Un film che bisognava realizzare per chiudere un capitolo, ma forse sarebbe stato meglio avere la consapevolezza di fare un passo indietro.

Nemmeno Tom Hardy sembra crederci fino in fondo, anzi sembra essere vittima proprio come il suo personaggio di un pesante dopo sbronza, da cui si potrebbe finalmente risvegliare quando si riaccendono le luci in sala. Lo sapete cosa si dice a volte dopo la fine di una relazione, soprattutto se si viene lasciati: “Come farò ad andare avanti senza di te?” In alcuni casi, invece, la rottura porta a qualcosa di meglio e si può tornare ad essere finalmente se stessi. Almeno sulla carta.

Leggi di più
Notizie simili
Le news più popolari della settimana