Il caso delle due acciaierie di Verona, quella ucraina (che chiude) e ...

16 Lug 2024

Le due fabbriche a poca distanza in provincia di Verona: Metinvest, quella ucraina, è praticamente chiusa; mentre Nlmk, quella dell'oligarca russo, è florida. Il ruolo dell'Europa

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Foto Corriere della Sera

In via Antonio Salieri 22 a Vallese di Oppeano (Verona), la produzione prosegue a pieno regime. In via Antonio Salieri 36 due capannoni più in là, è ferma. Al civico 22 lavorano 260 persone, secondo le informazioni dal sito dell’azienda. Al civico 36, sono in cassa integrazione 150 persone e l’azienda ha anticipato la «manutenzione ordinaria». Si ripuliscono gli impianti perché non vale la pena farli funzionare. Eppure sia al 22 che al 36 di via Salieri si fa lo stesso prodotto: lamiere e altri formati di acciaio. Ma fra le due fabbriche c’è una differenza persino più profonda dell’essere l’una chiusa e l’altra aperta.

Metinvest e Nlmk

Perché quella chiusa è della Metinvest, il gruppo ucraino proprietario della Azovstal di Mariupol e di altri impianti devastati o scippati con l’invasione da parte della Russia. L’acciaieria florida e funzionante invece è della Nlmk, uno dei quattro campioni nazionali russi dei metalli che sono alla base dell’apparato militare-industriale di Vladimir Putin. Così le conseguenze dell’aggressione della Russia all’Ucraina arrivano nel cuore di un distretto industriale del Nord-Est. E’ per il momento non è una storia a lieto fine, ma la dimostrazione di come dietro le prese di posizione ufficiali a volte in Europa si nasconda un profondo cinismo. O, almeno, di come il potere di lobby dei gruppi di pressione organizzati a volte sia più forte della linea politica ufficiale dei governi europei.

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Foto Corriere della Sera
La proprietà dell’acciaieria russa

Nlmk è proprietà di Vladimir Lisin, uno dei tre uomini più ricchi della Russia con un patrimonio stimato da Forbes in 26,6 miliardi di dollari: un magnate della logistica oltre che dell’acciaio, non proprio un nemico del regime. Al contrario, una figura strategica dell’economica di guerra organizzata da Vladimir Putin negli ultimi due anni e mezzo. Ed è vero che i suoi prodotti veronesi servono il mercato europeo, non la madre patria. Ma senza la collaborazione di aziende come Nlmk, la Russia non sarebbe in grado di produrre all’attuale ritmo i missili, i proiettili e i mezzi corrazzati che stanno devastando l’Ucraina. Proprio la guerra è la spiegazione principale del perché l’acciaieria russa di Verona funziona e quella ucraina no. Certo, in parte contano le condizioni difficili della manifattura italiana: il prezzo dell’energia elettrica più alto d’Europa contribuisce a far sì che la produzione industriale sia in calo da sedici mesi e ormai molte fonderie del Paese ricorrano ormai alla cassa integrazione.

Nessuna sanzione 

Ma Nlmk gode di condizioni particolari. Non solo l’Europa non ha mai messo Lisin sotto sanzioni. Anche le sanzioni sull’acciaio semilavorato russo, dal quale a Verona si ricavano le lamiere, prima sono state decise (nel 2022, a valere dal settembre di quest’anno) e poi sono state silenziosamente rimosse a Bruxelles: nel dicembre scorso, l’uscita dal mercato dell’acciaio russo è stata rinviata di altri quattro anni. Questo è stato un passaggio decisivo, benché tenuto in ombra nelle comunicazioni ufficiali. Nell’ottavo pacchetto di sanzioni alla Russia, nell’ottobre del 2022, si è deciso che l’Unione europea avrebbe chiuso progressivamente alle bramme prodotte in Russia fino a impedire del tutto l’accesso dopo il settembre del 2024 (le bramme sono blocchi di acciaio semilavorato dai quali le acciaierie ricavano il materiale nelle strutture desiderate). Ma quella decisione è stata, in maniera un po’ carbonara, rovesciata. Nel dodicesimo pacchetto di sanzioni, del dicembre del 2023 , l’Unione europea all’unanimità dei governi ha di fatto rimosso le sanzioni sulle bramme russe, rinviandole: ora la loro uscita dal mercato europeo è fissata fra quattro anni e non più fra due mesi.

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Foto Corriere della Sera
I costi

E poiché l’acciaio russo costa il 12% in meno di quello internazionale, in via Salieri a Vallese di Oppeano Nlmk ha un vantaggio competitivo e Metinvest - che ovviamente non usa acciaio russo - va in difficoltà. Così l’acciaieria italiana del signore dell’apparato militare-industriale di Putin funziona perfettamente. E quella del Paese aggredito, che lavora su materia prima dai costi internazionali e non su quelli più vantaggiosi della Russia, è costretta a mettere il personale in cassa integrazione. In provincia di Verona, a due isolati di distanza l’una dall’altra.

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