È morto Vittorio Emanuele di Savoia. Quando diceva: «Io re ...

3 Feb 2024
Vittorio Emanuele di Savoia

di Enrica Roddolo

È morto Vittorio Emanuele di Savoia, figlio di Umberto II, l’ultimo re d’Italia, e di Maria José: l’ultimo erede al trono d’Italia aveva 86 anni. La vita con marina Doria, il caso Hamer, il rientro

È morto Vittorio Emanuele di Savoia, figlio di Umberto II, l’ultimo re d’Italia, e di Maria José. Avrebbe compiuto 87 anni il 12 febbraio: è stato l’ultimo erede al trono d’Italia.

Una vita nella Storia , forse suo malgrado, che si è spenta all’alba di oggi. «Alle ore 7.05 di questa mattina, 3 Febbraio 2024, Sua Altezza Reale Vittorio Emanuele, Duca di Savoia e Principe di Napoli, circondato dalla Sua famiglia, si è serenamente spento in Ginevra», annuncia la famiglia Savoia. Una vita, un nome – Savoia – forse più grandi di lui.

Una vita spesa quasi interamente da esule. Rimpianti per non essere stato re, dopo suo padre Umberto II? «No, rimpiango solo di non essere cresciuto in Italia», ci aveva detto con voce rotta che tradiva un reale dolore.

Il viatico per tornare in Italia era arrivato sul finire degli anni ’90, nel 1998, una battaglia lunga un vita per il figlio del re di maggio. Umberto che con la reina Maria José al suo fianco fu l’ultimo sovrano Savoia in Italia. Una vita, quella di Vittorio Emanuele, passata per il mondo – la vita a Ginevra, il matrimonio con Marina Doria, borghese e campionessa di sci d’acqua nata a Genova. Nozze sì ma a Teheran.

E poi il mondo percorso da uomo d’affari, non certo come re il destino per il quale era nato nel 1937. E quando nel 1998 la tredicesima disposizione della Costituzione che vietava il rientro in patria a Vittorio Emanuele decadde, alla fine decise di continuare a dividersi tra Ginevra e il mondo. Pochi anni fa la decisione più coraggiosa: cambiare le leggi millenarie di casa Savoia: e aprire alla discendenza femminile visto che Emanuele Filiberto ha figlie femmine. Vittorio Emanuele, figlio di Umberto II che lasciò l’Italia dopo il referendum Monarchia-Repubblica, spiegò al Corriere che la decisione era stata «meditata e non frutto di particolari circostanze o urgenze, la società va verso la parità tra i sessi e la stragrande maggioranza delle case reali sono andate in questa direzione».

L’errore, invece che peserà sul suo nome, quello delle leggi razziali. «Riconosco l’errore della contro-firma di Vittorio Emanuele su quelle leggi, che non erano sue, ma volute dal governo Mussolini — ammise il principe quando gli chiedemmo conto di quelle leggi —. E il primo atto come erede di Casa Savoia quando tornai nel 2002 è stato una lettera di condanna di quelle leggi indirizzata al Rabbino di Roma». Filiberto di Savoia, il figlio e ora guida di Casa Savoia, ci disse di aver capito di essere l’erede sin da piccolo. Quando ebbe la consapevolezza del destino che gravava sul suo capo principe? «Avevo 5-6 anni, vennero a Ginevra dei monarchici e quando presero il pulmino per tornare in Italia io ingenuamente dissi “salgo anch’io”. Mi dissero che no, io non potevo andare in Italia».

Il padre Vittorio Emanuele spentosi oggi ci aveva invece detto di ricordare invece la sua infanzia da bambino destinato a regnare: era nato nel 1937 quando in Italia c’era la monarchia, sul trono sedeva suo nonno Vittorio Emanuele III. «Ricordo da bambino che c’era la guerra, ero in Svizzera con mamma, Hitler aveva un piano per rapirmi. Sentivamo le notizie dalla radio... infine l’esilio durato 57 anni».

E a proposito di donne, Marina Doria sposata religiosamente a Teheran nel 1971 e l’anno prima con un sì a Las Vegas, è stata la donna della sua vita. Un vero amore, nonostante qualche malumore tra i monarchici all’inizio per quella ragazza bellissima, brillante, intelligente – intelligenza che metterà negli anni al fianco di Vittorio Emanuele – ma con poco sangue blu nelle vene. Un amore solido che ha accompagnato l’erede Savoia fino alla fine. Nelle difficoltà – come il caso dell’incidente sull’isola di Cavallo che rimase pere sempre un dolore nel cuore del principe che mai regnerà – e nelle baruffe in famiglia. Perché anche gestire i rapporti tra i tanti rami della famiglia Savoia dopo l’esilio non è stato un compito facile per il bambino nato per diventare re e spentosi oggi a Ginevra dove ha invece trascorso quasi tutta la sua vita.

Anche quando tornarono in Italia le salme della regina Elena e di Vittorio Emanuele III, il nipote Vittorio Emanuele ci disse: «Questa sepoltura nel Cuneese tradisce la volontà dell’ultimo re d’Italia, Umberto II, mio padre. Mi dice-va: “Vittorio, quando le salme della regina Elena e di Vittorio Emanuele III potranno tornare, disponi che siano tumulate al Pantheon dove riposano tutti i principi di casa Savoia che hanno regnato. E quando toccherà a me, anch’io e Maria José dovremo riposare al Pantheon”».

Vittorio Emanuele, all’epoca 80 anni, provato da una doppia rottura del femore «che mi costringe al bastone», ci parlò da Ginevra ribadendo la sua amarezza. Dopo 70 anni è finito l’esilio delle spoglie dei due sovrani, eppure il principe non era felice. «L’ho appreso dalla tv che nonna Elena era tornata in Italia — si lamentò —. Mia sorella Maria Gabriella mi ha tenuto all’oscuro di tutto, e dire che due giorni prima era a pranzo a casa mia e non mi ha detto una sola parola di questo piano. Sono addolorato». Poi però l’erede del casato era andato a Vicoforte per gli onori alle sepolture dei re. «Ma spero ancora che dal Piemonte si possano poi traslare a Roma al Pantheon».

Fratture (tante in famiglia nel corso di una vita in esilio) e tante riconciliazioni anche. Con la sorella Maria Gabriella ma anche con il ramo degli Aosta. Una famiglia complessa, con un’eredità importante e pesante. L’eredità dei re d’Italia che riunificarono il Paese sotto la bandiera sabauda, e lo lasciarono ostaggio della guerra più dolorosa del Novecento.

L’annuncio in una nota della Real Casa di Savoia aggiunge che il luogo e data delle esequie saranno comunicati appena possibile».

Il principe Vittorio Emanuele di Savoia, nato a Napoli il 12 febbraio 1937, era figlio dell’ultimo re d’Italia Umberto II e di Maria José. Era sposato con Marina Doria, da cui ha avuto un figlio, Emanuele Filiberto.

Pretendente al trono d’Italia, per anni in disputa con la linea dinastica di Aimone di Savoia-Aosta, Vittorio Emanuele di Savoia, è stato una personalità controversa, segnata dalla vicenda dell’omicidio di Dirk Hamer sull’isola di Cavallo nel 1978, che cambiò per sempre la sua vita. Il suo nome completo è Vittorio Emanuele Alberto Carlo Teodoro Umberto Bonifacio Amedeo Damiano Bernardino Gennaro Maria e alla sua nascita venne subito acclamato come «il principe dell’Impero» allora da poco proclamato dal regime fascista. Vittorio Emanuele ricevette il titolo di principe di Napoli insieme a quello storico di principe di Piemonte. Suo padre Umberto II aveva intenzione di abdicare per renderlo re ma il 2 giugno 1946, il referendum istituzionale che dette agli italiani l’opportunità di scegliere tra monarchia e repubblica, fece cadere, al contrario delle convinzioni dei Savoia, la sua possibilità di salire al trono.

Il 12 e 13 giugno del 1946 il governo conferì i poteri dello Stato al presidente del Consiglio Alcide De Gasperi e dall’entrata in vigore della Costituzione repubblicana, il 1 gennaio 1948, venne stabilito che i discendenti maschi della famiglia Savoia sarebbero dovuti andare in esilio con divieto di ingresso in Italia. Così, i Savoia, andarono via dal Paese e restarono in esilio tra la Svizzera, la Francia e la Corsica fino alla fine del 2002 quando poterono tornare in Italia in seguito all’abolizione della norma costituzionale che obbligava gli eredi maschi di casa Savoia all’esilio.. Nel 2002, con un comunicato emesso da Ginevra, prese ufficialmente le distanze dalle leggi razziali, per la prima volta nella storia di casa Savoia. Sempre nel 2002 furono pubblicate dichiarazioni in cui accettava la fine della monarchia: insieme con il figlio giurò per iscritto e senza condizioni fedeltà alla Costituzione repubblicana e al presidente della Repubblica, rinunciando in tal modo esplicitamente a qualunque pretesa dinastica sullo Stato italiano.

Nel 2007 Vittorio Emanuele chiese il risarcimento allo Stato italiano di 260 milioni di euro per l’esilio e la restituzione dei beni confiscati nel 1948. Nel 2022 ha chiesto, invece, la restituzione dei gioielli di famiglia, che sono custoditi da tempo nei forzieri della Banca d’Italia.

Il capitolo della rivendicazione dei gioielli di Casa Savoia merita un capitolo a sè: custoditi dalla guerra nei caveau della banca d’Italia non sono mia stati esposti (oltreché mai restituiti) e questo era il grande cruccio dei Savoia.

Vittorio Emanuele è stato al centro di diversi scandali e molte accuse. Negli anni ‘70 venne indagato per traffico internazionale di armi in alcuni paesi mediorientali che erano sotto embargo. L’indagine finì con un’archiviazione. Vittorio Emanuele era intermediario d’affari per conto della Agusta e, grazie all’amicizia con lo scià di Persia Reza Pahlavi, proprio in quegli anni si era occupato della compravendite di elicotteri tra l’Italia, l’Iran e altri paesi arabi. Il 18 agosto 1978 venne accusato di omicidio per aver sparato al giovane tedesco Dirk Hamer, 19 anni, nell’isola di Cavallo in Corsica. L’ipotesi d’accusa di omicidio volontario, sulla base della quale fu in seguito arrestato, cadde nel novembre del 1991 quando fu prosciolto dalla Camera d’accusa parigina e condannato a 6 mesi con la condizionale per porto abusivo d’arma da fuoco, «fuori dalla propria abitazione». Il 21 giugno 2006, durante la sua detenzione nel carcere di Potenza, una microspia ha intercettato una sua conversazione in cui ammetteva di aver sparato il colpo alla gamba, vantandosi di essere uscito vittorioso dalla vicenda. Il contenuto della conversazione fu divulgato poco tempo dopo dalla stampa.

Come molte personalità della classe dirigente italiana, Vittorio Emanuele risultò iscritto alla loggia massonica P2 di Licio Gelli con la tessera numero 1.621. Tra gli altri guai dell’erede Savoia, il 16 giugno 2006 su ordine del Gip del Tribunale di Potenza, su richiesta del pubblico ministero Henry John Woodcock nell’ambito dell’inchiesta Vallettopoli, venne l’arrestato con le accuse di associazione a delinquere finalizzata alla corruzione e al falso, e associazione a delinquere finalizzata allo sfruttamento della prostituzione nell’ambito di un’indagine legata al casinò di Campione d’Italia. Dopo una lunga vicenda giudiziaria è stato assolto da ogni accusa. Il 23 febbraio 2015 Vittorio Emanuele di Savoia ha ottenuto un risarcimento di 40.000 euro per i giorni trascorsi in cella da innocente.

Articolo in aggiornamento...


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3 febbraio 2024 (modifica il 3 febbraio 2024 | 12:57)

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