Perché Wicked è molto più importante di quel che credi
L’Italia non è un paese per musical. Da noi non incassano, non ci interessano granché e quindi li conosciamo poco. Wicked è un grandissimo successo nel mondo dei musical. Messo in scena per la prima volta nel 2003, ora è diventato un film (già in sala da questa settimana) con tempi e modi da musical. Cioè Wicked dura 2 ore e 40 ed è solo la “part 1”. A novembre uscirà la “Part 2”. Come è successo con Dune. E come per Dune è una grandissima epica che fa da prequel a Il mago di Oz e racconta la formazione della Strega cattiva dell’Ovest (The Wicked Witch of the West), la quale non era in realtà nata cattiva (sorpresa!) ma ci è diventata per quello che le è successo. È la classica storia che il cinema racconta in questi anni ma, come detto, in realtà nasce prima di tutte le altre nel 2003 e ha influenzato le altre.
La recensione di WickedLa trama segue la strega, nata verde in un mondo in cui nessuno ha la pelle verde, messa ai margini e trattata come una diversa, arrivata al college per le sue doti spiccate nel settore della magia (in cui sembra superiore a tutti anche se non la controlla bene) e subito reclutata dall’insegnante di stregoneria. Fino a qui è Harry Potter, cioè c’è un mondo di maghi in una scuola in cui si abita e mangia e si sta insieme con conseguenti amori, ci sono rapporti con insegnanti e qualcosa di oscuro che si muove nell’ombra. Nella scuola infatti insegnano anche animali parlanti che sono però osteggiati da tutti, discriminati e molti ritengono che proprio non dovrebbero avere diritto di parlare. Gli animali parlanti sono l’allegoria degli ebrei sotto il nazismo e la protagonista (il cui nome di battesimo è Elphaba) è l’unica che li difende. Poi ci sarà il mago di Oz, la città di smeraldo, le scimmie volanti e tutta l’origine di quello che conosciamo da Il mago di Oz. Questo però è il cuore.
Il film che ne ha tratto Jon M. Chu riprende tutto del musical a partire, ovviamente, dai numeri musicali e si spende tantissimo nella costruzione di scenografie, nella messa in scena di costumi e trucco che creino il mondo di Oz. Eppure, nonostante il grandissimo ed evidente sforzo, il risultato è incredibilmente scarico di energia. Per essere un musical c’è pochissima voglia di cantare e ballare (ma molti numeri musicali), c’è poca eccitazione musicale, poca esagerazione e invece una strana forma di understatement (sempre per i barocchi standard del musical, sia chiaro!). Questa è una storia che ha al centro il concetto stesso di passione, ma ne è totalmente priva. È una storia di amicizia e amori adolescenziali in cui però la cosa che più ci si affanno a mostrare sono le piccole scaramucce e le antipatie, invece che le passioni.
Un punto molto importante di questo musical con grandissima coscienza sociale, uno anche più cruciale del razzismo e della marginalizzazione dei diversi, è infatti il grande potere che c’è dentro le ragazze e che la società le spinge a reprimere. È un’idea che il cinema ha conosciuto nel 2013 con Frozen e che ha determinato una buona parte della capacità di quel film di incidere (è ad oggi il più grande successo della Disney). Ma nasce in Wicked. In entrambe le storie la protagonista ha un potere (e quindi un potenziale) dentro di sé che deve a tutti i costi reprimere, perché non lo sa gestire e quindi può fare guai o danneggiare chi le sta vicino. Questo potere è legato ai sentimenti e alle emozioni, più queste crescono più si manifesta, ragion per cui vive reprimendole (il titolo stesso di Frozen, rimanda a quello, al raffreddamento dell’emotività). Non ci vuole molto a capire che è la maniera in cui la società chiede alle donne di conformarsi e non “essere emotive”, frenando il loro potenziale di realizzazione. E del resto, come in Frozen, la scena clou è quella in cui la protagonista libera il suo potenziale senza freni, realizzando che solo così è pienamente se stessa e non deve più trattenersi. Ma nel farlo si isola dagli altri. La stessa scena in entrambe le storie..
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Alla stessa maniera viene da Wicked anche un’altra idea che è stata cruciale per la Disney, e cioè che la società etichetta i diversi come cattivi e questi alla fine, proprio per questa ragione, finiscono per diventarlo. È il tema di Maleficent (altro cattivo delle favole diventato protagonista) ma anche di Zootropolis (dalla stessa autrice di Frozen), ed è il fulcro di Wicked. La strega cattiva non ha niente di cattivo, ma quanto a lungo una persona può essere discriminata, maltrattata e poco considerata prima di decidere davvero di mettersi contro tutto il mondo? E come chiamiamo quelli che si mettono contro gli altri? Cattivi. Ovviamente il film è chiaro nel far vedere che i veri cattivi sono in realtà i conformisti che si spacciano per buoni, che si riempiono di parole di tolleranza ma in realtà emarginano, così che quando la protagonista esplode in tutto il suo odio per loro noi siamo dalla sua parte e ci ricordiamo quanto in una parte del mondo odino l’Occidente, quanto le persone più marginalizzate odino il resto della società benestante e, più in generale, che chi ci odia forse è stato portato a odiarci.
Questo intreccio e questo tipo di personaggio, grazie al successo di Frozen nel 2013, ha influenzato moltissimo l’arrivo di molti più film con protagoniste donne e molte più storie che parlano dell’essere donna in un mondo di uomini. A Wicked va tutto il merito di aver iniziato a farlo. Eppure è difficile non vedere che questo musical con Jeff Goldblum nei panni di Oz e Michelle Yeoh in quelli dell’insegnante di stregoneria, con Ariana Grande e Cynthia Erivo nelle parti principali, è scarico di vis polemica e arriva ultimo, benché su una strada che ha aperto. Anche tutto l'aspetto, cruciale in una saga, di world building, cioè di creazione di un universo narrativo ampio in cui poter magari ambientare anche altre storie in futuro, è ben poco originale, almeno per gli standard moderni di world building (lo fanno tutti, quindi per distinguersi bisogna proprio essere originali). Il mondo di Oz come si vede in Wicked è la copia della copia della copia.
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Senza contare che questo film tratto da un musical vuole essere adulto, vuole affrontare temi importanti e raccontare storie complicate, anche un triangolo sentimentale in cui non è per forza chiarissimo chi sia attratto da chi e quali siano i ruoli, ma adulto non lo è mai realmente. È una storia semplice e ahimè già vista che non ha nemmeno un impatto maggiore dei suoi cloni. E l’unica parte che suona veramente veramente originale è l’amicizia tra le due protagoniste (le future strega cattiva e fata buona). Si odiano e poi stringono un legame benché abbiano punti di vista sulla società diversi, la fata buona che parte come una pessima, migliora lungo il film ma come molti altri personaggi rimane legatissima al consenso per quello che la politica e il suo mondo vuole fare. Nessuno, nemmeno gli amici della protagonista, condivide la sua medesima voglia di cambiare le cose né il suo senso di giustizia. Insomma anche i personaggi che il film, da un certo punto in poi, presenta come positivi alla fine bene o male appoggiano i metodi nazisti, per convenienza, per pigrizia e perché alla fine della fiera, effettivamente, non gli importa niente di chi sta peggio di loro. Che è più o meno quello che accade nel mondo reale.
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Nasce a Roma nel 1981, fatica a vivere fino a che non inizia a fare il critico nell'epoca d'oro dei blog. Inizia a lavorare pagato sul finire degli anni '00 e alterna critica a giornalismo da freelance per diverse testate. Dal 2009 al 2012 è stato selezionatore della sezione Extra della Festa del cinema di Roma, poi programmatore e per un anno anche co-direttore del Festival di Taormina. Dal 2015 è corrispondente dall'Italia per la testata britannica Screen International. È docente del master di critica giornalistica dell'Accademia d'arte drammatica Silvio D'Amico, ha pubblicato con UTET un libro intervista a Gabriele Muccino intitolato La vita addosso e con Bietti un pamphlet dal titolo "Odio il cinema italiano". Vanta innumerevoli minacce da alcuni dei più titolati registi italiani. Linkedin:https://it.linkedin.com/in/gniola/it Letterboxd: https://letterboxd.com/gniola/