Matteo Falcinelli, la lite, l'arresto, le violenze dopo ore in carcere a ...

13 giorni ago
Matteo Falcinelli

diFulvio Fiano

Lo studente italiano in Florida e le nuove immagini choc. La polizia di Miami apre un’indagine

 «Non ho fatto nulla di male, perché legarmi così?», ripete ancora oggi con l’animo a pezzi Matteo Falcinelli a chi gli sta vicino. «L’hanno fatto a freddo, io avevo solo chiesto di riavere quello che era mio». La diffusione del video del suo arresto, dopo quello (successivo in ordine cronologico) in cui viene legato con mani e piedi dietro la schiena con delle cinghie e lasciato a terra per 13 minuti in una camera di sicurezza della stazione di polizia di North Miami Beach, rafforza la sua incredulità. E mentre la Farnesina si attiva a tutela del 25enne, la stessa polizia di Miami avvia un’indagine interna su quanto accaduto nella notte tra il 24 e il 25 febbraio scorsi.

I telefoni spariti
Tutto comincia quando lo studente della Florida International University entra nel Dean’s Gold di Biscayne, un locale di spogliarelliste. Si ferma a bere finché scopre di non avere più i suoi due telefoni. Comincia a cercarli nel locale e discute con i gestori. Viene chiamata la polizia ed è qui che c’è la prima testimonianza video della bodycam di uno degli agenti. Falcinelli parla con lui, non è del tutto lucido ma non è aggressivo e anzi sembra voler far ragionare il poliziotto: «Loro hanno i miei telefoni, li rivoglio», ripete più volte. L’agente resta a distanza ma non dà peso alle sue parole, invitandolo ad andare via. Lo avvisa che se dovesse toccarlo, verrà arrestato. «Ho i miei diritti», rivendica Falcinelli, e con un dito gli sfiora il distintivo sul petto, dicendo di voler leggere il nome che c’è sopra. La reazione è subito violenta. Matteo viene afferrato e messo a terra ma non si divincola, anzi, spiega: «Non faccio resistenza, non c’è bisogno (di arrestarmi, ndr). C’mon, andiamo, guardami... ascoltami...». Come a dire: state esagerando, anche perché sono almeno sei gli agenti intorno a lui. Mentre gli viene praticata la manovra di immobilizzazione con un ginocchio sulla nuca schiacciata a terra (quella che provocò la morte di George Floyd, rinfocolando il movimento Black Lives Matter), arriva un buttafuori a consegnare i telefoni. Basterebbe forse questo a chiudere l’equivoco ma l’agente li mette in auto insieme ad altri oggetti del ragazzo, che viene portato via. L’audio della bodycam viene intanto spento, gli agenti sembrano accordarsi su una versione da scrivere nel rapporto e l’arresto viene motivato con resistenza, oltraggio e violazione di domicilio (il tentativo di rientrare nel locale).


Brutalizzato
Il secondo video è quello in cella. Sono passate ore, Falcinelli è scalzo, viene circondato da quattro agenti che lo legano con la tecnica dell’Hotgie restraint, mani e piedi, fino quasi a farlo soffocare: «Ti avevamo avvertito», gli dicono, ma ancora una volta la sproporzione fisica, il contesto, l’atteggiamento del 25enne in nessun modo giustificano (ammesso che sia possibile) questo uso della forza contro di lui. Respira a fatica, li prega di smettere, urla dal dolore. «Please, please, please» è la sua invocazione.


Accuse cadute
Falcinelli esce di prigione grazie ai 4.000 dollari di cauzione pagati dai compagni di università, che risalgono al suo arresto dopo lunghe ricerche preoccupate, e finisce in ospedale per le ferite e per il quadro psicologico devastato. Nel reparto di psichiatria — perché è a rischio suicidio — viene raggiunto dalla madre e dal fratello che ancora oggi sono con lui. A metà aprile, davanti al giudice, le accuse cadono con l’equivalente di una «messa alla prova» del nostro ordinamento e gli agenti neanche si presentano a testimoniare. Al legale reperito sul posto viene ora affiancato anche l’avvocato Francesco Maresca (noto per aver difeso Meredith Kercher) che forse già oggi porterà il caso all’attenzione della Procura di Roma, competente per gli italiani all’estero. Matteo è di fatto libero e l’obiettivo più immediato è farlo tornare in Italia senza pendenze giudiziarie. L’ambasciata ha già inviato una segnalazione al dipartimento di Stato della Florida per assicurarsi che tutto avvenga nel rispetto delle procedure ma senza alzare ulteriormente la temperatura. «Sopravvivendo alla tortura ho vinto la partita più importante. Forse la mia esperienza di calciatore mi ha aiutato psicologicamente, altrimenti non so se ce l’avrei fatta», ragiona Matteo, che prima di andare in Florida ha giocato nelle serie minori umbre.

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5 maggio 2024

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