L'aeroporto di Buenos Aires - .
Una coppia italiana, la ricerca di un figlio ad ogni costo, un’organizzazione criminale che avrebbe sede negli Stati Uniti capace di reclutare in tutto il mondo povere donne per costringerle a mettere al mondo un bambino dietro compenso, la polizia argentina che dopo un’indagine durata un anno riesce a sventare l’iniquo traffico mentre un aereo, a mezzanotte, sta lasciando il Paese sudamericano diretto a Parigi. Sembra il copione di un thriller e invece è realtà. Una prova agghiacciante di quello che succederebbe se la gestazione per altri fosse lasciata in mano alle organizzazioni che tirano le fila di quell’orrendo mercato dei bambini e dei gameti, purtroppo floridissimo in tanti Paesi.
Alcuni particolari della vicenda sono ancora in corso di accertamento ma, secondo quanto riferito dalle autorità di Buenos Aires ai media argentini, non sembrano più esserci dubbi su quanto capitato. A pochi giorni dall’approvazione della legge che rende la maternità surrogata “reato universale” una coppia di italiani, un oncologo di Padova e il suo compagno, sono stati fermati dalla polizia all'aeroporto di Buenos Aires mentre cercavano di salire a bordo di un aereo diretto a Parigi. Con loro una donna di 28 anni e una neonata che, come poi si è accertato, è stata partorita nella “Clinica svizzera-argentina” di Buenos Aires, il 10 ottobre scorso dietro compenso.
I funzionari argentini dell’immigrazione hanno fatto scattare l’allarme mercoledì scorso, quando una ragazza si è presentata agli sportelli con un uomo italiano. Chiedeva di firmare un’autorizzazione per consentire all’uomo di viaggiare da solo con il “loro” bambino. Una richiesta sospetta nonostante i documenti, all’apparenza in regola, riferissero che erano proprio i genitori della minore. Ma qualcosa non quadrava. Non solo per la grande differenza di età tra i due, ma perché l’uomo risultava essere stato in Argentina una sola volta, nell’agosto del 2023, mentre la ragazza, residente alla periferia di Rosario, non aveva mai lasciato il Paese. Inoltre, la coppia aveva già tentato di ottenere il via libera in un altro aeroporto. Così i funzionari dell'immigrazione hanno contattato il tribunale federale e il giudice ha chiesto l'apertura di un'indagine penale per tratta di esseri umani, vendita di bambini o appropriazione di minori.
Due giorni dopo, di fronte al rischio di essere nuovamente respinti, i due italiani e la ragazza hanno tentato una strada diversa. Partire tutti insieme per l’Italia facendo scalo a Parigi. Il volo dell'Air France sarebbe partito pochi minuti prima della mezzanotte di venerdì scorso. Ma la polizia aveva ormai diramato l’allerta e sono stati fermati all’imbarco con il divieto di lasciare il Paese. Gli inquirenti hanno dichiarato di avere elementi sufficienti per ritenere che si tratti di un caso di maternità surrogata dietro compenso economico, reato perseguito anche in Argentina dove però è ammessa la cosiddetta “gestazione altruistica”.
Secondo i magistrati la ragazza avrebbe accettato la gravidanza perché in pessime condizioni economiche, senza lavoro, e perché sta crescendo da sola un’altra figlia minorenne. «Una situazione di estrema vulnerabilità» ha detto un funzionario che conosce il caso e ha riferito che già in un’altra occasione la poveretta sarebbe stata costretta a vendere gli ovuli. La giustizia argentina sta indagando su altri casi di maternità surrogata che sarebbero gestiti da una organizzazione criminale con sede negli Stati Uniti. Le trattative avverrebbero su Facebook, attraverso “messaggi a tempo”. Gli intermediari si sarebbero occupati dei test clinici e delle cure e avrebbero stipulato un'assicurazione medica per circa un anno, affittando per la donna un appartamento nel ricco quartiere di Recoleta, nella capitale argentina, fino alla data del parto. Poi la banda si sarebbe incaricata di far giungere le indicazioni per il “ritiro” del bambino. La tariffa pattuita circa 10mila euro, di cui alla madre sarebbe andata la metà.
Al momento la coppia italiana non può lasciare l’Argentina, ma cosa rischia quando rientrerà in Italia? La norma sul “reato universale” non è ancora stata pubblicata in Gazzetta ufficiale, e quindi non è in vigore. In ogni caso, spiega l’avvocata Susanna Lollini, esperta di diritto di famiglia, non potrebbe esprimere i suoi effetti retroattivamente, essendo la bambina venuta alla luce il 10 ottobre scorso. Inoltre la coppia italiana è stata fermata dalle autorità argentine non perché abbia commesso qualche reato nel Paese, ma perché la polizia sta indagando sull'organizzazione che sfrutta donne in difficoltà per trovare madri disposte alla gestazione per altri. In ogni caso i due potrebbero rischiare di finire indagati, probabilmente né arrestati, né fermati, essendo la maternità surrogata un reato al momento punito in Italia con una pena massima di due anni.
Sullo sfondo desolazione e vittime, a vario titolo. La vittima più evidente è la piccola, perché incolpevole e perché destinata a portare per sempre il peso delle circostanze in cui è venuta al mondo. Di lei si dovrà occupare il sistema di tutela dei minori con tutte le incognite e i pericoli del caso. Vittima della povertà e dell'ignoranza è anche la ragazza di 28 anni che ha accettato una gravidanza dietro compenso. Una condizione che si ritrova nella maggior parte dei casi di "surrogata", al di là del mito chiamato "gestazione solidale", utile forse a tacitare la coscienza.
E infine vittime, da un altro punto di vista, ma sempre tali, anche i due italiani convinti che per soddisfare il loro desiderio di paternità sarebbe stato sufficiente "acquistare" a tempo determinato il corpo di una donna disponibile, perché povera e disperata, a mettere al mondo un figlio su commissione. Possibile che nessuno abbia spiegato loro che il bisogno di genitorialità non può trovare risposte degne con decisioni pesantemente segnate dall'ingiustizia, dalla violenza, dal sopruso, da una condizione economica vantaggiosa che, costringendo una donna a diventare oggetto di commercio, si trasforma nella più squallida e inumana prevaricazione? Se due persone adulte e consapevoli, soprattutto se legate da un rapporto affettivo, si convincono che la strada dell'utero in affitto, nonostante tutti i pesantissimi nodi morali e penali che lo segnano in modo indelebile, può essere comunque percorsa, non si possono chiamare in nessun altro modo se non vittime di una "cultura" adultocentrica secondo cui il figlio è un diritto da conquistare ad ogni costo, ad ogni prezzo, anche calpestando rispetto, dignità e umanità. Anche perché ci sono tante altre strade, nobili e ricche di senso, al di là della filiazione biologica, per sentirsi pienamente e rispettosamente padri.