Challengers: la recensione del film di Guadagnino con Zendaya

7 giorni ago
Challengers

Quando ero un ragazzino che prendeva lezioni di tennis, non avrei mai immaginato che, continuando a praticare questo sport (se fossi stato bravo), un giorno avrei potuto vivere anch'io gli intrecci sexy raccontati da Challengers di Luca Guadagnino (nelle sale il 26 aprile). Chi avrebbe mai pensato che un gioco tanto solitario potesse diventare il tramite per un'avventura relazionale carica di erotismo?

Challengers, scritto da Justin Kuritzkes, è una sorta di fantasia potenziata in cui il rigoroso lavoro di un atleta professionista è, quasi a ogni passo, amabilmente compensato da una languida aria di possibilità estiva. Ovviamente non mancano grinta, rabbia e ogni tipo di invidia professionale, ma la tensione viene facilmente spezzata da una conversazione veloce, da un flirt brioso. Queste macchine d'élite lavorano sodo, ma si divertono anche molto. E di conseguenza anche noi.

Per un po' il film salta nel tempo, utilizzando come cornice una concitata partita di tennis del 2016 tra la stella del tennis Art (Mike Faist) e lo sfortunato Patrick (Josh O'Connor). Si tratta di un torneo di poco conto, ma la posta in gioco sembra terribilmente alta per i due sfidanti. Challengers torna poi ai giorni della giovinezza dei due avversari per spiegare perché è tutto così importante. Gli anni dell'adolescenza e del collegio di Art e Patrick sono il momento più affascinante del film, un cocktail inebriante di sesso e capacità d'intrattenimento. Si apprezza anche l'aura da star nascenti del cinema dei protagonisti che appare decisamente speciale e rara in quest'epoca di cinema pop privo di spessore e carattere.

Mike Faist e Zendaya in una scena di Challengers di Luca Guadagnino, nelle sale dal 24 aprile.

Niko Tavernise

Art e Patrick sono amici d'infanzia e hanno frequentato insieme una prestigiosa accademia di tennis. A metà degli anni '80, stanno per diplomarsi e andare al college (Art) o diventare professionisti (Patrick) e sono impegnati insieme nel torneo di doppio degli US Open riservato agli juniores. È lì che incrociano lo sguardo di Tashi (Zendaya), vero fenomeno che sta per diventare una grande star. I ragazzi le rivolgono la parola a una festa e riescono a conquistarla, nonostante le loro goffaggini, al punto che lei accetta di proseguire la serata insieme a loro. In una fumosa stanza d'albergo cosparsa di lattine di birra, prende vita un mènage a trois.

O qualcosa che gli somiglia. Guadanigno regala allo spettatore questa scena di seduzione (nella quale non c'è mai alcun dubbio sul fatto che a comandare sia Tashi) con una verve omoerotica (o panerotica?) vertiginosa. Tutto scorre sciolto e giocoso, ma sotto la superficie c'è molta serietà. Assistiamo a un passaggio cruciale di un'amicizia; forse sarebbe meglio per tutti fermarsi, per non complicare le cose in questo modo. Ma al posto di guida non c'è più la mente razionale. Tashi è interessata a questi ragazzi per sé stessa, ma li stuzzica anche, spingendoli a vedere cosa potrebbero significare realmente l'uno per l'altro. Non è che tutta la loro bonomia competitiva, quell'intenso legame da compagni di scuola, mascheri una più semplice attrazione reciproca?

Questa domanda viene affrontata nell'arco del film, ma Tashi rimane l'oggetto principale dell'ossessione dei due amici. Il triangolo di Challengers è in continuo riallineamento; con il trascorrere degli anni, Art e Patrick si scambiano i vantaggi, in amore e in carriera. Chi si perde un po' in questa confusione è Tashi, i cui sogni vanno in frantumi in seguito a un infortunio e che diventa gradualmente un «game», vinto o perso, sul tabellone di Art e Patrick. Certo, la presenza di Tashi è la più importante, ma alla fine Challengers trasforma comunque un personaggio formidabile in un oggetto.

Challengers non è esattamente «gli amici prima delle fidanzate»: è un film troppo umano e sofisticato per esserlo. Ma sarebbe stato bello vedere Tashi crescere insieme ai due uomini che sono così attratti nella sua orbita. Zendaya, Faist e O'Connor hanno un rapporto profondo e magnetico – tenero, eccitato, mordace – che il film coltiva abilmente nella prima ora. Ci sarebbe piaciuto lo avesse fatto anche nella seconda, quando Challengers diventa più duro e cattivo. Invece, il tira e molla del melodramma romantico diventa ripetitivo, uno scambio senza impennate che si protrae troppo a lungo.

Josh O'Connor in Challengers.

Niko Tavernise

La parte puramente tennistica invece rimane emozionante. Guadagnino filma il gioco in modo così cinetico e leggibile da far sentire ogni pofff della pallina, ogni goccia di sudore. Il tennis viene rappresentato come un'adorabile brutalità, dura e faticosa, ma un'esperienza magnifica per tutto il corpo. A proposito di corpi, Guadagnino sa certamente come riprendere quelli degli uomini, a riposo e in movimento. La macchina da presa scivola su Art e Patrick, o si sofferma a considerarli, in un modo che sembra più celebrativo che malizioso: un timore reverenziale e lussurioso per toraci, cosce e mascelle che risulta quasi dolce.

L'approccio del regista al desiderio frenato dai tabù è in genere guidato da una gentilezza disarmante, un'eccitazione delegata e sincera per il potenziale delle vite di queste persone, incanalata attraverso il linguaggio del sesso. Gli alti e bassi di queste relazioni, che passano dalla dolcezza alla ferocia, sono illustrate come meglio non si potrebbe dalla colonna sonora ipnotica di Trent Reznor e Atticus Ross, un'ondeggiante miscela di pulsazioni elettroniche e pianoforte ritmato.

Challengers è un'affascinante variazione d'autore di un film sportivo convenzionale, un Bull Durham realizzato da un italiano gay con un gran talento per il drammatico e l'anticonformista. Un vero trampolino di star che lancia Faist e O'Connor come nuovi protagonisti e dà un'ulteriore dimensione al profilo già consolidato di Zendaya. L'umile ambizione è quella di affascinare e intrattenere, provocare e divertire. Si tratta, in questo senso, di un film rinfrescante, sincero e non cinico. Challengers può stancare verso la fine, ma a quel punto ha segnato abbastanza punti che qualche doppio fallo probabilmente è ininfluente sul risultato. Come sembra bello essere giovani e sexy e davvero bravi in qualcosa, che sia giocare a tennis o recitare in un film.

Leggi di più
Notizie simili
Le news più popolari della settimana