MILANO – La domanda di queste ore, dopo il lancio da parte di Unicredit dell’Ops sul Banco Bpm e il ministro Giorgetti che minaccia l’utilizzo dei poteri speciali del Golden Power, è se questi poteri speciali si possono applicare a un’operazione Italia su Italia e che riguarda il settore bancario. In effetti negli ultimi anni il ventaglio di possibilità secondo cui il governo può esercitare il Golden Power si è ampliato molto. In pratica qualsiasi operazione di M&A deve passare, a torto o a ragione, dal vaglio preventivo del governo che valuta se vi siano degli aspetti di interesse nazionale da salvaguardare. Era stato il secondo governo Conte, all’inizio della crisi pandemica, a seguire le raccomandazioni Ue e ad allargare l’ambito di applicazione della normativa, nata otto anni prima per cercare di arginare l’afflusso di capitali dei fondi sovrani che con la globalizzazione avevano messo nel mirino attività e patrimoni cari al Vecchio Continente.
Con il passare degli anni è cresciuto il pericolo Cina, soprattutto sul fronte delle tecnologie 5G e della cybersecurity, diventate oggi uno dei principali terreni di scontro tra Oriente e Occidente. E così per neutralizzare i possibili rischi di “assalto” agli asset strategici nazionali con il Dl 8 aprile 2020 il governo ha esteso l’obbligo di notifica, non soltanto ai soggetti extra Ue con una partecipazione di almeno il 10% in società italiane, ma anche a quelli appartenenti alla Ue e quindi, in estrema sintesi, anche agli stessi italiani nel caso acquisiscano una partecipazione di controllo.
L’ampliamento ha riguardato anche i potenziali settori di intervento, non più solo quelli tradizionali della Difesa e della Sicurezza, dell’energia, dei trasporti e della comunicazione, ma anche quelli della salute, dell’agroalimentare e del settore finanziario, incluso quello creditizio e assicurativo.Finita l’emergenza Covid, però, tutta la normativa è diventata ordinaria a partire dal gennaio 2023, grazie a una decisione del governo Draghi del marzo 2022.
In un recente convegno a Milano organizzato nella sede di Mediobanca il ministro Urso e il sottosegretario Mantovano hanno parlato di utilizzo ampio ma discreto della normativa sul Golden Power, nella ricerca di un bilanciamento tra le finalità di tutela della sicurezza del Paese nei settori strategici e il rischio di non disincentivare troppo gli investimenti dall’estero verso l’Italia. Mantovano in quella sede ha squadernato gli ultimi dati sull’esercizio dei poteri speciali da parte di palazzo Chigi: nei primi dieci mesi del 2024 sono state analizzate 661 operazioni che hanno dato origine a 27 esercizi dei poteri speciali, di cui 25 con prescrizioni e solo 2 con veto. Più o meno gli stessi numeri del 2023 mentre se si va indietro negli anni si passa dalle 83 notifiche del 2019 alle 342 del 2020 (più 412%), alle quasi 500 nel corso del 2021 fino alle 608 del 2022 secondo l’ultimo rapporto Copasir. Alla crescita delle notifiche ha fatto seguito un incremento dei casi di esercizio dei poteri speciali (sono stati 40 nel 2020, mentre erano soltanto 13 nel 2019 e 10 nel 2018).
Dunque con il passare degli anni lo scudo del Golden Power si è fatto sempre più largo, facendo storcere il naso ai sostenitori del capitalismo liberale. Nel maggio 2023 lo scudo si era aperto per proteggere l’occupazione in quattro stabilimenti Whirlpool, società di elettrodomestici americana che è stata acquisita dalla turca Arçelik. Ma proprio nei giorni scorsi la stessa società, ribattezzata Beko, ha annunciato un piano di ristrutturazione in Italia che prevede la chiusura di due stabilimenti con il licenziamento di 2000 dipendenti. E il governo finora non ha potuto far niente perché nelle prescrizioni non era prevista, o era prevista in maniera blanda, la tutela dei livelli occupazionali. Nel giugno 2023, poi, Palazzo Chigi era intervenuta sul patto di sindacato che in Pirelli lega gli italiani di Camfin ai cinesi di Sinochem, imponendo numerose prescrizioni volte a impedire interferenze nella gestione del gruppo italiano.
Dunque appare certo che Unicredit, in caso la sua Ops sul banco Bpm avesse successo, dovrà notificare al governo l’operazione ma poi bisognerà vedere quali saranno le risposte. Difficilmente potrà opporre un veto visto che il nuovo agglomerato sarà ancora italiano e non sembra possa mettere a rischio la sicurezza nazionale. Ma Palazzo Chigi, come nella maggior parte delle operazioni fin qui esaminate, potrebbe indicare delle prescrizioni che potrebbero rendere molto meno attraente la formazione di un secondo super polo bancario dietro a quello di Intesa Sanpaolo