Vita, film, amori, successi di Marcello Mastroianni, l'attore italiano più ...
29/10/2024 Stasera su Rai 3, alle 21,25 "Ciao, Marcello - Mastroianni l'antidivo", il docufilm con Luca Argentero, scritto dal regista Fabrizio Corallo con Silvia Scola. Quest'anno si ricordano i cento anni dalla nascita dell'attore della "Dolce vita", che nella sua carriera ha spaziato dalle commedie ai ruoli drammatici. Di sé diceva: «Sul set ritorno bambino»
«Marcello, come here!». Ancora oggi, a 64 anni di distanza dall’uscita de La dolce vita, se si chiede a un americano, a un francese o a un giapponese di indicare la prima immagine che gli viene in mente del cinema italiano, si può star certi che con buona probabilità risponderà la scena in cui Anita Ekberg invita Marcello Mastroianni a bagnarsi con lei nelle gelide acque della Fontana di Trevi. Ma al di là di questa scena anche solo un sondaggio sull’attore italiano più famoso nel mondo avrebbe un esito scontato: il vincitore sarebbe lui, Marcello Mastroianni. I motivi di questo successo che perdura immutato a quasi trent’anni dalla sua scomparsa sono molteplici. Marcello è stato il primo, e possiamo dire anche unico, attore italiano ad assurgere allo status di divo mondiale. In più, c’è la sua versatilità che l’ha portato, in un percorso lungo 140 film, a cimentarsi con ogni genere, dalla commedia alla fantascienza, dalle opere d’autore alle pellicole d’impegno civile. Marcello nasce a Fontana Liri, in Ciociaria, il 28 settembre del 1924. Fin dall’adolescenza sente forte il richiamo della recitazione e fa la comparsa in vari film, tra cui I bambini ci guardano (1943) di Vittorio De Sica. Finita la guerra, si dedica soprattutto all’attività teatrale. Sulle scene conosce Flora Carabella, che sposa nel 1950. L’anno dopo nasce la loro figlia Barbara. Intanto, grazie all’amica Giulietta Masina, incontra Luchino Visconti che lo scrittura per la sua compagnia. Nello stesso periodo intensifica l’attività al cinema, fino ai due film che segnano la sua carriera. Il primo è I soliti ignoti di Mario Monicelli, il capostipite della commedia all’italiana, genere di cui diventa uno dei “cinque colonnelli” assieme ad Alberto Sordi, Vittorio Gassman, Nino Manfredi e Ugo Tognazzi. Di lui non si ricordano battute fulminanti come “Maccarone, tu m’hai provocato e io ti distruggo” di Sordi; né grandi trasformazioni al trucco o performance fisiche come fece il mattatore Gassman. A Marcello bastano piccoli espedienti per cesellare personaggi indimenticabili. Ne I soliti ignoti, per esempio, il suo Tiberio aspirante scassinatore compare quasi sempre con un braccio vistosamente ingessato. E, così conciato, si permette pure di sfottere i suoi compari: «Rubare è un mestiere impegnativo, ci vuole gente seria, mica come voi. Voi al massimo potete andare a lavorare!». In Divorzio all’italiana, invece, rende visivamente il conflitto interiore tra il rispetto delle convenzioni e il desiderio di trasgressione che tormenta il suo barone Fefé Cefalù con un semplice quanto irresistibile tic. La seconda svolta avviene nel 1960, Federico Fellini gli affida il ruolo da protagonista in La dolce vita. Da quel momento, Mastroianni diventa l’alter ego del regista e lo seguirà in tanti altri film, dal capolavoro 8 e 1\2 a Ginger e Fred.
Il maestro riminese definiva il loro rapporto così: «La nostra è una vera, bella amicizia basata su una totale, reciproca sfiducia». Il successo mondiale de La dolce vita lo rende una star, tanto che nel 1962 la rivista Time lo definisce l’attore straniero più famoso negli Stati Uniti. L’anno seguente viene battuto agli Oscar da Gregory Peck che, dopo aver ritirato il premio, dichiara: «Sono contento, ma Mastroianni è più bravo di me». I rotocalchi si riempiono delle sue storie d’amore vere o presunte con colleghe bellissime come Faye Dunaway e Catherine Deneuve, con la quale va a vivere agli inizi degli anni ’70 a Parigi (che da quel momento diventerà la sua seconda casa) e dalla quale avrà una figlia, Chiara.
Discorso a parte con Sophia Loren. Insieme hanno girato 14 film in 40 anni. Il primo regista a intuire le potenzialità della coppia fu nel 1954 Alessandro Blasetti in Peccato che sia una canaglia. È stato invece Vittorio De Sica a regalare loro la consacrazione internazionale con Ieri, oggi, domani. Ma la prova più grande offerta dai due attori resta quella di Una giornata particolare di Ettore Scola. Lontanissimi dalla loro immagine di sex symbol, lei nei panni di una casalinga in ciabatte e lui in quelli di un omosessuale vessato dal fascismo, infondono ai loro personaggi una disperazione e una tenerezza così realistiche che solo due anime dotate di un’affinità profondissima potevano ottenere. E in effetti tra Marcello e Sophia, a dispetto di tutti i paparazzi che avrebbero fatto i ponti d’oro pur di rubare un loro bacio fuori dal set, c’è stata sempre e solo una bellissima amicizia, come confermò lui a Maurizio Porro del Corriere della Sera poco prima di andarsene: «Con Sophia non c’è mai stato nulla di sentimentale, di privato, ma è davvero la persona cui voglio più bene, quella con cui mi sono più inteso. Basta uno sguardo e ci capiamo ». Per decenni Hollywood gli fa una corte serrata che però lui rifiuta. I riti e i ritmi degli studios risultavano allergici a un uomo che aveva elevato l’indolenza a filosofia di vita, tanto che Catherine Deneuve dichiarò: «Per lui ero come una tedesca. Lui molto pigro, io molto attiva. Si stancava solo a vedermi camminare in una stanza». Eppure, tra le oltre 140 pellicole girate nella sua carriera, molte le ha realizzate fuori dai confini italiani. E non tutte sono state opere d’autore, anzi. Il perché lo ha spiegato lui stesso: «Ho fatto film nel Congo, in Brasile, in Algeria, in Marocco… in Ungheria un film non riuscito, ma che importa? I film brutti non li vede nessuno, ma Budapest era molto bella: quando mi sarebbe capitato di passare due mesi lì?». La verità è che non riusciva a immaginare la sua vita lontano da un set che lui vedeva come un ammaliante parco giochi: «A fare l’attore non si cresce mai: si viene accuditi, truccati, guidati, si può fare eternamente i bambini, interpretare i propri sogni».