Raf e i 40 anni di "Self Control": «Vinsi il festivalbar ma avevo il ...
diAndrea Laffranchi
Il brano fu un successo mondiale. Venerdì 12 luglio esce «Wave», collaborazione con il duo tedesco Fast Boy in cui il musicista ricanta parti della hit
«Non mi sono goduto il successo del debutto. Vinsi il Discoverde al Festivalbar e durante la premiazione avevo il magone...». Estate 1984. Non era felicità quella di Raf sul palco dell’Arena di Verona. «Self control», uno dei tormentoni di quell’anno, aveva portato l’italo disco nelle classifiche di tutto il mondo. Ma quel ragazzo magrissimo viveva male il successo. «Da giovani ci si prende terribilmente sul serio — ricorda oggi il cantautore —. Uno timido come me già faceva fatica ad affrontare la popolarità. Certo, stavo già sui palchi ma la mia band e il basso mi proteggevano come una coperta di Linus. Venivo dal punk rock e venni annoverato nell’italodisco. “Che sto facendo?” mi domandavo. Mi sentivo commerciale, snaturato. Andavo in tv con gli occhiali da sole e la palandrana per nascondermi».
Estate 2024. A quarant’anni di distanza è in arrivo un omaggio a quella hit: venerdì 12 luglio esce «Wave», collaborazione di Raf con il duo di dj-producer tedeschi Fast Boy, i fratelli Lucas e Felix Hain, che riprende i passaggi iconici di quella canzone, a partire dal classico «oh oh oh»
C’è di mezzo anche Giacomo Maiolini, re della dance italiana con la Time Records, ma come è arrivata «Self Control» a un duo che all’epoca manco era nato?
«Essendo due deejay credo che gli echi gli siano arrivati attraverso la scena club. Quel sound anni 80 fa tendenza oggi. E poi la Germania fu uno Paesi in cui “Self Control” ebbe il maggiore successo: la mia versione e quella di Laura Branigan si giocavano il numero 1 in classifica. In passato ho dato la liberatoria all’utilizzo di campioni da “Self Control”, ma questa volta ho preferito ricantare la mia parte».
In passato ha detto che «Self Control» le ha causato trami psicologici...
«Non così gravi da andare in terapia o da prendere farmaci, ma mi facevo mille pippe, mi sembrava di tradire lamia natura».
Pentito?
«No, ma se allora fossi stato uno dal carattere più deciso avrei detto no. Solo col senno di poi ne ho capito il valore. Col passare del tempo cambiano le prospettive, cambi tu, cambia il contesto».
L’hai mai ripudiata?
«No, non l’ho mai cancellata dai concerti ad esempio. Ricordo che per un paio di tour la proposi in chiave reggae. Adesso faccio un arrangiamento che è tornato alla sua anima rock».
Torni con la memoria alla nascita del brano...
«Avevo conosciuto da poco Giancarlo Bigazzi (produttore e autore di brani da “Luglio” a “Montagne verdi” ai successi di Tozzi e Masini ndr) e avevo deciso di lasciare Londra, dove vivevo da un anno, per andare a lavorare con lui a Firenze. Scrivevamo molto, da un mio ritornello era partita l’idea di “Si può dare di più” che avrebbe dovuto essere la risposta italiana a Band Aid e Usa for Africa. Fra gli spunti di quel periodo c’era anche il riff di “Self Control”, un riff molto rock che avevo pensato per la mia band, i Café Caracas».
Ha cambiato anima...
«Giancarlo la portò in quella direzione con maestria, mettendoci sotto la cassa in quattro e portandola verso la disco. Visto il successo che aveva avuto in America Laura Branigan con “Gloria” di Tozzi, le propose anche questo pezzo. A quel punto c’erano due versioni. Uscì quattro mesi prima la mia, ma negli Usa andò in classifica la sua».
Di che notti folli parla?
«Prima di Londra avevo vissuto per qualche mese a New York... Non andavo allo Studio 54, non me lo potevo permettere. Il mio era più un lavoro di immaginazione».
Avrà vissuto qualche notte fuori controllo...
«Più che altro volevo raccontare la sensazione che mi dava la notte, un modo alterato di concepire la vita. Erano anni in cui la trasgressione era più bonaria e non permeata da odio o violenza, il clima era peace and love».
L’8 novembre al Forum di Assago ci sarà un concerto per celebrare questi 40 anni. Cosa sta preparando?
«Una scaletta dedicata, una nuova versione di “Self Control”, e ovviamente degli ospiti, a partire da Umberto Tozzi, un amico fraterno. Spero che il suo tour d’addio duri il più a lungo possibile».
Le vostre sono carriere con molti punti in comune, facevate le vacanze insieme... e le liti?
«Mai pesanti. Umberto è un uomo di pace, al limite sono io quello più caliente, ho il sangue terrone... Abbiamo avuto un momento in cui ci siamo sentiti poco, ma la nostra amicizia non è mai stata a rischio».
8 luglio 2024
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