Zeppole di San Giuseppe: storia e ricetta del dolce tipico della festa ...

18 Mar 2024

L’ultima frontiera è cuocerle nel fornetto ad aria. E sembra quasi un’eresia, con tanto di tam tam social che si rincorrono a suon di tweet che non si chiamano più tweet, threads e post su Facebook. Sembra un’eresia perché le zeppole di San Giuseppe, il nostro golosissimo argomento odierno, sono l’emblema e il simbolo di una festa, quella dei papà, che da sempre è legata al fritto. Alla sensualità e allo stesso tempo all’emotività che questo metodo di cottura riporta.

Zeppole di San Giuseppe - Figure 1
Foto La Repubblica

Emotività. Sensualità. Vitalità. Aggettivi che le zeppole incarnano, ma c’è un vero motivo storico? Decisamente si. Se nei primi tempi moderni la festa del papà era legata al lavoro dei falegnami, e quindi in maniera automatica al papà di Gesù in maniera quasi automatica, in realtà le sue radici sono molti più antiche. E hanno poco a che vedere con la primavera. Correva l’anno 1968 quando questa data divenne ufficiale nel calendario dei festeggiamenti italiani, ma il dna è legato all’antica Roma. Tutto nasce in occasione della festa dei Lupercalia, che cadeva per il calendario dell’Impero Romano proprio nello stesso periodo della festa del papà ed erano - anche -  un omaggio al pater familia. Per festeggiare a dovere, ovviamente le tavole erano imbandite di cibi fritti, che come le zeppole - ed è per questo che forse cuocerle nella friggitrice ad aria può sembrarci una piccola follia -   sono arrivate da lì fino a noi.

Corsi e ricorsi storici: oggi quei cibi pagani si sono tramutati in cibo legato a festività familiari e molto spesso a personalità religiose. Come San Giuseppe, appunto. Al centro del racconto storico, i conventi. Nell’800 solo le monache si potevano permettere il lusso di questi dolci e dei loro ingredienti e, proprio come è successo per le sfogliatelle e per le Santarosa, altro dolce tipico campano di nascita religiosa, la maggior parte delle ricette antiche sono state ricodificate in primis dalle religiose. E sebbene la storia della gastronomia non sia affatto una scienza certa, soprattutto in questo ambito, è certo che una delle ricette codificate più antiche e allo stesso tempo simili a quella attuale è firmata da Ippolito Cavalcanti e datata 1837. Scritta interamente in napoletano, recita più o meno così: "Ne farraje tanta tortanelli come sono li zeppole, e le friarraje, o co l’uoglio, o co la nzogna, che veneno meglio, attiento che ta tiella s’avesse da abbruscià; po co no spruoccolo appuntuto le pugnarraje pe farle suiglià, e farle venì vacante da dinto; l’accuonce dinto a lo piatto co zuccaro, e mele. Pe farle venì chiù tennere farraje la pasta na jurnata primma".

Quale che sia la sua storia, i trucchi per farla veramente bene sono pochi e, in realtà, non troppo difficili da seguire. Noi abbiamo riassunto per voi 6 indicazioni essenziali per non sbagliare.

1. La tecnica. Secondo l’antica ricetta napoeltana, sul fuoco vanno amalgamati in una pentola e cotti insieme i tre ingredienti, quindi la parte farinosa, quella liquida e quella grassa. Vanno lavorati fino a che non si ha la consistenza quasi di una grossa mollica, che poi andrà lavorata incorporando lentamente le uova. Alla fine di questo procedimento si dovrebbe avere una consistenza elastica e ben umida. Che andrà messa in un sac à poche.

2. L’impasto va sottoposto a una doppia cottura in due padelle, una con una temperatura più fredda e un'altra più alta. Nella prima, poco sotto il classico punto di frittura, l'impasto si espande, e invece nel secondo completa la frittura, si cuoce e si colora.

3. Una volta fritta e alzata la zeppola va deposta su una teglia, preferibilmente con carta da forno alla base, dove viene fatta raffreddare.  

4. Per decorare, prima si spolvera lo zucchero a velo, che è la storia di questo dolce. Una volta passato lo zucchero, si va poi a fare il giro di crema gialla, di crema pasticciera, a cui si può aggiungere un tocco di amido per renderla più lucida e densa.  

5. La ciliegina sulla torta, rigorosamente un’amarena, l’unico frutto di questa famiglia ad essere abbastanza amara per sposarsi bene con la crema pasticciera. Meglio due per ogni zeppola, ma mai più di tre.

6. La temperatura perfetta? Tiepida.

E dopo i consigli, la ricetta, quella di Nicola Pansa, maestro pasticcere di Amalfi, che nella sua famiglia si tramandano dal 1830, da ben cinque generazioni.

Ingredienti per 20 zeppole 1 litro acqua 100 gr di burro 1 kg farina 00 10 gr di sale 12-15 uova fresche olio di semi di arachidi Zucchero a velo Crema pasticciera Amarene

Preparazione

Portiamo ad ebollizione 1 litro d' acqua e 100 grammi di burro, aggiungiamo 1 kg di farina 00 con 10 grammi di sale e procediamo con la cottura a fiamma lenta fino all'amalgamarsi del composto.

Successivamente versiamo il composto in un recipiente e aggiungiamo progressivamente circa 12-15 uova fresche, con lo scopo di ottenere un impasto che deve divenire sempre più morbido, pur conservando un certo grado di solidità. Raggiunto l'obiettivo, inseriamo l'impasto nel sac a poche e modelliamo le nostre ciambelle su teglie precedentemente coperte da carta da forno.

Cottura

Ora si passa alla frittura. Prepariamo due padelle con una dose abbondante di un buon olio di semi di arachidi; nella prima immergiamo le nostre ciambelle preoccupandoci che l'olio non sia eccessivamente bollente: questa prima fase ci occorre per far sì che le zeppole si gonfino al punto giusto.

Quindi, passiamo le nostre zeppole nella seconda padella dove la temperatura dell'olio non deve essere inferiore ai 170 gradi. Questa è la fase decisiva della frittura: la zeppola deve essere tirata fuori quando ha raggiunto il giusto grado di fragranza e un bel colore dorato.

Prima di mangiarle

A questo punto non ci resta che passarle su carta assorbente e attendere che raffreddino, dopodiché completiamo il nostro lavoro decorandole con i classici rosoni di crema pasticciera, zucchero a velo e delle gustosissime amarene.

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