C'è ancora domani di Paola Cortellesi è un esordio alla regia ...

19 Ott 2023
C'è ancora domani

Paola Cortellesi fa centro con la sua opera prima C’è ancora domani, film inaugurale della 18^ Festa del Cinema di Roma (fino al 29 ottobre all’Auditorium Parco della Musica) e nelle sale dal 26 ottobre. Non poteva partire nel modo migliore questa edizione della maturità, stracolma di cinema italiano. L’attrice e sceneggiatrice di Scusate se esisto alza l’asticella mettendosi dietro la macchina da presa e firmando un film che sulla carta potrebbe spaventare: in bianco e nero e con una famiglia che vive nella Roma post bellica del 1946.

Invece, badate bene, si ride e ci si emoziona nonostante Paola tratti un tema delicato e forte come la violenza domestica sulle donne e il maschilismo. L’attrice, e ora anche regista, ci porta tra le mura di casa dove vive una famiglia povera di Roma. Delia (Paola Cortellesi) è madre di tre figli (tra cui c’è la primogenita Marcella che ha il sogno di sposare il ricco Giorgio - Francesco Centorame), e moglie di Ivano (Valerio Mastandrea), un uomo violento che alza le mani a ogni piccolo errore della donna. La deve indottrinare alle sue esigenze. In altre parole: Delia è la schiava del marito. «L’idea è partita dall’immagine di un ceffone dato di primo mattino da un uomo alla moglie», dice Paola. E così parte il film, con un ceffone.

La donna bada alla famiglia, al suocero Ottorino (Giorgio Colangeli), l’orco di casa, lavora rammendando biancheria e facendo punture a domicilio. L’unica che riesce a strapparle momenti di leggerezza è l’amica verduraia Marisa (Emanuela Fanelli). Paola si destreggia tra dramma, commedia e musical, non punta sull’esibizionismo della violenza, anzi, la dissacra con stile quasi chapliniano. Come Chaplin ne Il grande dittatore danzava con in mano un mappamondo, Paola danza con il marito in una scena di violenza fisica. Anche i lividi spariscono magicamente dopo essere comparsi: la regista ci fa entrare nella mente di Delia che desidera cancellare quell’orrore che reputa poi non così grave.

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