“Lucida, fredda, senza scrupoli e pericolosa”. Ecco perché i giudici ...

10 ore ago
Chiara Petrolini

"Lucida, fredda, senza scrupoli o remore". E ancora: "Apparente mancanza di qualunque ripensamento, oltre che di sfrontatezza, inaffidabilità totale nelle relazioni personali anche più intime, eccezionali capacità sia di nascondimento dei propri misfatti sia di mistificazione e dissimulazione, mancanza di partecipazione e di compassione". Per tutto questo, "Chiara Petrolini deve andare in carcere".  Il Tribunale del riesame di Bologna ha depositato le motivazioni dell’ordinanza con la quale, dopo l’udienza del 15 ottobre scorso, ha accolto integralmente l’appello del Pubblico Ministero di Parma, disponendo per Chiara la custodia in carcere. E lo ha certificato innanzitutto in relazione al delitto di soppressione di cadavere del bambino nato il 7 agosto 2024 ed ucciso lo stesso giorno, vicenda che il GIP aveva qualificato come mero occultamento di cadavere, rigettando l’istanza cautelare, in quanto l’occultamento non consente la misura cautelare. E infine sancendo la custodia cautelare in carcere anche per il delitto di soppressione di cadavere (per il bambino nato il 12 maggio 2023 e seppellito lo stesso giorno) e omicidio pluriaggravato (per il bambino nato ed ucciso il 7 agosto scorso), reati per i quali il GIP aveva disposto gli arresti domiciliari.

Nella articolata ordinanza, il Tribunale ha analizzato le argomentazioni sia del GIP, sia del Pubblico Ministero, sia ancora della difesa (che aveva depositato apposita memoria in udienza).

Ma ecco punto per punto cosa hanno deciso i giudici di Bologna .

Occultamento o soppressione?

Per quanto riguarda il primo quesito posto dalla Procura di Parma con l’appello, il Tribunale di Bologna ha risposto col dire che la condotta di seppellimento del bambino nato il 7 agosto 2024 (che il Gip aveva qualificato come occultamento di cadavere), in realtà integra gli estremi del più grave reato di soppressione di cadavere.

Dopo aver ripercorso le dichiarazioni di Chiara in data 2 settembre 2024 (secondo cui la prima cosa che le era venuta in mente era stata quella di seppellirlo nel giardino, usando a tal fine una paletta per scavare una buca e, non essendovi riuscita, aveva utilizzato una buca già scavata dai suoi cani, limitandosi a ricoprire, nella buca stessa, il corpo con la terra), e dopo aver ricordato che, il 9 agosto 2024 (quando l’intera famiglia Petrolini era già partita per la programmata vacanza negli Stati Uniti), il corpicino venne rinvenuto dalla nonna della ragazza, la cui attenzione era stata attirata dal cane che aveva dissepolto interamente quel  corpicino, spostandolo di alcuni metri dalla buca del seppellimento, il Tribunale del riesame si è soffermato su alcuni aspetti che si riveleranno importanti ai fini della decisione. In primis, le dimensioni della buca (80 cm x 60; profondità di circa 24 cm); le ricerche su internet riferibili alla seconda gravidanza ed al secondo parto (con l’atteggiamento di negazione, da parte della Petrolini in data 2.9.2024, di un parto precedente a quello del 7.8.2024); il ricorso, da parte della Procura, ad una ditta specializzata in tecniche di rilievo basate su scansione strumentale, seguite da ulteriore attività di scavo in data 7.9.2024, con il rinvenimento di resti scheletrici che poi risulteranno riconducibili ad un altro neonato a termine di circa 40 settimane, sepolto proprio a fianco del bambino rinvenuto il 9 agosto 2024 (il primo figlio della Petrolini, risultato poi nato e seppellito il 12 maggio 2023).

Il Tribunale ha quindi ricostruito l’argomentare del GIP, secondo cui, al di là di quelle che potevano essere le intenzioni della Petrolini (ovvero quello di evitare il ritrovamento), quel tipo di seppellimento non sarebbe stato idoneo ad una soppressione del cadavere. Questo per vari motivi. Eccoli: la buca era insufficiente a coprire del tutto il corpicino, tenuto conto della circonferenza del cranio -32 cm- anche in rapporto alla profondità della buca stessa, ovvero 24 cm; la buca, già scavata dai cani, era del tutto superficiale; i cani sarebbero tornati a scavare in quel punto, riportando alla luce il corpicino; le piogge avrebbero dilavato il terreno, contribuendo anche esse al rinvenimento del bambino.

Il Tribunale di Bologna ha dunque ritenuto "tale argomentare non condivisibile per le seguenti ragioni: l’inumazione, o seppellimento nella terra, è una pratica obiettivamente atta a provocare la dissoluzione del cadavere nel corso del tempo, ed è pertanto idonea alla realizzazione della soppressione del cadavere; irrilevante sarebbe la circostanza che la buca fosse già esistentegrazie ai cani scavatori, posto che l’uso di una buca già pronta non può incidere sulla idoneità della buca stessa; non decisivo appare il dato antropometrico della circonferenza cranica del neonato (32 cm), posto che a tale circonferenza corrisponde una testolina di appena 6-7 cm, per cui, per le dimensioni complessive, la buca era del tutto idonea alla completa inumazione del piccolo cadavere; per stessa ammissione dell’indagata, il corpicino era stato ricoperto da uno strato di terra (che il Tribunale ha valutato di spessore di diversi centimetri), e nulla autorizza ad ipotizzare la fuoriuscita di qualche parte del corpo dal terreno; l’attività successiva di cani scavatori e della pioggia che avrebbero riportato allo scoperto il cadavere è solo ipotetica e non può valere ad escludere l’idoneità oggettiva dell’azione compiuta dalla Petrolini, che deve essere valutata (ovviamente) ex ante (e cioè per quello che si prospettava al momento del seppellimento e non per quello che poi è avvenuto dopo); il primogenito della Petrolini, d’altronde, era stato seppellito a maggio 2023 in una buca scavata (dall’indagata) a brevissima distanza rispetto a quella di agosto 2024, eppure -nonostante la presenza di cani scavatori ed il seppellimento con una profondità di soli 30 cm- i resti scheletrici sono stati trovati dopo oltre un anno, ma solo perchè scoperti dalla Polizia giudiziaria sulla base di apposte ricerche".

Il Tribunale - nel valutare l’atto di appello del pm - ha poi riportato la risposta che la Petrolini ha dato al magistrato che le contestava la ricerca fatta su internet in data 7 agosto 2024 (“dopo quanto tempo puzza un cadavere”), subito dopo il parto, quando la ragazza riferì testualmente: “L’avevo cercata per i cani, perché pensavo che potessero sentire l’odore e quindi tirarlo fuori. Io non l’avrei mai spostato da lì”, espressione dalla quale il Collegio ha ricavato ulteriormente che l’intenzione della Petrolini - per sua stessa ammissione - non era quello di occultare temporaneamente il corpicino, ma di sottrarlo in via definitiva alla scoperta da parte di terzi.

In definitiva, secondo il Tribunale di Bologna, "l'occultamento del cadavere del neonato partorito il 7 agosto scorso, è stato realizzato in maniera tale da assicurare, con alto grado probabilità, la definitiva sottrazione del piccolo cadavere alla scoperta da parte di terzi, ed in ciò si ravvisa la soppressione del cadavere stesso, anche perché si è trattato di una condotta che replicava esattamente la situazione del 2023, e non vi è ragione per ritenere che, a distanza di un anno, la medesima condotta debba essere valutata in maniera differente".

Arresti domiciliari o custodia in carcere?

Il Tribunale ha poi affrontato il tema della modalità di custodia. Ed allora, sin da subito il Tribunale ha sostenuto che le argomentazioni del GIP sulla adeguatezza delle esigenze cautelari non possono essere condivise. In particolare, il Tribunale del riesame ha ricordato che l’ordinanza del GIP si fonda su due soli elementi: da un lato, l’assenza di precedenti penali che abbiano prodotto pregresse esperienze detentive; dall’altro, il controllo che sarà esercitato dai familiari conviventi, controllo ritenuto idoneo a neutralizzare il rischio che l’indagata cerchi di attirare nel suo domicilio degli estranei. Ha quindi sostenuto (come la Procura) "che non si ravvisa alcun elemento in concreto capace di superare la presunzione di adeguatezza della sola custodia in carcere".

I precedenti penali

Quanto ai precedenti penali, secondo il Tribunale "essi possono essere utilizzati per valutare la pericolosità sociale o meno, ma non per valutare l’adeguatezza della misura; d’altra parte anche una persona incensurata può presentare caratteri di pericolosità sociale elevata, rispetto (ad esempio) ad un soggetto pregiudicato per reati minori".

Il controllo dei genitori

Quanto al controllo da parte dei genitori, secondo il Tribunale innanzitutto l’indagata è "persona ormai maggiorenne, e rispetto ad essa i genitori non sono tenuti ad esercitare alcuna forma di controllo, né diretto né indiretto; e, pur se si volesse ammettere che i genitori siano propensi ad accettare di impegnarsi con dedizione a tale controllo, la loro disponibilità potrebbe venir meno (legittimamente) in qualsiasi momento e in ogni caso il controllo giammai potrebbe essere effettuato in maniera continuativa ed assidua, anche perché, essendo liberi di muoversi, i genitori ben potrebbero assentarsi in qualunque momento".

Il controllo sull’indagata, dunque, "si ridurrebbe ad un controllo di fatto e mai potrebbe essere un controllo di diritto e in ogni caso giammai potrebbe essere equiparato al controllo esercitato con la custodia in carcere, per cui non potrà essere considerato un valido equipollente o un succedaneo dell’applicazione della custodia in carcere, che è la misura che la legge presuntivamente indica come imprescindibile nei casi di omicidio volontario".

Il pericolo di reiterazione

Il Tribunale passa poi ad analizzare la memoria difensiva, secondo cui "il pericolo di reiterazione criminosa sarebbe limitato a condotte analoghe a quelle oggetto di imputazione, ovvero a gesti delittuosi che hanno strettamente a che vedere con il rapporto di filiazione e con la negazione della maternità, per cui, al fine di evitare che si ripeta quanto già accaduto, sarebbe sufficiente scongiurare che soggetti estranei entrino in contatto con Chiara, anche perché -secondo la difesa- solo verso un figlio, peraltro appena nato, sarebbe seriamente ipotizzabile che possano verificarsi nuovi delitti della stessa specie: in altri termini, quel che (secondo la difesa) occorrerebbe evitare è che l’indagata concepisca altri figli, li partorisca e poi li uccida appena venuti alla luce".

A tal proposito, il Tribunale rileva invece, in primo luogo, che "il pericolo di reiterazione criminosa non può essere limitato all’uccisione del proprio figlio appena nato, giacchè, tecnicamente, le esigenze cautelari sono riferite ai delitti della stessa specie, e dunque ai delitti che offendono lo stesso bene giuridico (o che presentino uguaglianza di natura in relazione al bene tutelato e alle modalità esecutive)".

Ma - argomenta il Tribunale- "anche se si volesse ritenere che il pericolo di reiterazione criminosa sia ridotto alla sola negazione di maternità (e dunque fosse ravvisabile solo nell’omicidio di un proprio figlio neonato), ecco che in concreto proprio gli arresti domiciliari presso i propri familiari si rivelano inadeguati".

L’inadeguatezza del controllo parentale

Il Tribunale fa propria l’obiezione della Procura, nella parte in cui la stessa ha evidenziato che “sostenere la sufficienza della detenzione in casa per un soggetto che utilizza proprio la casa per delinquere appare francamente una contraddizione in termini”, ricordando che le due gravidanze, i due parti, le due morti, le due soppressioni sono tutte avvenute tra le mura domestiche, dove erano presenti i genitori, per cui non può essere né sufficiente né adeguato il controllo parentale che (proprio perché non esercitabile 24 ore su 24) non potrebbe giammai scongiurare che l’indagata possa concepire ancora (ricevendo in casa uomini), portare a termine gravidanze, partorire e sopprimere il figlio, senza peraltro destare alcun sospetto (come fatto nelle due occasioni precedenti).

Prendendo poi spunto dalle considerazioni che la Procura ha fatto per prospettare, in concreto, l’inadeguatezza del controllo da parte dei genitori, il Tribunale ha evidenziato alcune circostanze che "depongono in senso contrario alla sufficienza del controllo parentale". E cioè: il 7 agosto 2024 il parto e il seppellimento del bambino si sono verificati quando i genitori erano in casa, senza che nessuno si sia accorto di nulla; lo stesso giorno, il padre - che, nel recarsi al piano sottostante dove si trovava la figlia che aveva appena partorito, aveva notato il sangue sui tappeti, sul lavandino e sul rubinetto- si è accontentato della spiegazione della figlia sul ciclo mestruale abbondante; quando, il 9 agosto 2024, i genitori sono stati raggiunti dalla notizia che a casa loro era stato trovato un neonato morto, e che c'erano i Carabinieri e forse anche i Ris, non hanno ritenuto di anticipare il rientro a Parma (nonostante la sconcertante notizia), ma hanno proseguito la loro vacanza fino alla programmata data del rientro, e ciò in quanto -per ammissione della stessa madre - non ci si voleva “rovinare il viaggio così lontano e organizzato da tempo”. E ancora: nel corso del colloquio intercettato in caserma in data 19.8.2024, la madre si è mostrata preoccupata di dover andare via di casa e forse anche di andare via dall’Italia.

Gli aspetti medico-legali

Quanto al profilo psichiatrico - introdotto mediante la produzione, da parte della difesa, di una relazione di consulenza tecnica a seguito di accertamenti che, secondo il consulente, “lasciano intravedere una condizione psicopatologica afferente ai disturbi della personalità che, per gravità, è fortemente suggestiva di un riverbero sull’imputabilità”- il Tribunale ha rilevato che tale relazione, per ammissione degli stessi consulenti, ha carattere solo preliminare, per cui qualsivoglia considerazione in merito, a parere del Collegio, non potrà che essere espressa allorquando si avranno a disposizione elementi più concreti e completi.

Peraltro, come osserva il Tribunale, della presenza di eventuali patologie psichiatriche nessuno, neppure tra le persone più vicine all’indagata, ha mai mostrato di aver colto segnali.

Anzi il Tribunale rileva che la stessa difesa, nella memoria depositata in udienza, parla di “una ragazza normale, apparentemente serena, gioiosa e benvoluta (…) apprezzata baby sitter ed educatrice in parrocchia e nei centri estivi (…)”.

Le conclusioni del Tribunale

Alla fine del percorso argomentativo, il Tribunale del riesame ha concluso per "la non ravvisabilità di elementi specifici che - alla stregua del dettato normativo - consentano di escludere che l’estrema pericolosità sociale palesata dalla indagata possa essere contenibile adeguatamente con la misura degli arresti domiciliari".

Inoltre, l’agire dell’indagata sarebbe connotato sempre da "estrema lucidità, inusitata freddezza esecutiva, sconcertante assenza di scrupoli o remore, apparente mancanza di qualunque ripensamento, oltre che di sfrontatezza, inaffidabilità totale nelle relazioni personali anche più intime, eccezionali capacità sia di nascondimento dei propri misfatti sia di mistificazione e dissimulazione, mancanza di partecipazione e di compassione".

Per tutto questo, il Tribunale di Bologna ha accolto l’appello del Pubblico Ministero.

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