Avete guardato bene il gol di Dani Olmo?

13 Ago 2023
Dani Olmo

Fra le tante indiscrezioni riportate da The Athletic in questo lungo pezzo sul trasferimento di Harry Kane, ce n’è una che oggi suona particolarmente ironica. Secondo quanto scritto, il Tottenham avrebbe ritardato il trasferimento dell’attaccante per evitare che quello vincesse il suo primo titolo della sua carriera il giorno dopo essere arrivato. Ieri infatti si giocava la Supercoppa di Germania, che il Bayern di solito vince ad agosto con dovizia burocratica. I meme si sarebbero sprecati: un disastro comunicativo senza pari. Oggi invece la situazione si è ribaltata: il Bayern ha perso 3-0 col RB Lipsia e nei meme c’è Harry Kane che avrebbe portato la mentalità perdente, la sfiga, la maledizione del Tottenham anche al Bayern, la squadra al mondo che sembra più condannata a vincere, anche quando fa di tutto per non farcela. D’altra parte il Bayern ha perso nell’unico modo possibile: sprecando la montagna d’occasioni che la macchina perfetta del suo gioco gli ha procurato, tirando più e più volte addosso a Blaswich… 

Oggi però non dovremmo parlare di Harry Kane, di meme, sfighe e maledizioni, ma dovremmo solo parlare del gol di Dani Olmo. Il gol con cui Dani Olmo ha portato la partita sul 2-0 e probabilmente chiuso la carriera professionistica di Mathijs de Ligt. Un gol che da ieri ci imprigiona ai nostri feed sui social, che ci costringe a rivederlo come quei TikTok che hanno qualche potere memetico che li rende appiccicosi. 

Siamo in un’epoca di iper-saturazione della bellezza calcistica. La pervasività dei reel ci propina gesti tecnici eccezionali a flusso continuo, fino a renderci insensibili a quanto genio serva per segnare certi gol o anche solo riuscire in certi dribbling. Siamo diventati così indifferenti che gli algoritmi stanno spingendo ulteriormente su una cifra di stranezza. Ora non ci sono solo gol e gesti tecnici assurdi, ma gol e gesti tecnici assurdi segnati da persone affette da nanismo, che giocano magari contro persone sovrappeso, gigantesche. Oppure vediamo anziani con maglie molto attillate e una pancia debordante che celebrano i propri gol al volo piroettando goffamente nell’aria come una versione di Cristiano Ronaldo alla fine della storia.  Magari è vero che le nuove generazioni guardano solo highlights, o questo tipo di reel surreali, ma a quel punto come faremo a riconoscere cosa è davvero eccezionale su un campo da calcio? Lo sguardo che riconosce cosa è effettivamente diverso si allena o è una qualità dell’oggetto che quindi balza naturalmente all’occhio?

Il gol di Dani Olmo è uno dei più incredibili che mi sia capitato di vedere, o comunque uno dei più originali. Uno di quei gol resi eccezionali dalla loro preparazione e non dalla conclusione. A Dani Olmo riesce un numero senza senso, quasi inedito nel calcio. Un dribbling che bisogna riguardare almeno tre o quattro volte da varie angolature per capire come abbia fatto, come ci sia riuscito.

Timo Werner porta palla sulla fascia sinistra e serve una palla un po’ scontata verso Olmo. Ci arriva in leggero ritardo, e questo lo costringe a muoversi con una certa fretta, ad allungare il passo. Olmo però fa qualcosa di controintuitivo e molto difficile non solo a livello tecnico ma anche atletico. Non tocca il pallone in direzione della sua corsa ma al contrario, la tocca all’indietro, verso l’altro piede, mentre ruota in una piroetta. Si passa la palla dal destro al sinistro come per fare una veronica, ma il secondo tocco non è con la suola bensì con l’esterno del piede, che gira come fosse bloccato. Col secondo tocco la palla va verso la porta. A quel punto Olmo sembra perdere l’equilibrio per un attimo, incepisca per un paio di passi e sembra non poter arrivare sul pallone prima del portiere. Forse, però, anche il portiere è sorpreso dalla rapidità della giocata di Olmo e non esce tempestivamente. Olmo ha persino il tempo di guardarlo e di toccare la palla con la punta del piede per mandarglielo sotto le gambe.

Riguardando il replay al ralenti forse si può arrivare a pensare un tocco casuale. Ma è un effetto prodotto dalla velocità e dall’assurdità del gesto tecnico di Dani Olmo. Chi parla di un tocco fortuito ha veramente ben poco piacere nel guardare il calcio. «Certo che è stato intenzionale, avevo visto uno spazio» ha detto Olmo. Il suo gesto tecnico, usando il dizionario del calcio, non è propriamente una “ruleta”, una “veronica”, che prevede l’uso della suola in almeno uno dei due tocchi. Il secondo tocco d’esterno è invece tipico di quella che fino a qualche anno fa veniva definita “McGeadySpin” con un certo gusto anglo-centrico. È un numero che si prova sulla fascia, contro avversari che stanno scivolando sull’esterno dal centro e che vengono presi in controtempo. Infatti il grande maestro di questo gesto, in realtà, non è stato McGeady ma Franck Ribery, che lo eseguiva con precisione e velocità irreali.


L’eccezionalità del gol di Olmo è che una giocata di questo tipo non arriva lontano dalla fascia, in una zona più o meno innocua nel campo, ma vicina alla porta, sull’ultimo difensore – che è anche uno dei difensori più pagati della storia del calcio – e diventa quindi decisiva per il gol. Non un gol qualunque ma uno segnato nella finale di una coppa contro il Bayern Monaco. Questo gol allora finisce per somigliare a quelli segnati con un grande dribbling col primo controllo, e che ancora oggi occupano un posto speciale nella nostra memoria. Gol che ci sembrano una delle rappresentazioni più pure del genio calcistico, perché nascono un pensiero davvero controintuitivo che lascia nella polvere i difensori. Il tipo di gol di cui sto parlando è quello di Dennis Bergkamp al Newcastle, ancora irraggiungibile per perfezione tecnica ed eleganza. Per gli appassionati di Serie A si può citare anche questo straordinario gol di Patrik Schick al Crotone – quando Schick ricopriva di classe i campi del nostro campionato. Un altro gol che viene in mente è quello segnato da Edmundo al Manchester United, con la maglia del Vasco da Gama.

Ecco, quello di Olmo appartiene a questa famiglia di gol originalissimi. La giocata preparatoria tecnicamente è persino più complessa perché prevede due tocchi invece che uno, ma la sua eleganza è sporcata dal fatto che ha perso un minimo l’equilibrio dopo il dribbling.

In ogni caso è questo il gol con cui ricorderemo Olmo, indipendentemente dal fatto se lo ricorderemo anche per altre cose oppure no, dalla piega cioè che prenderà la sua carriera. Oggi è ancora in un punto piuttosto ambiguo del suo percorso: spedito dal Barcellona in Croazia nel contesto dell’affare Halilovic, Olmo ci ha messo un po’ a rivelare il suo talento di dribblatore; cinque stagioni in Croazia con la Dinamo Zagabria, impreziosite da una grande campagna europea (i difensori dell’Atalanta lo ricorderanno ancora come un incubo) per poi diventare una pedina fondamentale della Spagna di Luis Enrique, bella ma non vincente; ed è stato poi titolare di un RB Lipsia travagliato. In uno contro uno potrebbe forse saltare qualsiasi difensore, usando la tecnica e non la velocità, ma non è comunque considerato fra i migliori creatori di gioco al mondo.

In estate era in scadenza di contratto ed era stato cercato dal Borussia Dortmund, ma poi ha deciso di rinnovare col RB Lipsia. Nella finale contro il Bayern, dopo aver segnato questo gol eccezionale, ha anche siglato il rigore del definitivo 3-0. Chissà che a 25 anni non sia l’inizio di una fase diversa della sua carriera. Se ad anni di distanza ricordiamo ancora il gol di Bergkamp come uno dei migliori della storia del calcio non è solo per la sua assoluta precisione tecnica, ma anche perché Bergkamp era un genio e quel gol è un manifesto del suo senso artistico per il calcio. Per rendere ancor più memorabile questo gol, allora, Olmo dovrebbe cominciare a rendere un tantino più memorabile la sua carriera. Altrimenti questo gol finirà in un reel che guarderemo distrattamente tra qualche anno senza ricordare troppo il contesto in cui è stato segnato. Te lo ricordi Olmo? Olmo chi? Quello che ha fatto questo gol qui. Ah. 

Emanuele Atturo è nato a Roma (1988). Laureato in Semiotica, è caporedattore de l'Ultimo Uomo. Ha scritto "Roger Federer è esistito davvero" (66thand2nd, 2021).

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