Gabriel Garko: “Finalmente posso essere fragile”

28 Mar 2024
Gabriel Garko

Gli immancabili primi piani a petto nudo ci sono sempre. Così come una copiosa dose di melò. Tuttavia il Gabriel Garko che vedremo da stasera su Canale 5, nella serie tv “Se potessi dirti addio”, non è l’ennesimo maschio alfa in stile L’onore e il rispetto. Per la prima volta Garko si misura infatti con un personaggio spezzato, dal fascino dimesso, quasi trasandato: il “paziente 13”, ritrovato semivivo e senza memoria in un cantiere romano, e la cui vita si incrocia con quella della neuropsichiatra Elena (Anna Safroncik).

È ora che anche il melò promuova modelli alternativi al maschio alfa?

«In passato ho sempre interpretato personaggi cattivi o molto sicuri di sé. Stavolta è diverso. Il protagonista di “Se potessi dirti addio” è un uomo fragile, insicuro, che non ricorda chi è e da dove viene. Questa amnesia lo destabilizza profondamente. Quindi sì, per certi versi è una svolta, ed è giusto che ci sia: un eroe, per essere tale un eroe, non deve per forza apparire forte e invincibile. Abbiamo cercato di proporre un modello più genuino anche dal punto di vista estetico».

In che senso?

«Ho rinunciato alla perfezione che caratterizza da sempre i miei eroi. Mi vedrete più dimesso che poi è esattamente come appaio nella vita reale. Quando mi alzo la mattina faccio una doccia, asciugo i capelli a caso, esco senza pettinarmi e mi vesto un po’ come capita. E sa una cosa? Sto meglio così che non quando sono tutto laccato».

Era dal 2017 che non andava in onda una sua serie tv: come mai?

«Avevo appena finito il Festival di Sanremo ed ero all’apice della popolarità: sentivo di essere tanto famoso, troppo famoso. E io ho il terrore degli eccessi. Così ho sentito che era importante fermarmi, per ritrovare me stesso e fare quattro conti».

Sei anni però sono tanti.

«Non mi ero dato una scadenza temporale. Onestamente non pensavo di stare fermo tutto questo tempo ma lo scoppio del Covid ha allungato la mia lontananza dal set».

Nel frattempo cosa ha ritrovato?

«La serenità. A un certo punto era scomparsa: andavo sempre di fretta, correvo di qua e di là, e alla fine ho perso di vista me stesso. Pensavo più a correre che non a riprendere fiato. Inoltre il successo mi aveva reso più solo. Così mi sono fermato, ho rimesso insieme un po’ di pezzi e ho fatto anche un po’ di pulizia: mi ero circondato di persone sbagliate, finendo in un calderone dove non sei più tu a tirare i fili della tua vita».

Si riferisce al caso Tarallo?

«È tutto un calderone...».

Nella scelta di fermarsi ha avuto un peso anche le dure critiche che riceveva dalla stampa?

«No, perché la carriera di un attore la fa il pubblico: non i giornalisti. Tra l’altro spesso si scrivono stroncature senza nemmeno vedere le fiction. Per esempio, quando nel 2000 feci Le fate ignoranti, tutti i giornali mi hanno osannato per poi, un secondo dopo, tornare a distruggermi. E sa perché? Perché il titolo seguente non era un film ma un prodotto tv nazionalpopolare… Ergo, andava stroncato per principio. Ma le ripeto: va bene così. Si va avanti se piaci al pubblico: è questo che conta».

Nel 2020 al Grande fratello Vip fece coming out: reazioni?

«È stata una scelta liberatoria: sto meglio di prima e il pubblico ha reagito benissimo».

Però in tv continuano a chiederle di interpretare il ruolo dello sciupafemmine etero.

«Da attore, cerco sempre di calarmi in ruoli più lontani possibile da me. Detto questo, non sceglierei mai un progetto a priori solo in base all’orientamento del personaggio: deve convincermi la storia, la sua qualità. Se ricevessi un copione allettante, accetterai quindi volentieri.

Non è quindi ancora arrivato sul suo tavolo?

«Per ora no. Il problema forse sta tutto qui: non so se le reti farebbero mai una serie tv d’amore arcobaleno».

Adesso è tornato per restare o si tratta di un’apparizione fugace?

«Dovrete sopportarmi ancora a lungo! Finchè avrò le forze voglio continuare a recitare».

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