Blog | Giornata della disabilità: il benessere di alcuni passa dal ...
di Marco Pozzi
Dal 1981 il 3 dicembre è la giornata internazionale delle persone con disabilità. Ci sono tante “giornate mondiali”: si parla del tema un giorno, poi magari lo si dimentica per gli altri giorni dell’anno. Eppure se ne parla, e si nota come nel tempo se ne parli in maniera diversa: certamente della disabilità oggi abbiamo una percezione diversa rispetto al 1981.
Anche la disabilità infatti ha una storia. Un bel libro di Matteo Schianchi, pubblicato da Carocci, ne ripercorre l’evoluzione lungo i secoli: Storia della disabilità – dal castigo degli dèi alla crisi del welfare. Dal codice del re babilonese Hammurabi nel XVIII secolo a.C. ai fenomeni da baraccone nelle fiere popolari tra Ottocento e Novecento, dalle migliaia d’invalidi reduci della prima guerra mondiale ai più recenti progressi della medicina per curare e bioingegneria per costruire protesi, la disabilità cambia.
Cambia il modo in cui gli esseri umani si relazionano con menomazioni corporee, sensoriali, intellettive, psichiche nei vari tempi e nei vari luoghi; cambia il significato che le assegnano, poiché, attraverso il significato, gli esseri umani modificano l’idea che hanno della propria natura, della vita e della morte, della possibilità o necessità di guarire, gestire, normalizzare le anomalie.
Razionale e irrazionale, sentimenti e rimozioni, immaginari e fedi, partecipano al tentativo individuale di spiegare i fatti che accadono e al tentativo collettivo di assegnarne un ruolo dentro l’ordine sociale. Ma tutto ciò non si limita alle pagine dei libri: la storia si fa recente, le esperienze quotidiane danno ai concetti un senso vivo, legato alla nostra vita.
La scorsa volta sul blog ho parlato di danza inclusiva. Una delle difficoltà contro cui l’organizzazione degli spettacoli si scontra, fra le tante, è che i palcoscenici dei teatri sovente non contemplino l’accesso per la carrozzina. Cioè: per accedere in sala, fra il pubblico, le norme di legge sono più stringenti e di solito sono previsti adeguamenti architettonici; ma per arrivare sul palco e nei camerini, anche in teatri prestigiosi, le barriere sono frequenti e insormontabili, come fosse quasi scontato non possano esistere artisti con disabilità, persone che possano recitare o danzare secondo le proprie capacità. La testimonianza fa pensare sulla nostra attualità.
Aggiungiamo un’altra testimonianza, un po’ diversa, ma utile ad allargare la visuale. Parigi è una delle città più affascinanti e visitate al mondo; in vacanza da giovani con la metropolitana si va dovunque, imboccando fermate che sembrano sempre a portata di mano; bellissimo, ottima organizzazione. Ecco: anni dopo provate a tornarci con un bimbo e un passeggino: non c’è un ascensore, per passare dai tornelli occorre citofonare e attendere l’apertura manuale, e bisogna scendere “almeno un milione di scale” (ah, il buon Montale, sempre una sicurezza), incastrandosi fra le tante linee, trascinandosi il passeggino a braccia, a volte implorando aiuto, in mezzo alla folla, magari col bimbo che piange e i sacchetti che cadono, prima di arrivare alla banchina giusta.
E in effetti solo allora ci fai caso: nella metropolitana di Parigi non ci sono carrozzine (né appunto c’è lo spazio all’interno dei vagoni), né tutto sommato ci sono anziani con difficoltà, o viaggiatori in stampelle. Cose mai notate in tanti anni di saliscendi felici tra quartieri distanti e fermate belle époque.
Dunque, lo stesso mondo lo si vive diversamente a seconda delle circostanze e, in generale, si confermano alcune definizioni di “benessere”, quale rapporto armonioso fra soggetto e ambiente, in un certo tempo e in un certo luogo. Su alcune disabilità fisiche non si può agire; ma ognuno di noi fa parte dell’“ambiente” con cui si relazionano altri soggetti, verso cui si genera una responsabilità, poiché il loro benessere passa dal comportamento nostro, dal comportamento di tutti.
Pensiamoci, ogni tanto, anche dopo il 3 dicembre.